“Almond” ci spiega come le emozioni condizionano la nostra comprensione delle parole

Attraverso gli occhi di un protagonista emotivamente analfabeta ci si accorge di come le emozioni non sono un accessorio.

“Almond – Come una mandorla” è un romanzo della scrittrice sud-coreana Won-Pyung Sohn. La storia si incentra su un ragazzo nato con una patologia chiamata “alessitimia”. Questa anomalia genetica non gli consente di capire e provare le emozioni.

Che cos’è l’alessitimia?

Il termine è stato coniato da John Nemian e Peter Sifneos negli anni ’60. Letteralmente significa “non avere parole per le emozioni”. L’autrice del libro spiega questa patologia come qualcosa di genetico. Infatti, il protagonista nasce con le amigdale più piccole del normale. Le amigdale, complessi dalla forma simili a mandorle (da qui il titolo dell’opera), sono il centro di gestione delle emozioni del cervello. Questa malformazione, quindi, non consente al protagonista di provare emozioni. Dal punto di vista scientifico, questa teoria può avere una valenza, ma l’alessitimia copre una gamma più vasta di disfunzioni emotive. Viene chiamata anche “analfabetismo emotivo”. Non è necessario che ci sia una malformazione al cervello per far sì che si verifichi questa patologia.

L’autrice stessa, nell’introduzione del libro spiega che:

“Le sue cause note sono la mancanza di sviluppo emotivo durante la prima infanzia, il disturbo post-traumatico da stress e le dimensioni ridotte delle amigdale. In quest’ultimo caso, l’emozione che tali aree cerebrali sono meno capaci di identificare ed esprimere è la paura.”

In che modo contamina il linguaggio?

Nel libro, il protagonista ha evidenti difficoltà nella vita quotidiana. Questo è dovuto al fatto che non è in grado di leggere le emozioni altrui e quindi non è capace di comportarsi di conseguenza. Gli insegnamenti della madre gli sono di lieve aiuto, ma dovrà sempre attuare gli insegnamenti in maniera meccanica.

Il fatto che una malformazione al cervello porti ad una più povera comprensione del linguaggio è indagato da diversi professionisti del settore. Questa teoria è portata avanti dal filosofo del linguaggio Noam Chomsky, nella sua più ampia teoria della grammatica universale. Secondo Chosmky esiste una grammatica pan-linguistica che è innata nel cervello dei bambini, ed è grazie a queste basi di grammatica innata che si impara con facilità la lingua nei primi anni dell’infanzia. Questa teoria va a rispondere alla domanda “come fanno i bambini ad apprendere così bene una lingua con così pochi stimoli?”.

Danni al cervello hanno sicuramente influenza sulla buona riuscita dell’apprendimento delle lingue e nel modo di esprimersi. Attraverso vari esperimenti condotti tra la fine dell’ottocento e il secolo scorso, siamo riusciti ad identificare circa una cinquantina di aree diverse legate al linguaggio. Un danno provocato in una di queste aree può avere conseguenze diverse sul linguaggio, in base all’area danneggiata.

Il caso più noto è probabilmente quello riferito all’area di Broca (che deve il nome al neurologo ed antropologo francese Pierre-Paul Broca). Un paziente, divenuto in seguito noto come “Tantan”, con gravi disturbi linguistici era però dotato di normale intelligenza ed era in grado di svolgere normali compiti di tipo cognitivo. Il disturbo, chiamato poi “afemia”, portava il paziente a pronunciare solo la sillaba “tan”. Dopo la morte di Tantan, il suo cervello venne analizzato da Broca, il quale rilevò un danno nella corteccia frontale dell’emisfero sinistro, da quel momento in poi chiamata “area di Broca”.

Vivere senza emozioni

 “Forse imparare una lingua è come imparare le espressioni e le emozioni degli altri. Ecco perché dicono che chi ha le amigdale piccole spesso ha un livello intellettivo inferiore. Perché non si riesce ad afferrare il contesto, le capacità di ragionamento sono modeste e altrettanto l’intelletto.”

Questo è ciò che il protagonista esprime sulla sua situazione. Vive un’infanzia e parte dell’adolescenza senza provare emozione alcuna. In particolare non ha paura di niente e non sa capire quando essere felice o triste. Per questa ragione viene etichettato come mostro. Eppure, vorrebbe imparare.

Le emozioni non sono qualcosa di accessorio. Essere completamente razionali non è sempre la scelta migliore, sebbene possa sembrarci pragmaticamente la scelta con meno margine di errore. Le emozioni regolano i nostri comportamenti, le nostre interazioni con gli altri e soprattutto regolano ciò che esprimiamo e quello che capiamo del mondo. La nostra visione del mondo passa attraverso i nostri cinque sensi, che inevitabilmente conducono il tutto al nostro cervello, dove viene elaborato. Lì si generano risposte, anche emotive, che in qualche modo influenzano la nostra percezione.

Le parole che diciamo hanno un loro significato anche in base a come le percepiamo. Le sfumature nella flessione della voce, nelle micro-espressioni facciali sono parte della comunicazione. Non capendo o non provando emozioni si limita di molto la possibilità di comunicare.

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