Scopriamo come in Baricco e Rimbaud l’alba diventa il tempo dell’incontro e dell’eternità

L’alba è il luogo metafisico dell’incontro ciclico fra anime ed elementi: la notte e il giorno, il sole e il mare, un uomo e una donna.

In letteratura, il tempo è spesso rappresentato come un’entità enigmatica e intangibile. Il più delle volte, l’essere umano coabita con esso senza percepirne il fluire o la presenza imperante; è solo in brevi istanti ed esperienze fugaci che si stabilisce una maggiore familiarità con questa dimensione. Su questa linea, possiamo individuare un filo rosso che unisce “Tre volte all’alba” di Alessandro Baricco e “L’eternità” di Arthur Rimbaud: due opere lontane per genere e tradizione ma profondamente interconnesse, in quanto entrambi gli autori individuano nell’alba l’essenza dell’eterno.

Incontro e separazione in “Tre volte all’alba”

“Tre volte all’alba” è un romanzo che racconta una storia quasi surreale: i protagonisti si incontrano e si separano tre volte, sempre per la prima volta, sempre all’alba, in circostanze diverse e scollegate solo in apparenza. Una volta sono coetanei – una donna misteriosa e avvenente e un venditore di bilance. Un’altra, una giovane donna incastrata in un amore violento e un vecchio guardiano di hotel; l’ultima, una poliziotta in pensione e un ragazzino la cui casa è andata in fiamme. I personaggi si rivedono in diverse età della vita, all’interno di una sorta di loop eterno dalla durata di poche ore. Questo ripetersi degli incontri in un tempo sospeso fra la notte e il giorno offre ai personaggi la possibilità di conoscersi e scoprire ogni volta nuove versioni di sé.

Ogni alba rappresenta un nuovo inizio, ma anche una conclusione, come se il tempo stesso fosse piegato per consentire loro di incontrarsi e conoscersi in versioni diverse di sé. L’alba, un tempo fugace e insieme “infinito”, in cui il mondo si trova in bilico tra il sonno e la veglia, diventa dunque un momento carico di possibilità e di riflessioni, che può ispirare nuove occasioni e nuovi inizi. Ognuno dei protagonisti ha storie passate con cui fare i conti, errori da espiare, decisioni da prendere, amori da riconquistare; l’alba è il momento decisivo in cui si concretizza il desiderio di una vita migliore. Baricco lancia un messaggio confortante: forse c’è speranza per tutti, basta approfittare della luce giusta, la luce dell’alba che lascia indietro la nostra notte.

“L’eternità” di Rimbaud: un tempo infinito e immobile

“L’eternità” è una delle poesie più ermetiche e affascinanti di Rimbaud. Essa si presenta come una riflessione sul senso dell’esistenza e sul desiderio di sfuggire alla linearità del tempo. Dunque, sulla ricerca dell’eternità: “Che cos’è l’Eternità? È il mare che va via col sole”. Rimbaud rappresenta l’eternità come un concetto astratto e assoluto, slegato da ogni altro elemento della realtà, se non il mare e il sole, nella cui congiunzione si realizza l’assenza di ogni riferimento spazio-temporale. Similmente al romanzo di Baricco, tale istante coincide con l’alba; in Rimbaud, tuttavia, il sentimento dell’eterno non si manifesta attraverso il ripetersi di incontri o la circolarità degli eventi, bensì mediante un’immobilità assoluta. L’alba è un attimo che si cristallizza per sempre, uno stato dell’essere che supera ogni limite terreno.

Il tema centrale dell’opera è dunque la riconquista dell’eternità, che suscita nel poeta gioia e tormento allo stesso tempo. Questa dicotomia anima la poesia di una tensione interna: da un lato, l’euforia per aver ritrovato l’eternità, dall’altro il senso di smarrimento che deriva dalla sospensione in un tempo infinito. Il poema ha una struttura circolare, con la prima strofa che coincide con la sesta, richiamando un’idea di ricorrenza e di eterno ritorno, simile a quella delle stagioni. Il desiderio di una riconquista dell’eternità si configura infine come un ritorno all’origine, un movimento regressivo, un ricongiungimento con un tempo primordiale e assoluto.

L’alba: l’eternità fra sospensione e ripetizione

Nonostante le differenze che intercorrono fra le due opere, esse condividono un’interrogazione profonda sul tempo e sull’esistenza. Se in Baricco l’eternità è racchiusa nel ripetersi degli incontri e nel circolo degli addii e dei ritorni fra anime, in Rimbaud è un’esperienza individuale, un punto fermo, un attimo assoluto. “Tre volte all’alba” suggerisce che, pur non potendo sottrarci al fluire del tempo, possiamo viverlo come una serie di attimi unici, quasi eterni, scanditi dalle singole esperienze che scolpiscono il tempo e gli imprimono un significato duraturo; la fugacità degli incontri raccontati trasmette un senso di sospensione e cristallizzazione del tempo, che avviene proprio nel momento in cui il buio cede il posto alla luce. Rimbaud, d’altra parte, vede nell’eternità un rifugio assoluto e definitivo dalla vita e dal divenire, un’immortalità ideale che trascende l’esperienza.

L’eternità di Baricco è dunque un’esperienza profondamente umana, accessibile attraverso l’intensità di momenti apparentemente brevi: ogni alba, incontro o addio può racchiudere un frammento di infinito. Rimbaud, invece, ci trasporta in una dimensione metafisica, in cui l’eternità è uno stato oltre il tempo e lo spazio. In definitiva, Baricco e Rimbaud mostrano due percorsi che si intrecciano: l’uno ricerca l’eternità nella vita, l’altro al di fuori. Entrambi, attraverso l’immagine dell’alba.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.