White Zombie: scopriamo come il primo “zombie movie” ha banalizzato un’intera cultura

Night of the Living Dead potrà essere il più famoso film di zombie, ma non è l’unico. Il film che ha portato lo zombie ad Hollywood è un altro.

White Zombie (1932) Bela Lugosi | Classic Horror Movie Full Length

Dai grandi cult come Night of the Living Dead al cinema coreano con Train to Busan, gli “zombie movies” hanno un fascino apocalittico dettato dall’esotico e dal macabro, ma ci sarà qualcuno che ha pietà della figura dello zombie?

“Emancipate yourself from mental slavery

none but ourselves can free our minds”

-Bob Marley, Redemption song

LO ZOMBIE DIVENTA BIANCO

White Zombie del 1932 è il più grande zombie movie prima di Night of the Living dead, è un film senza precedenti (letteralmente, perché ha proprio inventato il genere). La figura dello zombie fa il suo ingresso sul grande schermo con il suo solito passo lento e mesto, distintivo di un dannato, la sua storia non ancora travisata per farne una creatura spietata che si nutre di cervelli. Ma questa figura è tanto importante quanto irrilevante nel film.  Già la parola “white” nel titolo è un chiaro segno. Benché sia ambientato ad Haiti, i neri schiavizzati vengono espatriati anche dalla loro tradizione, quella voodoo, in una storia dove sia la vittima-zombie che i protagonisti sono bianchi. La trama di grande immediatezza e le scene essenziali aiutano il film dal punto di vista narrativo. In questa storia, una giovane coppia che vuole sposarsi va ad Haiti per sfruttare la bella villa di un amico della ragazza. Questo però è segretamente innamorato di lei e si fa aiutare da uno stregone a separarle l’anima dal corpo, rituale vudù per formare lo zombie, un corpo vuoto.  Ma il primato di White zombie è un altro: aver portato la figura dello zombie nel mezzo per eccellenza dei bianchi di allora: Hollywood.

Hollywood Flashback: Bela Lugosi Introduced the World to Zombies in 1932

ADATTAMENTO E BANALIZZAZIONE: LO STANDARD HOLLYWOODIANO

Per compiere questo adattamento ci vogliono alcuni motivi narrativi standardizzati: e così una donna senza alcuna virtù particolare va salvata da un maligno, che ha poteri non del tutto precisati ma chiaramente temibili (oggi questa sarebbe la prima pecca di un buon fantasy), che pratica la magia voOdoo ma in qualche modo è Bela Lugosi e ha un accento rumeno. Messo così, questo schema potrebbe essere adatto per tutti i generi, dalle commedie romantiche ai thriller. E allora l’elemento dell’orrore è dato da un’ambientazione esotica ma colonizzata, dalla presenza di veri neri che parlano il francese e chiaramente da un trucco macabro ma non “gore”. Nessun interesse è dato a tutti i poveri morti precedentemente per mano dello stregone per diventare schiavi nelle piantagioni. Anzi, questo concetto è usato per inserire elementi horror, come l’haitiano che cade nella macina del grano e nessuno si ferma per salvarlo. Addirittura, lo stregone propone all’eroe-protagonista di acquistare degli schiavi zombie. Lui rifiuta perché questa magia gli sembra losca, lasciando intendere che comprerebbe volentieri schiavi e piantagioni non zombificati. Il suo amore per gli uomini di colore non è forte neanche quando capisce che la sua fidanzata è ancora viva ed esordisce con “Non crederà che sia viva vero? Viva… e nelle mani dei nativi? Meglio morta che questo!”.

LA “MENTAL SLAVERY”

Nelle credenze del Gabon e di altri luoghi vicini, la parola zombie (zumbi, nzumbi) poteva significare tante cose. Per alcuni era un oggetto abitato da uno spirito, per altri era il nome che si dava ai cadaveri. Tra il 1500 e il 1800, molti uomini vennero forzatamente prelevati dall’Africa e venduti in America per lavorare nelle piantagioni. In Haiti, le loro credenze si mescolarono alla cristianità e diventarono il voodoo. Una di queste credenze era che lo stregone voodoo potesse riportare in vita i corpi, che obbedivano solo a lui e non avevano bisogno di acqua o cibo, potendo quindi lavorare senza sosta. Questo diventava un corpo senz’anima, sradicato dal suo posto nel mondo e messo a lavorare senza possibilità di riscatto… in pratica, uno schiavo nero. È così che nei Caraibi lo zombie è diventato metafora dello schiavo coloniale, quindi del dolore di un popolo. La commercializzazione della complessa esperienza dei Caraibi non sarà sconosciuta a chi sa che Bob Marley in “Redemption song” parlava di conoscere la storia per liberarsi dalla “schiavitù mentale”. Lo zombie non è un mostro, non lo sarà fino al cinema hollywoodiano, è una povera creatura sofferente a cui si devono tanta cura e rispetto.

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