Social war: dietro lo schermo

Nell’evoluzione naturale dell’essere umano si inscrive quella storica, in quanto, non bisogna scordare, che l’uomo è un essere di per sé storico. Se prima la storia dei paesi occidentalizzati, dal punto di vista bellico, poteva considerarsi bipartita ora possiamo, forse, parlare di una tripartizione, cui terza fase è segnata dalla guerra social(e), un conflitto dietro lo schermo, che sta prendendo piede nell’epoca moderna. Non è raro, ormai, vedere sempre più spesso dichiarazioni dei capi di Stato fatte tramite i social: battibecchi politici e scontri fra tastiere sono ormai all’ordine del giorno.

Ma se la guerra di posizione,presa nella sua definizione di variante gramsciana, era da considerarsi come possibile forma di rivoluzione bellica puntante ad una riforma intellettuale e morale, coinvolgente la società civile, com’è, invece, da considerarsi la terza fase sopra ipotizzata? Forse si tratta semplicemente di una guerra che, in quanto sociale, coinvolge i più, ma non da un punto di vista bellico reale, quanto da un ingannevole prospettiva che gioca su spettacolo e convinzione.

Immagine realizzata da Sofia Orsi

Si potrebbe ipotizzare che la guerra social(e) sia un conflitto giocato tra i vertici che, tramite i social, forniscono informazioni che vogliono siano diffuse da una rete informativa che, tenuta all’oscuro del reale, non può che basarsi su ciò che, illusivamente, vede. Non si può parlare più di battaglia combattuta “sul campo”, ma fatta “col campo”: è un labirintico conflitto eseguito sulla rete, talmente fitta e vasta che, se non si ha alcun filo rosso a cui appigliarsi, non fa altro che confondere e nascondere i suoi angoli più profondi. Nel caso fosse vero che se più è fitta la rete e meno la verità viene a galla, allora si può anche ipotizzare che la guerra social(e) sia la guerra delle verità celate e del disincanto morale, in quanto sia moralità che verità sfuggono ad una pubblicità tale.

La verità, nel conflitto retro schermo, resta nascosta ed incagliata nella rete di un “falso vero” statico e impedente prospettive veritiere, che possano portare ad un’opinione reale di ciò che accade, che sia immanente e non trascendente il singolo. Proprio nel momento in cui, nella guerra social(e), è la possibilità di opinione del singolo ad essere messa in discussione ma,soprattutto, in pericolo, allora è qui che anche la moralità vede lo stesso nascondimento che fa da giaciglio alla verità. Se la morale è davvero mossa da spirito individuale, con un movimento induttivo che punti all’universalità, laddove viene a mancare la reale possibilità di opinione del singolo, la moralità stessa viene meno.

La guerra social(e) è la guerra senza armi né posizioni, in cui pericolo e salvezza coabitano senza mostrare, tuttavia, i loro volti, dove le trincee sono i social e le armi le nuove tecnologie, in quanto ogni evoluzione bellica si fonda su un processo evolutivo tecnologico, di cui la nostra età è appuratamente simbolo.