Il breve racconto dell’autore pescarese non è nient’altro che un’azzeccatissima predizione sulla società moderna, dove la fama dura il tempo di un click.

Ennio Flaiano era uno di quegli scrittori che stava dentro la movida, che frequentava i locali “in” e che aveva amicizie con celebrità del calibro di Fellini, Moravia e Mastroianni. Quindi chi meglio di lui poteva prevedere le sorti dell’uomo ai nostri giorni?
La fugacità della fama
“In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes”.
“In futuro, tutti saranno famosi per 15 minuti”
Ci aveva visto giusto Andy Warhol, quando aveva detto questa frase. Come se stesse pronunciando una profezia, l’artista aveva già anticipato il tratto fondamentale della nostra quotidianità. La fama non è più difficile da raggiungere, e si trionfa sui social con una semplicità sbalorditiva. Basta poco per essere condivisi su internet, basta partecipare ad un talent mediocre per arrivare nelle case di tutti noi, e per avere, anche se per poco, della notorietà. Non troppa, perché la fama è impegnativa, ma quanto basta per dire “io ci sono, esisto, e non sono come gli altri” mentre in realtà l’unica differenza con gli altri, forse, è che “gli altri” hanno quel poco di buonsenso necessario a non condividere le proprie (in)capacità con il resto del mondo. Siamo una società che si annoia in fretta, che pretende la novità al ritmo di un click, che agogna il nuovo costantemente e che cerca sempre l’ennesimo oggetto da idolatrare, feticcio da santificare e sul quale scaricare la propria tensione e che ci permette di distrarci dalla monotonia delle nostre giornate. Ennio Flaiano, aveva già previsto nel 1954, la degenerazione della società dello spettacolo.

L’epopea di Kunt
Flaiano con surreale naturalezza narra l’atterraggio a Roma, di un Marziano di nome Kunt. La sua epopea si consuma in pochi giorni, dal 12 ottobre al 6 gennaio del 1954, raccontati con una cronaca dallo stile asciutto e dal taglio giornalistico. La sua è la parabola della diversità derisa e beffeggiata, di una società attratta dall’effimero e capace di concedere, con voracità consumistica, una notorietà improvvisa quanto aleatoria, per consumarla con freddo e sintomatico cinismo.
Al suo atterraggio segue il caos mediato: il marziano deve fare notizia, perché è la notizia, è la novità. In pochissimo tempo Kunt diviene una superstar, tutti lo conoscono e tutti vogliono incontrarlo. Viene eletto a una specie di messia: i cittadini romani si aspettano che risolva i loro problemi, si rivolgono a lui per ottenere la salvezza, la folla si esalta, gli arrivano dichiarazioni d’amore, e i media alimentano con talk show televisivi, trasmissioni dedicate, titoloni, un clima di una fama improvvisa e apparentemente duratura. Kunt viene, suo malgrado, osannato e trasformato in simbolo.
La previsione di Flaiano
Il Marziano di Ennio Flaiano non solo non ci invade, ma viene egli stesso fagocitato, digerito e messo in disparte, condannato alla derisione e alla marginalità da una società indolente, distaccata e aliena da qualsiasi empatia, tanto indifferente da non riuscire a scuotersi per più di un istante.
“Un marziano a Roma” di Flaiano è un’anticipazione profetica della attuale difficoltà a stupirsi, ad immaginare, a svincolarsi dalle catene del preconfezionato. È la prefigurazione di ogni scuotimento virtuale indotto, quello che in prevalenza ci vediamo servire dai social network, dalla babele televisiva, perché come diceva lo scrittore:
“Tra 30 anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione”
