Allerta meteo e cambiamenti climatici: se Venezia affonda ed infuriano le bufere, dobbiamo ritenerci responsabili?

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L’allagamento di Venezia e le altre condizioni meteo estreme in Italia sono da correlare ai cambiamenti climatici o sono eventi casuali?   

La domanda è legittima. Nel dibattito pubblico, si scontrano fazioni tra le quali non c’è una reale discussione su questo tema. I negazionisti si rifiutano di riconoscere qualunque correlazione tra i due fenomeni, mentre altri ritengono tale correlazione ovvia e scontata. Cerchiamo di dare una prospettiva scientifica sull’argomento, per comprendere se il susseguirsi di alluvioni, allagamenti, criticità idrogeologiche, venti di burrasca e trombe d’aria abbattutosi sull’Italia negli ultimi giorni sia in rapporto di causa-effetto con i cambiamenti climatici in atto.

Variabilità naturale o riscaldamento globale

Tempeste e uragani ci sono sempre stati. I libri degli storici sono pieni di esempi, un lungo elenco di morte e distruzione portata dalla ‘natura matrigna’. Tuttavia negli ultimi tempi spesso osserviamo fenomeni estremi di temperatura e di entità delle precipitazioni, che non si sono mai misurati. A Venezia il livello della marea ha superato i 187 cm, un dato secondo solo all’alluvione verificatasi nel 1966. L’estate del 2019 è stata la più calda mai registrata nell’emisfero settentrionale, secondo le analisi condotte dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di oceani e clima. Ma i record fanno parte della storia del clima: di fatto misuriamo il meteo in modo continuo e diffuso da soli 150 anni, quindi è probabile che prima si siano verificati eventi anche più estremi di quelli che osserviamo oggi. E’ vero anche però che gli eventi che definiamo estremi, e che abbiamo sempre considerato eventi con tempi di ritorno molto lunghi, si stanno succedendo con un’impressionante frequenza. Pensiamo alle estati torride, che fino a pochi anni fa potevano essere considerate da record ultracentenari: le ritroviamo simili per caratteristiche ogni due, tre, cinque anni. Allo stesso modo eventi di precipitazione molto intensa che avrebbero tempi di ritorno di diverse centinaia di anni si succedono in annate consecutive.

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Grafico che ricostruisce il trend crescente di alcuni eventi estremi sul pianeta

Gli studi di attribuzione

Per molti anni gli scienziati hanno evitato cautamente di collegare i singoli eventi metereologici ai cambiamenti climatici, poichè era complesso comprendere su base scientifica l’influenza delle attività umane sulla variabilità naturale del clima. Tuttavia, la situazione sta rapidamente cambiando. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad un ‘boom’ delle scienze del clima, dovuto agli sviluppi nell’informatica, che mette a disposizione software sempre più efficienti attraverso cui processare l’enorme quantità di dati proveniente dalle osservazioni meteo. Di solito, si raccoglievano i dati relativi a più eventi meteo per un periodo relativamente lungo, in base a caratteristiche geografiche ampie, per stabilirne la tendenza climatica generale. Ora invece l’obiettivo dei modelli atmosferici è stabilire in tempi brevi la correlazione tra cambiamento climatico e un singolo evento meteorologico, tramite lo sviluppo della cosiddetta ‘scienza dell’attribuzione‘. Questo tipo di studi si focalizza sul comprendere se, senza il cambiamento climatico che stiamo osservando, determinati eventi potrebbero verificarsi oppure no.

Un trend preoccupante

E’ proprio l’estrema precisione degli studi di attribuzione a fornirci i dati necessari per stabilire se esiste effettivamente la relazione di causa effetto che stiamo cercando. Prendiamo in esame il recente studio intitolato ‘Human contribution to the record-breaking July 2019 heatwave in Western Europe’ del World Weather Attribution: esso evidenzia come in un clima non modificato dalle attività umane, una simile ondata di caldo sarebbe stata improbabile, ma il cambiamento climatico da noi indotto ha aumentato di 10 volte la sua probabilità di insorgenza. Inoltre una simile ondata di caldo sarebbe stata meno intensa di circa 1,5-3 °C. Altri studi dello stesso tipo indicano una simile spiegazione per l’intensificarsi delle burrasche, tempeste e pioggie torrenziali: per semplicità, potremmo affermare che l’aumento della temperatura nell’atmosfera fa crescere l’energia che si accumula al suo interno, la quale viene liberata improvvisamente in tali episodi estremi. Questi studi dimostrano che gli eventi isolati, che ci colpiscono di sorpresa, devono fungere da campanello d’allarme. Per usare un’analogia, potremmo dire che essi sono come le prime gocce d’acqua che avvertiamo quando inizia a piovere. Inizialmente sono solo un sentore, a malapena le notiamo, ma progressivamente si fanno più fitte, e prima che possiamo accorgercene stiamo già correndo ai ripari. Lo stesso vale per le trasformazioni climatiche in atto: a preoccuparci non sono le singole ed isolate ‘gocce’, cioè gli eventi estremi, ma il loro susseguirsi sempre più frequente con un ‘trend’ di costante aumento nella potenza dei fenomeni e nei danni provocati. Ad esempio, sul sito del Centro Previsioni e Segnalazioni Maree (CPSM) è possibile consultare i dati relativi all’acqua alta a Venezia a partire dal 1872, dedotti da varie fonti esistenti prima dell’istituzione del Centro nel 1983. Storicamente le alte maree che superavano il livello di 110 cm erano piuttosto rare, ma si sono intensificate negli ultimi 50-60 anni: tra il 1870 e il 1949 furono registrate 30 occorrenze di alta marea superiore ai 110 centimetri, mentre solo negli ultimi 9 anni ce ne sono state 76. Per quanto riguarda le maree oltre i 140 cm, i dati mostrano che fino al 2000 c’erano state solo 9 occorrenze di maree eccezionali in oltre 120 anni, mediamente una ogni 14 anni, mentre dal 2000 ad oggi sono state ben 11, quasi una l’anno. L’intensità delle maree dipende dal fattore astronomico (l’attrazione gravitazionale della luna) e da quello metereologico (forti piogge e vento di scirocco dal basso Adriatico), ma a questi due fattori si aggiunge un terzo che è strutturale: il graduale innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento delle calotte polari per aumento della temperatura media globale.

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 L’aula del Consiglio Regionale del Veneto allagata dopo l’alluvione

Correre ai ripari

Ironia della sorte: a Venezia l’aula consiliare si è allagata due minuti dopo che la maggioranza Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia ha bocciato alcuni emendamenti per contrastare i cambiamenti climatici. Si chiedeva di inserire nel bilancio finanziamenti per le fonti rinnovabili, per le colonnine elettriche, per la sostituzione degli autobus a gasolio con altri più efficienti e meno inquinanti, per la rottamazione delle obsolete stufe, per finanziare i Patti dei Sindaci per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC), per ridurre l’impatto della plastica. Al di là di qualsiasi colore politico, il compito della politica è di agire seguendo la verità dei fatti per migliorare le condizioni dei cittadini. E’ invece compito della scienza, che dunque si carica anche di un forte valore politico, di fornire attraverso le sue indagini quella verità che possa orientare le azioni della comunità, e fornire una direzione sicura. La scienza sta assolvendo il suo compito, la politica no. E’ ormai chiaro che per affrontare l’enorme sfida che si prospetta per l’umanità è necessario un ripensamento strutturale del nostro modello di sviluppo, irrealizzabile senza l’azione congiunta dei governi. Se questa intesa non si trova al più presto e le soluzioni rimangono pianificate senza venire attuate, dovremo davvero correre ai ripari, come quando ci accorgiamo che dopo le prime gocce viene la tempesta.

Davide De Gennaro

 

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