Trump e l’America non smettono mai di stupire e far parlare. L’esuberante presidente dai toni alti e dalle dichiarazioni forti ha un nuovo progetto, che contiene al suo interno innovazioni e salde radici storiche.
L’ambizione americana
Il 18 giugno Trump si trova al “Us Space Council”, con argomenti di politica spaziale all’ordine del giorno. L’attenzione è rivolta alla gestione del traffico satellitare e dei rifiuti in orbita terrestre, ma il punto focale è un altro. Si tratta di un progetto ambizioso che vuole vedere la luce ed abbandonare il cantiere che da anni lo accoglie, a causa di costi, alternanza politica ed eccessiva ambizione. Il Tycoon ha istruito il pentagono e delineato gli obbiettivi per la creazione di un nuovo corpo militare, chiamato “Space Force”. Una vera e propria armata spaziale che si affiancherà alla già costituita “Air Force”, responsabile della protezione dei satelliti in orbita. Lo spazio a noi sovrastante, da buio recipiente di armoniose leggi fisiche ed equilibri precari si sta arricchendo sempre di più di segni del nostro passaggio, impronte che testimoniano il nostro progresso e la nostra ambizione. Non è ancora chiaro quali saranno i limiti e gli spazi di intervento della nuova armata spaziale, ma Trump sicuramente non è il primo presidente ad aver messo gli occhi sullo spazio, desideroso di lasciare tracce del suo operato.
Primi tentativi di rivoluzionare lo spazio
Negli anni ‘80, in un periodo di minacce, paure ed attenzione ai massimi livelli, imperversa il più grande conflitto ideologico-mediatico della storia, the cold war. L’amministrazione Reagan, ereditaria di gravi problemi sia interni che esterni, deve fronteggiare l’intraprendenza sovietica sul versante nucleare e la debacle del dossier iraniano. Inaugura così nel 1983 una nuova strategia di prevenzione, in sigla SDI, iniziativa di difesa strategica, articolata in diversi sotto sistemi. Il progetto comprende un nuovo sistema di comando che sfrutta la rete di satelliti ed elabora in tempo reale i dati ricevuti. È capace di sfruttare dei laser per colpire direttamente i missili, attraverso un ingegnoso meccanismo di riflesso che sfrutta schermi installati in orbita, integrati al sistema antimissilistico a terra.
Stanzia inoltre fondi per nuovi sistemi di propulsione per futuri veicoli spaziali, focalizzando l’attenzione della stampa mondiale, che definisce il progetto “Guerre Stellari”. L’idea viene però largamente criticata e l’attuazione in tempi brevi risulta compromessa. La volontà di operare in campo spaziale ed ottenerne il primato però non si affievolisce. Con la presidenza Bush si ridimensiona notevolmente il progetto, ma la ricerca non viene abbandonata. Lo scontro delineatosi a causa dell’invasione irachena del Kuwait vede l’intervento del governo americano, desideroso di testare i progressi degli intercettori, non ancora dotati di un soddisfacente collegamento satellitare. I parziali insuccessi spingono la presidenza a continuare la ricerca, con un progetto meno ambizioso e conscio dei concreti limiti da fronteggiare. Con l’arrivo di Clinton non si registra continuità e le ambizioni di Reagan e Bush vengono di nuovo stravolte da una linea programmatica che predilige altre battaglie, senza portare mai alla luce l’ambizioso progetto spaziale sognato negli anni ‘80
Dal punto di vista del diritto
La creazione di un’unità militare spaziale porta però con sé certe implicazioni. I conflitti armati, dopo esser stati stravolti dall’uso del nucleare, dalle armi di distruzione di massa, quali le armi chimiche, potrebbe imboccare un nuovo percorso, raggiungendo altezze impronisticabili. Lo spazio potrebbe essere il nuovo scenario bellicoso prodotto dai film di fantascienza. In realtà non si vedranno fluttuanti astronauti killer, ma gli attacchi si limiteranno probabilmente al campo dell’informatica. Gli hacker potrebbero portare avanti azioni di disturbo dei satelliti nemici, accecandone i sistemi di difesa.
Il problema è come risponde il diritto internazionale, la branca del diritto che regola i rapporti tra stati. L’art.2 par.4 della carta delle nazioni unite vieta il ricorso all’uso della forza, ma è difficile attribuire al termine forza un significato anche in campo cybernetico. Una violazione di questa norma del diritto cogente è rappresentata dalla manipolazione a distanza del sistema di lancio di un altro stato, con il conseguente bombardamento tramite manomissione che provochi la distruzione di beni rappresentati la sovranità di uno stato, o l’uccisione di persone.
È da ritenere invece sotto il profilo del non intervento un’azione lesiva nei confronti del sistema economico-finanziario di uno stato, mentre resta controverso stabilire quale norma regoli l’accecamento dei sistemi di difesa dell’avversario. Se Trump è desideroso di dare alla luce il suo progetto spaziale in tempi brevi, è necessario che il diritto internazionale non irrancidisca, ma che risulti capace di delineare legalità e legittimità, regolando azioni che si svolgeranno in un nuovo scenario, non più semplice teatro di sviluppo e ricerca pacifica, ma inquinato da una nuova e forse malsana volontà di potenza.