La rinomata marca di rasoi Gillette, in collaborazione con l’associazione “Boys and Girls Clubs of America”, ha riproposto in un’ottica diversa, uno slogan già uscito molto tempo prima: The Best Men Can Get. Se, una volta, era stato studiato per persuadere gli uomini del fatto che, rasandosi, sarebbero diventati, in termini di ordine e pulizia, migliori di prima nonché più piacenti e desiderabili, trent’anni dopo il messaggio è stato rivoluzionato, conferendogli un significato completamente diverso e ponendo l’accento su una nuova prospettiva: quella sociale ed interiore. Tuttavia, la pubblicità ha avuto anche il “merito” di aver scatenato una vera e propria bufera mediatica circa il messaggio che si intende lanciare e il modo attraverso cui è stato fatto. Lo spot si può considerare davvero una pubblicità progresso?
Il messaggio ambiguo
La pubblicità si apre mostrando alcuni comportamenti che, non di rado, sono stati osservati o possiamo osservare quotidianamente. Chi non ha mai visto un uomo che fischia una ragazza per strada, due bambini che si picchiano o dei programmi televisivi in cui si osservano uomini che molestano, anche se in maniera scherzosa, una donna? È proprio qui che entra in gioco il fulcro del messaggio promozionale, stavolta diretto esclusivamente al genere maschile: sono questi gli uomini migliori che vogliamo essere? Lo spot, infatti, prosegue mettendo in mostra il fatto che qualcosa è cambiato: la lotta per la parità di genere intrapresa dalle donne diverso tempo fa sta iniziando a coinvolgere in maniera sempre più pervasiva anche l’universo maschile. Compaiono, quindi, uomini che fanno notare ad altri che fischiare una donna per strada è un comportamento sbagliato ed offensivo, un padre separa due bambini che litigano prendendosi a botte facendogli capire che non è un modo sano di risolvere una questione e, non ultimo, una scena che colpisce più di tutte anche per la sua dolcezza: un padre che insegna alla sua bambina a credere in sé stessa facendole ripetere, davanti ad uno specchio, “I am strong” (Io sono forte). Sebbene il messaggio sia molto bello, sotto alcuni punti di vista può essere sensibile a critiche. Andiamo ad analizzare perché.
Stereotipi?
La Gillette, come abbiamo visto, mette in evidenza alcuni comportamenti messi in atto dal genere maschile che oggi sono considerati scorretti. Alcuni hanno sollevato una critica secondo cui lo spot sia incentrato su alcuni comportamenti che, fondamentalmente, non ricalcano altro che degli stereotipi. Abbiamo, infatti, la figura del macho che allunga le mani su una ragazza, il bambino prepotente che spintona uno più debole e il capo protettivo che tratta la dipendente donna come se fosse un’intrusa in un mondo che non può capire, come si può evincere dal gesto, quasi paternalistico, della pacca sulla spalla. Sebbene, sotto un certo punto di vista, la critica può anche essere condivisibile, è bene mettere in luce qualcosa che può sfuggire: è verissimo il fatto che si utilizzino degli stereotipi di genere, ma è anche vero che questi non coinvolgono tutti gli attori della pubblicità. Lo scopo dello spot è è quello di far soffermare l’attenzione degli spettatori su alcuni soggetti, su alcuni comportamenti e su alcuni gesti che non sono condivisi da tutto il popolo maschile della pubblicità. Il messaggio, sotto questo punto di vista, sembra essere stato travisato ed esteso a tutta il genere maschile, anche se questo non è ciò che lo spot voleva sottolineare.
Cosa c’è di sbagliato?
Sebbene questo siano presenti degli aspetti positivi e condivisibili è doveroso mettere un punto su un aspetto particolarmente rilevante. Sebbene il messaggio sia più che positivo e volto a far riflettere, è anche vero che si mettono in evidenza aspetti come il bullismo, le molestie e l’aggressività come frutto della mascolinità. Creature come quelle appena elencate nascono dagli ideali e sono figlie dei comportamenti, dei sentimenti e delle azioni degli individui, i quali scaturiscono dal background culturale e personale di coloro che popolano la nostra realtà. È poco condivisibile esprimere alcuni di questi comportamenti come condotti espressamente dal genere maschile. Tuttavia, non si può escludere che questi non facciano parte degli stereotipi di cui si è appena parlato.
ALCUNE RIFLESSIONI: a proposito di ciò, altri hanno sollevato un’ulteriore questione: si sostiene il fatto che la pubblicità mirasse a promuovere comportamenti che mettono l’uomo in condizione di esprimere dei comportamenti poco mascolini. Studiando lo spot, però, risulta abbastanza difficile riuscire a estrapolare dei comportamenti “femminizzati”. Critiche di questo genere, spesso, nascono da una percezione distorta di quella che è , effettivamente, la lotta per la parità di genere. Spesso si tende a definire il femminismo come una versione in rosa del maschilismo. Si crede che l’intento sia quello di portare alla prevaricazione la figura femminile e la spinta ad una corsa forsennata a chi si accaparra per primo il dominio sulla società. Tutt’altro, però è lo scopo della lotta femminista: il fine è quello di promuovere la parità dei sessi, abbattere, una volta per tutte, la discriminazione di genere e promuovere nuovi, e sani, diritti che siano uguali per tutti. Scambiare comportamenti di maggior rispetto e solidarietà nei confronti degli altri per comportamenti poco adatti ad un uomo non è altro che lo specchio di una resistenza e di un timore radicato verso il cambiamento, del tutto normale in una società in piena rivoluzione culturale.
Sebbene, per certi versi, la pubblicità progresso della Gillette possa essere discutibile, il messaggio, ora più che mai, appare forte e chiaro: bisogna distanziarsi da una cultura che promuove l’individuo di sesso maschile come aggressivo, prevaricante e provocatorio. Questa cultura non può essere più condivisa se si crede in un cambiamento reale. Lo spot, dunque, presenta dei fenomeni che sono presenti nella società e che bisogna contrastare per avere un futuro migliore.
Alice Tomaselli