Uno schermo per la cultura: il mio regno per un fumetto

Si è già parlato in un precedente articolo dell’importanza di trovare un modo per trasmettere la high culture alle masse, così da sviluppare un senso critico ed una consapevolezza generale. Ed uno dei modi più efficaci è la trasposizione di questa attraverso i new media. Organi vicini alla popolazione, comuni e famigliari. Sono voci che tutti tendono ad ascoltare, o almeno a prendere in considerazione.

La televisione ed il cinema sicuramente occupano un posto d’élite tra gli schermi per la cultura. Chi non possiede almeno un televisore in casa? E chi, anche se solo per poco tempo, non lo accende almeno una volta nella giornata? Ma ancora, il cinema con i suoi prodotti sta dilagando nel mondo e la cultura cinematografica è motivo di fascino tra i più. Per questo questi due media sono vettori preferenziali nell’ambito della trasposizione transmediale. Bensì non sono gli unici da considerare. Per la sua vicinanza con un ampio spettro della popolazione tra cui i giovanissimi, per la sua immediatezza ed il suo carattere evergreen anche il fumetto è un’importante arma ai servizi della battaglia per la cultura.

 

Cos’è il fumetto?

Il fumetto è l’unione tra le parole e le immagini. È un modo immediato per trasmettere un’idea. Il fumetto è considerato la nona arte, uno specchio della cultura e del tempo in cui nasce. Per questa ragione è un’ottima via da intraprendere se si prova il desiderio di avvicinarsi alla comunità. Avendo un carattere già dall’inizio popolare, le sue storie non hanno bisogno di particolari trattamenti per essere rese a portata di un pubblico ampio. Ampiezza non solo da considerarsi spaziale, nel senso di quantità di persone a cui ci si rivolge, ma anche da considerarsi temporale. Intere generazioni si ritrovano a leggere e rileggere i medesimi racconti che non scadono mai. Inoltre, il fumetto ha un’importanza culturale. Il manga per esempio è una delle pietre miliari della cultura giapponese, legato ad un forte sentimento nazionale.

I fumetti sono poliedrici e si mostrano sotto tante tematiche, forme e dimensioni. Sicuramente il minimo comun denominatore di un oggetto in modo da poterlo definire fumetto è la caratteristica vignetta. Forse non è un caso che il luogo dove i personaggi delle storie agiscano ricordi così tanto un palco teatrale. La vignetta è delimitata da confini, in ognuna avviene un evento differente seppur legato a quello che gli è preceduto. Le vignette sono sede di gesti e parole. Hanno una cornice ed un senso logico. Tutto questo ricorda appunto un palco, dove gli attori mostrano al curioso pubblico la loro arte.

Le armi del fumetto

Le armi del fumetto

Questo dettaglio si fa molto interessante nel momento in cui ci si ritrova a pensare al fumetto come mezzo di trasposizione. Non può essere un caso, in fondo, che il teatro come quello di Shakespeare per esempio, si adatti così bene ad un medium così diverso. Molti adattamenti delle opere del bardo inglese hanno conquistato il cuore di grandi e piccini, non senza ovviamente le adeguate modifiche. Le strategie che il fumetto usa per conquistare il suo obiettivo sono diverse da quelle degli altri media.

La sua forza sta nel colore e nelle forme che la matita crea, così come altrettanto d’effetto sono le didascalie. La scelta di quali tonalità associare ad ogni situazione suscita nel lettore delle emozioni differenti, analogamente a ciò che accade nei dipinti. I toni accecanti danno una sensazione di estrema (o presunta) purezza della situazione, piuttosto che di smarrimento. Il nero è associato alla malinconia, al terrore… Ancora dei tratti spezzettati ed appuntiti danno l’idea di un personaggio perfido, mentre le curve trasmettono sicurezza e bontà.

Queste tecniche sono più o meno estremizzate a seconda del tipo di fumetto in cui ci troviamo. Ne esistono infatti principalmente due tipi, che poi vanno a condizionare anche le tipologie di adattamento ad essi legati. I fumetti parodistici andranno a deformare l’opera originale, a rivoluzionarla in quasi ogni suo dettaglio per scatenare ilarità. Al contrario, i fumetti realistici riprendono i lavori di grandi maestri in modo più serio, anche nella rappresentazione dei personaggi stessi. Questi non sono estremizzati, ma ricordano il reale.

 

Paperino, il moro di Venezia

Nel primo gruppo rientrano indubbiamente i fumetti Disney. Molto esperta di adattamenti di ogni tipo, la Disney è l’esempio perfetto di come si possa riuscire ad avvicinare un autore della high culture ad un pubblico di giovanissimi. Primo fra tutti spicca Shakespeare, modello sia per quando si parla del già citato teatro, sia per la cultura alta. Per questo tanti, tra cui la Disney, hanno cercato in ogni modo di far interessare agli scritti evergreen shakespeariani il più grande numero di popolazione possibile.

Il bisogno di trasmettere gli ideali delle opere del bardo ad un pubblico che normalmente non lo avrebbe preso in considerazione è ciò che muove i creatori di Paperino Otello del 19 Marzo 1972. Fumetto diviso in due parti, con un ritmo veloce, mostra un paragone naturale tra il protagonista della tragedia e lo sfortunato papero disneyano. Gli autori riescono con poche pagine a coinvolgere i ragazzi in un mondo che pare talmente lontano dal nostro, ma che invece è eterno. La gelosia di Paperino è la stessa di Otello. Ogni uomo, ragazzo o bambino può caderne vittima. Sapere che non solo altri ne sono stati imprigionati, ma anche che uomini di un altro tempo l’hanno vissuta può essere di grande aiuto ad un bimbo che, grazie al suo papero preferito, conosce un universo ben più ampio e forse ne viene ispirato tanto da aprire un copione della tragedia.

 

La potenza delle forme

‘L’Essere o non essere’ di De Luca

Mentre quindi in Paperino si conosce un Otello per quanto simile, pur sempre estraniato dalla sua propria vicenda, con De Luca ed il suo Amleto realistico si va ad avvicinare il lettore sempre più alle parole di Shakespeare. Non per il suo realismo il fumetto di De Luca si pone in una posizione privilegiata rispetto a quello della Disney. Gli adattamenti, per quanto lontani dall’originale, se fatti bene possono sempre rimandare da una low culture ad una high culture. Bensì l’opera del fumettista italiano riesce a sfruttare pienamente l’anima del fumetto e a rendere il malinconico principe di Danimarca un perfetto esemplare di ragazzo degli anni ’70.

Seppur sacrificando il linguaggio cinquecentesco, l’atmosfera danese traspare in ogni vignetta grazie alla dinamicità dell’Amleto grafico. De Luca riesce a giocare con le potenzialità del suo tratto, annullando le vignette e creando delle scene veloci e mai statiche. Il celebre discorso ‘Essere o non essere’ viene espresso nella sua drammaticità grazie all’escamotage di raffigurare il principe più volte nella stessa scena. La sua presenza moltiplicata dona l’impressione della confusione mentale che deve attanagliare il personaggio ed il sentimento di claustrofobia da cui il ragazzo non riesce a scappare.

Riccardo III nell’universo manga

 

Tutto questo solo grazie ad effetti grafici. La magia della parola di Shakespeare arriva ad un pubblico che non ha mai aperto un suo libro grazie ad uno scherzo grafico. Lo stesso capita con i manga. Andando per esempio a deformare il personaggio del Riccardo III, Patrick Warren (disegnatore) riesce a far trasparire la sua malignità. Il re è più grande rispetto agli altri personaggi, sempre accompagnato dalla figura di un corvo. Questo gli dona un tocco austero, di autorità temibile. E anche quel tocco di curioso che porta il lettore a rimanere attaccato alle pagine e, alla fine, andare a cercare a chi quei tratti si sono ispirati, passando da una figura low ad una decisamente high.