Nel nuovo film “Wakanda Forever” il lutto gioca una parte importante. Vediamo come questo sentimento agisca sulla nostra mente.
Il lutto per la morte di Black Panther nel nuovo film Marvel “Wakanda Forever” ci viene presentato con il processo di accettazione e superamento di Shuri, la sorella del supereroe. Ma come agisce questo sentimento su di noi? Quando diventa patologico?
Non soltanto mente
Il lutto si riferisce ad un sentimento più o meno persistente di dolore che segue la perdita di una persona a sé cara. Per alcune persone il lutto dura di più, per altre di meno, ma ci sono soggetti che non riescono del tutto a superare questa situazione e il tutto sfocia in problemi che possono influire non soltanto sulla psiche, ma spesso e volentieri anche sul corpo.
Già soltanto il fatto di sperimentare una perdita peggiora la nostra salute e rende vivere “più rischioso”. Rimanere vedovo o vedova aumenta il rischio relativo di morte del 22%. Questo rischio aumentato comprende diverse cause di morte come malattie cardiovascolari, eventi sanitari acuti (ad es. infezioni), malattie croniche (ad es. diabete) e cancro. Anche la morbilità per tutte le cause aumenta dopo la morte di una persona cara, compresi gli eventi cardiovascolari, le malattie vascolari, l’incidenza del cancro e l’ipertensione auto-riferita.
Questo si spiega con un generale aumento del battito cardiaco e della pressione, un aumento dei livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) e di alcuni biomarcatori (che indicano la presenza di possibili malattie e disfunzioni), ma soprattutto una diminuzione dei linfociti, ossia di un tipo di globuli bianchi che gioca un ruolo fondamentale nella protezione del nostro organismo creando, tra le altre cose, anticorpi. In poche parole, il nostro sistema immunitario diventa più debole.
Quando il lutto è patologico
Questo è ciò che succede normalmente, quando ci troviamo di fronte ad una perdita che successivamente farà il suo decorso e verrà superata. Ma cosa succede quando questo non avviene? Cosa accade quando non riusciamo ad andare oltre?
Questa condizione ha un nome, ed è chiamata disturbo da lutto persistente e complicato (Persistent Complex Bereavement Disorder nel DSM-5). Questa può essere diagnosticata soltanto nel caso in cui, a distanza almeno un anno (6 mesi per adolescenti e bambini) dalla morte di una persona cara l’individuo abbia sperimentato quasi tutti i giorni regolarmente per almeno un mese prima della diagnosi tre dei seguenti sintomi:
- Disturbo dell’identità (come la sensazione che una parte di sé sia morta);
- Marcato senso di incredulità per la morte;
- Evitare di ricordare che la persona è morta;
- Intenso dolore emotivo (come rabbia, amarezza, dolore) legato alla morte;
- Difficoltà di reinserimento (ad esempio, problemi a impegnarsi con gli amici, a perseguire interessi, a pianificare il futuro);
- Intorpidimento emotivo (assenza o marcata riduzione dell’esperienza emotiva);
- Sensazione che la vita sia priva di significato;
- Intensa solitudine (sensazione di solitudine o di distacco dagli altri).
Oltre a questo, il soggetto potrebbe provare allucinazioni uditive e visive legate alla presenza della persona deceduta, ma anche diversi disturbi somatici, compresi anche i sintomi sperimentati dalla persona cara.
Il disturbo da lutto prolungato spesso si accompagna ad altri disturbi mentali come PTSD, ansia o depressione. Anche i problemi di sonno sono comuni: si stima che l’80% delle persone con disturbo da lutto prolungato abbia un sonno insufficiente a lungo termine. Delle nuove ricerche inoltre suggeriscono come sia riscontrabile un declino cognitivo in questi soggetti. In casi estremi il tutto può portare al suicidio.
Come trattare questo disturbo?
Il trattamento del lutto complicato (Complicated Grief Treatment, CGT) è un tipo di intervento che ha dimostrato la sua efficacia nella diminuzione dei sintomi legati a questo disturbo e si basa sulla teoria dell’attaccamento e sulla terapia cognitivo-comportamentale (TCC). Il trattamento consiste nell’elaborazione della morte della persona cara e, allo stesso tempo, nel ripristino della vita del soggetto, quindi ricominciare a vivere, porsi obiettivi in prospettiva. Il CGT comprende sette temi fondamentali: fornire informazioni per aiutare i pazienti a comprendere e accettare il lutto, gestire il dolore emotivo e monitorare i sintomi, pensare al futuro, riconnettersi con gli altri, raccontare la storia della morte, imparare a vivere con i ricordi e connettersi con i ricordi.
Anche i gruppi di supporto possono essere d’aiuto. Questi spesso sono utili per riuscire ad elaborare un lutto nel periodo immediatamente successivo all’evento, ma non tutti i partecipanti sperimentano miglioramenti se si parla di disturbo da lutto persistente. Questi gruppi sono però utili soprattutto nella prevenzione, in quanto forniscono supporto sociale, la cui assenza è un fattore cruciale nello sviluppo del disturbo.
È possibile inoltre intervenire farmacologicamente, ma questo approccio non si dimostra particolarmente efficace, specialmente in maniera diretta. Alcuni antidepressivi come il cilatopram, il buropropione e la nortriptilina hanno un effetto positivo sui sintomi depressivi legati al disturbo da lutto, ma non mostrano particolari effetti positivi sull’intensità del lutto di per sé. Questi sono però funzionali quando abbinati al CGT, diminuendo significativamente la probabilità di abbandono della terapia.