Una ricetta vincente: dark comedy e critica sociale si intrecciano nel film “The Menu”

The Menu sceglie di criticare la società capitalista, ponendosi a metà strada fra il thriller, l’horror e la commedia.

Con il film The Menu (2022), il regista Mark Mylod porta nelle sale un ibrido cinematografico fra thriller, horror e dark comedy attraverso cui proporre una critica aspra e una satira pungente verso le sovrastrutture vuote della società moderna. . 

UNA STORIA PICCANTE 

The Menu mette in scena la storia di Margot (interpretata da Anya Taylor – Joy) la quale, con il pretesto di accompagnare il suo fidanzato e aspirante chef Tyler, si reca su un’isola sperduta per partecipare a una lussuosa cena in un ristorante esclusivo. Il locale è di proprietà dello chef Julian Slowik (interpretato da Ralph Fiennes), il quale ha preparato un menù “fuori dal comune” appositamente per i propri ospiti, fra cui spiccano critici gastronomici, milionari e artisti famosi. Durante la cena, lo chef Slowik sorprenderà i suoi ospiti con delle “portate” estremamente scioccanti, in grado di far emergere il passato più oscuro e sconosciuto dei singoli invitati. 

Diretto da Mark Mylod, The Menu nasce dalla penna di Seth Reiss e Will Tracy: quest’ultimo, in particolare, ha dato notevole contributo anche nelle fasi iniziali, in quanto il film si basa proprio su una sua personale esperienza durante un viaggio in Norvegia. 

UNA SATIRA GOURMET 

The Menu ha una struttura episodica, come se fosse diviso in portate: sullo schermo, infatti, al cambio dei singoli episodi, compare l’elenco degli ingredienti sullo schermo, i quali aumentano progressivamente di complessità. Il filo conduttore della storia e del menù, per l’appunto, è una feroce critica al sistema sociale capitalista, declinata in diversi aspetti. 

In primis, la polemica più visibile è proprio nei confronti dell’alta cucina mondiale, popolata da chef stellati ormai considerati come delle superstar e apprezzati per le loro scelte eccentriche. Queste personalità culinarie abitano nei programmi televisivi e nell’idea distorta che l’opinione pubblica ha di nouvelle cousine, dove questi chef superuomini sono spesso a capo di un esercito di cuochi spesso sfruttati e sottopagati. 

In secundis, il film critica aspramente anche la critica stessa. Quest’ultima, infatti, “si riempie” di parole vuote e fatti inesistenti, sopraelevandosi rispetto alle persone comuni senza alcuna preoccupazione di ciò che provoca i suoi giudizi. 

In ultima istanza, l’attacco più feroce è rivolto proprio alla classe borghese e agiata che frequenta questi locali. Attraverso di essa, infatti, tutto il sistema capitalistico, declinato nel mondo culinario, si legittima e si autoalimenta, in un circolo vizioso caratterizzato da una vuota ricerca di perfezione e il terrore della critica.

THE MENU: UNA DARK COMEDY SAPORITA ALLA AGATHA CHRISTIE 

Con questo film, Mark Mylod si cimenta in un genere non conforme alle tendenze del cinema contemporaneo e propone un ibrido cinematografico

Il genere a cui più facilmente si associa The Menu è la dark comedy. Quest’ultima, chiamata anche black comedy, si poggia su un sottogenere dello humour, di provenienza soprattutto britannica, che riesce a trattare, in modo divertente,  eventi o tematiche universalmente ritenute molto serie o considerate persino dei tabù come la guerra, la morte, la violenza etc.. Spesso, la dark comedy viene osteggiata e non compresa in quanto ritenuta solo in grado di provocare ilarità e scherno su argomenti difficili; in realtà, essa è molto usata in letteratura e nel cinema per la sua capacità di spingere lo spettatore a ragionare su temi difficili. 

Ciononostante, il genere della dark comedy trova, nell’opera di Mylod, un’ulteriore declinazione: per mettere in scena la sua critica alla società capitalistica, infatti, il regista riprende le ambientazioni da camera dei romanzi gialli dell’Ottocento, in particolare di Agatha Christie e del suo Dieci Piccoli Indiani: tutto, il film, infatti, è ambientato esclusivamente all’interno di un unico spazio al chiuso, il che aumenta il senso di claustrofobia. 

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