13 febbraio: World Radio Day, istituito dall’Unesco. Oggi si celebra uno dei più grandi mass media, quello che per primo ha consentito un tipo di comunicazione globale e che ancora oggi sopravvive come piattaforma di dibattito, nonostante l’avvento dei Social Network.
La storia
Definita come “un mezzo di comunicazione che non invecchia”, la radio permette di trasmettere contenuti sonori a distanza, sotto forma di onde elettromagnetiche. È stata inventata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e inizialmente utilizzata per la telegrafia. È difficile stabilire chi sia stato il primo inventore, perché molti furono i vari esperimenti e tentativi. Agli studi di fisica circa la produzione di onde elettromagnetiche seguirono le prime elaborazioni di sistemi di trasmissione senza fili, per garantire la propagazione di informazioni a grandi distanze. Inizialmente fu vista come uno strumento per comunicare con singole persone, in maniera analoga al telefono. Numerosi furono gli appassionati di questo nuovo mezzo, i radioamatori, sperimentatori che costruivano da sé apparecchi per trasmettere e per ricevere. Erano loro i principali fruitori delle trasmissioni radiofoniche, ma quando gli Stati Uniti entrarono nel conflitto mondiale, nel 1917, la comunicazione amatoriale venne vietata in quanto avrebbe occupato le frequenze necessarie per le comunicazioni militari. Dopo la fine della guerra riprese la comunicazione amatoriale e, con essa, il concetto di mezzo di comunicazione di massa. L’idea è quella di un singolo emittente che trasmette a molti riceventi, che ricevono ma non possono rispondere. Negli anni Venti nacquero le prime stazioni radiofoniche, che ebbero subito un grande sviluppo, rallentato solo nel secondo dopoguerra dall’avvento della televisione.
La radio come mezzo per diffondere cultura
Scrittori e pensatori videro nella grande diffusione della radio, tra gli anni ’30 e gli anni ’50, nuove possibilità per la diffusione della cultura. Nacquero i radiodrammi, testi di tipo teatrale scritti per essere letti e diffusi nelle trasmissioni radiofoniche. La tradizione è quella del racconto orale, ma il montaggio avviene con musiche, suoni e rumori. Si diffusero presto anche la recitazione di poesia e gli sceneggiati, lavori divisi in puntate o riduzioni per radio di opere già note. “È incredibile quante cose puoi vedere con le tue orecchie.” Così recita una tra le più celebri frasi dedicate alla radio. L’uomo sembra da sempre caratterizzato dalla necessità dell’ascolto di una storia, vera o fantastica che sia. Ogni bambino ama la narrazione di fiabe e favole, e spesso adora sentirle ripetere più e più volte, anche se conosce già il finale. Inoltre la tradizione orale dei testi sta alla base della nostra cultura e della nostra letteratura: secoli di trasmissioni di miti e racconti precedono le prime redazioni di testi scritti. Il grande progetto culturale che accompagna la diffusione della radio si basa sull’importante recupero della narrazione orale. Complesso è quindi il lavoro del lettore: voce, tono ed espressività sono fondamentali per il coinvolgimento degli ascoltatori e per lo scopo evocativo della narrazione.
Il contributo di Carlo Emilio Gadda
Il linguaggio da utilizzare e la chiarezza necessaria nel discorso radiofonico sono stati analizzati dallo scrittore novecentesco Carlo Emilio Gadda, che negli anni Cinquanta ha redatto, per gli autori della RAI, un manuale sul modo in cui articolare il testo. “Norme per la redazione di un testo radiofonico” si configura come una guida all’elaborazione del discorso da tenere in radio, fornendo una serie di regole e di accorgimenti utili per giornalisti e non. La durata che Gadda suggerisce per un intervento è di quindici minuti, e il consiglio è di iniziare il discorso “in medias res”, cioè entrando subito nel cuore dell’argomento. Importante è, secondo l’autore, evitare il complesso di inferiorità culturale che potrebbe manifestarsi nell’ascoltatore: è vietato il tono dottrinale o l’impiego della prima persona, bisogna ridurre l’utilizzo di parole straniere o desuete e servirsi quanto più possibile di un lessico quotidiano. Non è necessario fare elenchi di nomi e di date e non deve essere affrontato come qualcosa di noto a tutti ciò che non lo è. Gadda invita inoltre a prestare attenzione alle rime che involontariamente possono verificarsi nel discorso, in quanto lo priverebbero di serietà. Se alcune di queste norme oggi sono superate a causa della modifica e dell’evoluzione dei programmi radiofonici – la durata, per esempio, si è notevolmente ridotta – altri consigli appaiono attuali e utili per chi si cimenta in diversi ambiti della comunicazione.
Ad oggi la radio è il mass media più diffuso al mondo, quello che raggiunge più persone. Costituisce un ponte di comunicazione per le regioni in via di sviluppo, è importante per le comunità remote e in molti casi è l’unica fonte di collegamento con il mondo esterno. La Giornata Mondiale della Radio ha lo scopo di promuovere la libertà di espressione e di dibattito di questo sistema, che non solo è riuscito a resistere all’avvento di Internet e degli smartphone, ma ne ha anche sfruttato i vantaggi. Grazie a una tecnologia meno costosa e più semplice, la radio si è rinnovata e ha colto le potenzialità del Web, come nuova piattaforma di comunicazione e che ha offerto nuove possibilità di confronto. L’Unesco afferma: “La radio ci informa, ci trasforma e ci unisce. Riunisce persone e comunità di ogni provenienza per promuovere un dialogo positivo per il cambiamento… Più precisamente, la radio è il mezzo perfetto per contrastare i ricorsi alla violenza e la diffusione dei conflitti, soprattutto nelle regioni potenzialmente più esposte a tali realtà”.
Buona Giornata Mondiale della Radio!
Chiara Maria Abate