Satira, arte e politica: ecco perché Willie Peyote è il pamphleteer dell’Italia contemporanea

“Giorgia nel Paese che si meraviglia”, il nuovo singolo di Willie Peyote, racconta il ritorno di fiamma (tricolore) fra l’Italia e il fascismo.

Certi amori non finiscono mai, fanno giri immensi e poi ritornano. Non poi così immensi, dopotutto: quello fra l’Italia e il fascismo è un amore a suo tempo esploso in maniera repentina e violenta, tanto ardente e appassionato quanto distruttivo. Proprio come un amore tossico, di quelli che, a ripensarci, uno si dice: “Ma come ho fatto a mettermi con quell*?”. Basta guardare i sondaggi, però, per constatare che non è il caso di una buona fetta di italiani, la cui preferenza alla vigilia delle elezioni europee è chiara e netta. In questo clima socio-politico si situano Willie Peyote e la sua mordacità, comparabile a quella dei pamphleteer inglesi del XVII secolo.

“Questo amore è una bugia”

Io torno me stesso, e il resto è una bugia
Questo amore è una bugia
Dimmi un’altra bugia
Credo ad ogni tua bugia

https://www.azlyrics.com/lyrics/williepeyote/giorgianelpaesechesimeraviglia.html

Il testo parla da sé. “Come quando due ex fidanzati si rincontrano dopo tanto tempo, basta una scintilla per rianimare la fiamma (rigorosamente tricolore) e farla tornare ad ardere come allora. A sto giro la scintilla è una donna, madre e cristiana” scrive Willie Peyote sul suo profilo Instagram. Il suo attacco è rivolto agli esponenti politici che presiedono le istituzioni ricostruite dalle ceneri della guerra fascista, ma mostrano incertezza nel definirsi antifascisti, nel riconoscere il ruolo che l’antifascismo e la resistenza partigiana hanno avuto nella lotta per la liberazione dalla dittatura e nella costruzione di una nuova Italia democratica. Non per niente, il cantautore ha scelto proprio il 25 aprile come data di uscita di questo singolo.

La canzone parla di un amore bugiardo. Questi leader, infatti, si affidano al consenso basato su slogan, promesse elettorali false e una retorica superficiale sia nella forma che nei contenuti. Sono senz’altro abili nel riempire la pancia degli italiani con parole che soddisfano le loro speranze e i loro bisogni superficiali, senza badare al fatto – o magari senza nemmeno comprendere – che tali promesse non sono sempre realizzabili, almeno non nel modo in cui vogliono far credere. Gli stessi leader non hanno mai condannato Mussolini né come uomo né come statista, né hanno riconosciuto il regime fascista per quello che era: una dittatura fondata sulla violenza, sulla repressione e sulla discriminazione in tutte le sue forme. Un sistema che ha amplificato le differenze già esistenti all’interno di un popolo già disunito per via della sua lunga storia, accentuando le disparità economiche, etniche, di classe e di genere, ci viene presentato come un’epoca di prosperità e floridezza, in cui tutto funzionava perfettamente, attribuendo la sua rovina a un “unico errore”.

“Ho fatto finta di essere cambiato”

Ho fatto finta di essere cambiato
Più tranquillo, di aver moderato un po’
Di nascosto io ti ho sempre amato
Non l’ho detto, prima era vietato
Ma ora è festa e sei tornata finalmente, resta
Tra i saluti con la mano destra

Willie Peyote prende di mira anche quella parte di elettorato che si auto-identifica come moderata, ma che, nei fatti, cela opinioni politiche estreme. Questo segmento di popolazione, pur presentandosi come equilibrato e centrista, in realtà sostiene posizioni radicali che possono essere dannose per il tessuto sociale e politico e per l’instaurazione di un qualsiasi equilibrio in fatto di politica interna e internazionale. Tale linea politica, chiusa ed eccessivamente nazionalista, è contestabile non solo da un punto di vista etico, ma anche perché non è efficace per affrontare adeguatamente le sfide globali del nostro tempo, le quali richiedono una collaborazione internazionale.

Tuttavia, se tale approccio attira le simpatie di una così larga percentuale di elettori, allora significa che il sentimento nostalgico nei confronti di un regime, di cui non hanno mai realmente sperimentato la brutalità, non è mai sopito del tutto; è rimasto solo nascosto, fin quando la parola “fascismo” è rimasta sinonimo di orrore e devastazione. Dopo la guerra, infatti, gli ex-fascisti sono stati riabilitati e reinseriti nella società; l’assenza di una condanna per misfatti di cui si sono resi autori o anche semplici assertori ha determinato una mancata epurazione di questa stessa ideologia, che è rimasta sopita nelle coscienze di tali individui fin quando è diventata troppo fatua per poter pensare ad una effettiva rinascita, che anche ora che è una minaccia concreta, viene ancora considerata impossibile.

L’arte del pamphleteering nasce in Inghilterra

Nel XVII secolo, l’Inghilterra attraversava un periodo di intensi cambiamenti politici, sociali e religiosi. Questo secolo è stato caratterizzato da eventi come la guerra civile, la restaurazione della monarchia e la Gloriosa Rivoluzione. Questi eventi hanno generato tensioni politiche e sociali significative, creando un clima favorevole alla diffusione di idee attraverso pamphlet e giornali; contrariamente a quanto si possa pensare, si è trattato di un periodo di grande fervore editoriale, in quanto la stampa occulta era l’unico mezzo per bypassare la censura del governo centrale, che faceva capo a un monarca assoluto. Questo clima di repressione è ulteriormente peggiorato con il principato di Oliver Cromwell e con l’instaurazione del nuovo governo puritano che mal tollerava i dissidenti.

I pamphlet del XVII secolo erano spesso scritti in un linguaggio accessibile al pubblico e affrontavano una vasta gamma di argomenti, inclusi problemi politici, religiosi, sociali ed economici. Essi venivano utilizzati da diversi gruppi e fazioni politiche per promuovere le proprie opinioni, criticare il governo o attaccare gli avversari politici. Il dibattito sulla censura è stato centrale per molti pamphlet del periodo, con autori, come John Milton, che si battevano per la libertà di stampa e di espressione.

Alcuni pamphlet del XVII secolo sono diventati opere influenti nella storia del pensiero politico e sociale, e hanno svolto un ruolo fondamentale nel plasmare il dibattito pubblico e l’opinione politica del tempo, contribuendo alla lotta per i diritti civili e la libertà di espressione. Ad esempio, “Areopagitica” di John Milton è ancora oggi considerato uno dei trattati più importanti sull’argomento; allo stesso modo, “Two Treatises of Government” di John Locke ha avuto un impatto duraturo sulle teorie politiche del tempo e ha influenzato il pensiero dei filosofi successivi. Altri pamphleteer noti sono stati John Lilburne, attivista politico radicale, Andrew Marvell, noto poeta metafisico, e anche Daniel Defoe, che ha iniziato la sua carriera non come romanziere ma come libellista politico nel tardo XVII secolo, contribuendo al dibattito pubblico con testi satirici e provocatori.

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