Adriano, Eliot e Montale ci mostrano il viaggio dell’anima

Ma dove va l’anima quando si muore? Ce lo spiegano Adriano, T.S.Eliot  e Montale

 

Una volta deciso se l’anima muore con il corpo, oppure continua a vivere dopo aver esalato l’ultimo respiro, c’è un altro interrogativo al quale pensare. Se l’anima continua a vivere dopo la morte, dove va? Adriano, T.S.Eliot e Montale, mediante la poesia, esplorano gli oscuri percorsi dell’anima.

 

 

L’inizio della corsa con Adriano

 

Animula vagula blandula
Hospes comesque corporis,
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos…

Piccola anima smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora t’appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti…

 

 

Bastano cinque brevissimi versi ad Adriano per segnare un punto di partenza obbligato ogni volta che ci si avventuri negli itinerari dell’anima. Adriano morì nella sua residenza di Baia di edema polmonare, a 62 anni come il predecessore Traiano, ed è proprio poco prima di morire che compone la poesia, dalla quale trapela l’accettazione della morte, ma anche il timore dell’ignoto, la preoccupazione di non sapere cosa accadrà dopo. Adriano teme che, separata dal corpo, la sua anima diventi piccola, diafana, pallida e nuda, e che si perda in luoghi oscuri. L’anima è concepita come un’entità ignota e indefinibile, che per una pura casualità viene ospitata in un corpo appena abbozzato, pronta a partorire l’impulso vitale e l’essenza di ciascun uomo, ma con la consapevolezza che verrà un giorno in cui lo dovrà irrimediabilmente abbandonare, e calarsi nel vuoto e nel nulla. Dal punto di vista formale è evidente la ricerca, perfino leziosa e manieristica, di preziosismi formali, come il ricorso all’omeoteleuto -ula che indica vezzeggiativo-diminutivo, e l’uso di versicoli brevissimi, con un andamento ritmico ormai prossimo alla metrica accentuativa.

Animula vagula blandula viene ripresa in “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, che funge da elemento chiave per garantire la circolarità del romanzo.

 

Il viaggio dell’anima in Eliot

 

L’animula di Adriano è, però, anche il punto di partenza del poeta inglese T.S.Eliot per il suo poemetto “Animula”. Il testo si apre con una reinterpretazione di una citazione del 16 Canto del Purgatorio di Dante, “esce di mano e Dio, l’anima semplicetta”. Una scelta non casuale quella del XVI canto, che  è incentrato proprio sulla discussione del libero arbitrio e sul destino dell’anima tra Marco Lombardo e  Dante.

Quasi come un cavaliere in cerca della sua queste, l’anima o, qui, l’animula, si muove in un mondo di meraviglie, ora in avanti con coraggio, ora in ritirata in qualche rifugio sicuro. Gode della vista di varie figure: dell’albero di Natale, del mondo naturale e dei cervi: non si può distinguere la realtà dalla fantasia. La prima innocenza avventurosa dell’animula diventa quotidianamente più confusa dal mondo del controllo degli adulti, dalla perplessità tra ciò che “è” e ciò che “sembra”. Svegliata e nel dolore causata da un conflitto tra desiderio e controllo, cerca la fuga nei sogni, nascondendosi dietro i libri in un luogo segreto. Anche qui dunque, così come era per Adriano, l’anima ha bisogno di nascondigli sicuri, che possono essere trovati per esempio nella lettura.

 

L’approdo di Montale

 

È Montale a riproporre la poesia “Animula” di T.S.Eliot, traducendola in italiano. Il rapporto tra Montale ed Eliot, letterariamente parlando, è travagliato. Montale dice che “Eliot ha un tono da grande poeta ma in lui musica e pensiero stentano spesso a mettersi d’accordo.”

La divergenza principale tra i due poeti è tutta una questione di belief. Eliot, per la sua vicinanza all’anglicismo, oltre alla bellezza dei versi cercherà di colmare quella mancanza di spiritualità che per Montale non diventerà mai un problema, essendo lui laico per tutta la vita.

L’anima si muove tra essere e apparire: per Eliot le due dimensioni sono diverse e non si incrociano mai, mentre per Montale coincidono.

L’anima in Eliot è passiva, e Montale reinterpreta il suo messaggio, facendo diventare l’anima il soggetto tra la polvere. Il verso “eager to be reassured”, letteralmente “pronta ad essere rallegrata”, viene tradotto da Montale come “pronta a rallegrarsi”. Si evince quindi la volontà di rendere più cosciente di sè l’anima, impegnandosi a costruire il mito della propria autonomia. Perché infondo, saremo sempre noi ad essere i padroni della nostra anima, e a sceglierne il percorso.

 

 

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