Amare è un errore? Orlando e Brunori Sas provano a ragionare sul tema

Ariosto in una sfumatura di voce diversa, il timbro costante resta l’errore.


Editio Princeps de”L’Orlando Furioso”
(Fonte: Museo Ferrara)

Ariosto nel riprendere la materia boiardesca delle peripezie del valoroso Orlando propone in ottave una narrazione in continuo movimento.
L’utilizzo dell’entrelacement, espediente tipico del romanzo medievale, permette all’autore la realizzazione di un’opera encomiastica a dir poco avvincente.
L’intreccio delle trame narrative sulle tre macro-vicende, concede al lettero uno sfondo ordinato in contesto in continuo movimento. Un dinamismo a fotogrammi.
Nei quarantasei canti si assiste ad un continuo errare, un “vagare senza meta” causato da un’amore che genera distrazione dai propri doveri.
Un errore e una distrazione. Parole congiunte in Ariosto, complici in Brunori Sas.
Il cantantautore, difatti, nel celeberrimo inedito “Un errore di distrazione” canta dolcemente la fine di un amore vissuto da una persona sempre ligia ai propri doveri-come Orlando– che inciampa in una lieve indecisione di cuore.
“Un errore di distrazione”: ladro del senno del cavaliere e autore della sapiente sofferenza di Dario Brunori.

Un errore ripetuto più volte: espressione impavida di un desiderio negato o lezione non acquisita?
L’errare ariostesco quindi il vagare senza meta, ad oggi può essere indice di insoddisfazione personale?
Quanto un evento esterno può “distrarci” e quindi farci commettere un errore che sia esso di valutazione o di comportamento?

 

 

Ludovico Ariosto e l’ ottava “aurea” del Furioso.

Funzionario, commediografo, nonchè poeta, un intellettuale cortigiano che non si sottrae dal denunciare la corte come una “gabbia”.

 A Messer Annibale Malaguccio
Poi che, Annibale, intendere vuoi come
la fo col duca Alfonso, e s’io mi sento
più grave o men de le mutate some;perché, s’anco di questo mi lamento,
tu mi dirai c’ho il guidalesco rotto,
o ch’io son di natura un rozzon lento:senza molto pensar, dirò di botto
che un peso e l’altro ugualmente mi spiace,
e fòra meglio a nessuno esser sotto…
da Satira, III, 1-9
Ariosto si pone al servizio della corte estense e dal 1503 per motivi economici che celano la volontà di proseguire con la sua attività letteraria. Due anni dopo, infatti, inizierà la composizione dell’Orlando Furioso.
Il 22 aprile 1516 Ferrara vede venire alla luce la prima edizione del poema cavalleresco, una narrazione in ottave scandite in 40 canti. Seguiranno l’edizione 1521 caratterizzata da un’attenta revisione linguistica e la terza ed ultima  edita presso Francesco Rosso da Valenza nel 1532 ampliata nel numero di canti (da 40 a 46) ed indirizzata ad un pubblico “nazionale” sulla falsariga delle Prose della volgar lingua di Bembo.
Sullo sfondo della battagla tra i Mori e i cristiani, si sviluppano i tre pincipali fili narrativi che riflettono tre motivi differenti: Agramante-Carlo Magno (bellicoso) , Orlando-Angelica (amoroso), Ruggiero-Bradamante (encomiastico).
Ogni personaggio all’interno del poema è in perpetua ricerca, in inchiesta di una quête.
Il movimento circolare– continuamente fallimentare- si presenta come l’ingrediente per eccellenza del traviamento delle varie personalità ciò che in ariosto si decrifra con l’ errare. 
L’irraggiungibilità del desiderio risulta infatti essere un labirinto senza fine che provoca l’abbandono dei propri doveri e la perdita del senno nel caso di Orlando.
Innamorato di Angelica, dopo essersi imbattuto nel magico Castello di Atlante, il valoroso cavaliere scopre in una radura i lasciti della passione amorosa consumata da Angelica e Medoro. Da questo momento inizia la furia  cieca del paladino simboleggiata dalla spoliazione delle armi.
Dunque, commesso l’errore iniziale di rincorrere Angelica-continuamente vanificato- l’errare di Orlando giunge al suo culmine con la perdita del senno.

Un errore cantato: il sussurro inconfondibile di Brunori.

Brunori Sas
(Fonte: Google Immagini)

Il 28 febbrario a mezzanotte, Brunori  classe ’77 pubblica un nuovo singolo dal titolo “Un errore di distrazione”. Una canzone-colonna sonora del film “L’ospite“- che traccia delicatamente la fine del sentimento amoroso.

Una visione forzatamente concreta “è soltanto una scemenza/ cercare il cielo in una stanza” che si sbriciola “nutrendo l’illusione” di vedere  negli occhi  “quello che non c’è” trovando  rifugio nell’immaginario lieto fine di in un -ipotetico- incontro futuro in un locale oppure al centro commerciale. Un ristoro temporaneo da ciò che un treno regionale a mo’ di astronave sta portando via anni luce.

Il testo, che inizia con tono rincuorante, torna anaforicamente sull’errore e permette di vedere l’inizio della fine in un fatale errore di distrazione.

È un passo falso, una ( brevissima) disattenzione totale per un focus , un sguardo esclusivo, individuale a far incedere- come  Orlando–  ad una perdita  –solo per un attimo-del senno, di chiarezza decisionale, a presupporre le basi di un “errare” dal sapore nostalgico.

 

Un errore di distrazione incipit di una possibile distruzione-costruzione.

(Fonte: Google Immagini)

 

Il motivo della  distrazione di Orlando è interpretato da Angelica, quello di Brunori non ha forme nette, bensì sfumature di un’essenza vissuta e terminata .

In entrambe le circostanze a dettare una svolta, un’adrenalina improvvisa è proprio l’errore. Una distrazione che conduce alla perdita, alla” temporanea distruzione”  del senno e all’ incendio dei sogni di cartone.

Un’esperienza totalmente negativa, ma solo in apparenza:

Orlando recupererà il senno grazie ad Astolfo, mentre Brunori potrà dar voce  al ricordo scrivendo nel presente.

Pertanto, in ambedue i casi, si può definire una linea: distrazione-errore-distruzione-costruzione.

Non un lieto fine, ma una legge (forse) naturale più che umana.

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