300 milioni per il problema Xylella: è polemica. Ma come agisce questo batterio?

Barbara Lezzi e Teresa Bellanova hanno negli ultimi giorni riportato sui quotidiani nazionali il problema del batterio Xylella. Scopriamo insieme in cosa consiste, come ha causato un’epidemia in Puglia e le soluzioni che gli scienziati propongono per debellarlo.

Distesa di alberi colpiti dal batterio Xylella fastidiosa. (TeatroNaturale)

Negli ultimi giorni diversi quotidiani nazionali hanno riportato sulle loro pagine la notizia che ha visto protagonisti Barbara Lezzi, senatrice del M5S e ministro per il sud durante il primo governo Conte, Teresa Bellanova, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo nell’attuale governo, e in seconda battuta Cosimo Durante, segretario particolare di Bellanova e presidente di uno dei Gal (gruppi di azione locale). In particolare, si fa riferimento alla cifra di 300 milioni versati per aiutare gli agricoltori colpiti dall’epidemia causata dal batterio Xylella fastidiosa in Puglia, che da ormai diversi anni ha messo in ginocchio gli ulivi del tacco d’Italia. La senatrice Lezzi sostiene infatti che 40 di questi 300 milioni siano stati destinati non direttamente agli agricoltori, come previsto, ma ai vari Gal della regione, di uno dei quali, come già detto precedentemente, Cosimo Durante, segretario di Bellanova, è presidente. Bellanova e Durante si sono difesi dicendo la loro, e la polemica è ancora viva in questi giorni, senza che ancora si abbia chiarezza su quale tra le due parti abbia ragione. Noi oggi, però, non vogliamo concentrarci su questa vicenda in particolare, ma approfittare della notizia per spiegarvi, dal punto di vista scientifico, in cosa consistono il batterio Xylella fastidiosa, e l’epidemia che esso ha causato.

Teresa Bellanova (a sinistra) e Barbara Lezzi (a destra). (Agi)

L’epidemia

Quella che partendo dal Salento si è poi estesa lungo tutta la Puglia, è la prima manifestazione di tale gravità del batterio Xylella nel nostro continente, ma a livello mondiale ne avevamo già avuti esempi nella malattia di Pierce che colpì le piantagioni di vite in California o nella clorosi variegata che colpì gli agrumi in Brasile. In Puglia ha invece colpito gli ulivi, e la malattia va sotto il nome di Complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO). Gli alberi da esso colpito si manifestano inizialmente ‘a macchie’: a rami evidentemente secchi se ne alternano altri invece ancora in forze e produttivi. Solo col tempo, nell’arco di parecchi mesi o a volte pochi anni, l’albero seccherà del tutto: si tratta, quindi, di una malattia che agisce con lentezza, ma che, una volta innescata, difficilmente lascia scampo.

Caratteristica manifestazione iniziale della malattia ‘a macchie’. (Corriere della Sera)

Il batterio

Ma in cosa consiste il batterio e come agisce negativamente sulla pianta? Si tratta di un batterio Gram-negativo della classe Gammaproteobacteria e si diffonde molto facilmente da una pianta all’altra. In condizioni normali i rami dell’albero rimangono vivi grazie ai vasi linfatici dell’ulivo, i cosiddetti vasi xilematici, che traportano sotto forma di linfa grezza acqua e sali minerali dalle radici alle foglie. Quando interviene il batterio Xylella, invece, accade che esso si riproduca proprio all’interno dello Xilema, ovvero il tessuto costituito dall’insieme dei vasi linfatici, provocando un’ostruzione molto simile a quella che il colesterolo provoca nei nostri vasi sanguigni, rendendo quindi impossibile l’approdo di sostanze nutritive ai vari ceppi di rami e foglie e portandoli quindi, gradualmente, a seccare.

Batterio Xylella fastidiosa. (WebMagazine24)

L’insetto vettore

Cerchiamo adesso invece di capire, come Xylella riesce a raggiungere la pianta e come, secondo gli studi, potrebbe essere sconfitto e debellato. Xylella arriva alle piante, con molta probabilità, grazie ad un piccolo insetto, il Philaenus spumarius, lungo circa 12mm e comunemente conosciuto come Sputacchina, a causa di una schiuma di cui si ricopre per proteggersi, molto simile alla nostra saliva. All’azione dell’insetto che con sé porta il batterio, sembra coadiuvarsi, tra i responsabili del Complesso del disseccamento rapido dell’olivo, anche l’azione della falena leopardo e quella di alcune infezioni di parassiti fungini. Funghi e falene hanno però, con molta probabilità, un ruolo secondario nel diffondersi della malattia, e senza l’intervento del batterio, che rimane dunque il maggior responsabile, non porterebbero certamente conseguenze talmente gravi.

Sputacchina con schiuma. (TeatroNaturale)

Le possibili soluzioni

Le soluzioni ipotizzate sono diverse, seppure ancora nessuna ha portato a risultati concreti, quantomeno dal punto di vista scientifico: in molti hanno ad esempio adoperato l’aratura del terreno circostante l’albero nei mesi invernali, quando l’insetto vettore, la Sputacchina, vive una sorta di letargo sotto il terreno, venendo così travolto e ammazzato dalla lavorazione del campo. Altra tentata soluzione è stata quella di sradicare gli ulivi già infetti, in modo da evitare la contaminazione di quelli ancora salvabili. Ma in questi casi sono spesso intervenuti gruppi ambientalisti a fermare la deforestazione, anche perché inizialmente non del tutto basata su dati scientifici, dal momento che a lungo non è stato possibile capire quanto tempo trascorra dall’infezione vera e propria ai primi sintomi. Poteva capitare infatti di sradicare intere distese di ulivi, lasciandone però vivere alcuni apparentemente ancora in salute, ma di fatto ammalati, vanificando così l’intero lavoro, oppure di tagliare ulivi apparentemente sani con il timore che fossero malati, rischiando di fatto di eliminare alberi ancora non contaminati. A tal proposito è importante sottolineare un importante studio del Joint Research Centre europeo di Ispra (Varese) in collaborazione col CNR di Bari e l’Università di Bari (Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti) che illustra un sistema tecnologico in grado di monitorare da una piattaforma aerea intere aree di ulivi, stabilendo, grazie a riprese spettroscopiche, quali alberi sono malati, sia che presentino sintomi evidenti, sia che appaiano ancora apparentemente sani. La speranza è quella che una soluzione venga presto trovata, e che in un modo o nell’altro, nel disinteresse politico e nell’interesse scientifico e culturale i 300 milioni stanziati, risolvano il problema, salvando una pianta simbolo di un’intera regione, e fonte di lavoro per una buona fetta di popolazione.

Distesa di ulivi visti dall’alto, in rosso quelli infetti. (Il Termopolio)

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