Il teatro di Sabbioneta è il simbolo della città ideale che avrebbe voluto edificare Vespasiano Gonzaga. Analizziamo alcune peculiarità.
Il teatro di Sabbioneta venne eretto nel 1590 ed è inserito all’interno di una città, Sabbioneta, che è sconosciuta ai molti. Tale rappresenta un esempio perfetto di come nel rinascimento italiano si utilizzasse la spettacolarità per la propaganda
1. Sabbioneta, la città che sarebbe dovuta essere: la statua di Leone Leoni
Vespasiano Gonzaga viene definito il “conditor” di Sabbioneta, termine attribuito anche ad Alessandro Magno per aver fondato e reso grande la città di Alessandria e altre. La urbe, secondo l’idea dell’uomo fedelissimo agli Asburgo, doveva divenire una nuova Roma in miniatura, nella quale lo splendore e la grandezza della sua immagine doveva riflettere in ogni luogo allo stesso “modus operandi” degli antichi imperatori romani. A testimonianza di tali intenti vi è la statua di Leone Leoni raffigurante il principe nelle vesti di un imperatore romano: nella mano sinistra tiene un libro, simbolo di saggezza e virtù, mentre il braccio destro è alzato e rappresenta la metafora di comando, clemenza e giustizia. La simbologia insita in questa statua compendia il pensiero di Vespasiano Gonzaga, il quale affermò che gli uomini per ottenere la nobiltà ed esser utili potevano seguire due strade: quella delle armi, la guerra e le conquiste, o tramite la cultura, mezzo secondo lui efficace per conservare i popoli.
2. L’artefice di un gioiello propagandistico: Vincenzo Scamozzi
Reduce dal completamento dell’opera di Andrea Palladio, il teatro Olimpico di Vicenza, Scamozzi, architetto vicentino, venne incaricato di costruire il teatro di Sabbioneta da Vespasiano Gonzaga. Questo doveva essere il “luogo di vanto” del principe, nel quale rispecchiarsi della sua grandezza e delle sue azioni e per ottenere consenso e benevolenza dagli ospiti illustri che lo avrebbero visitato. Nel 1588 fece un sopralluogo e, essendo uno spazio privo di edifici preesistenti, elaborò immediatamente la pianta: esternamente vi era una facciata che richiamava al palazzo signorile, un uso tipico dell’epoca, con tre ingressi diversificati dedicati uno al principe, uno al pubblico, che era elitario ed invitato dal principe stesso, e l’ultimo agli artisti. Internamente la sala era a piante rettangolare con un soffitto evocante la volta celeste che richiamava al gioco interno-esterno che tanto resero celebri gli spettacoli fiorentini, una scena fissa con una scenografia lignea (dove vi erano raffigurati elementi nobili, comici e satirici, così era pronta per ogni messinscena) dipinta con due archi trionfali affrescati con le vedute di Castel Sant’Angelo e del Campidoglio. La cavea era mistilinea con al centro il peristilio, luogo nel quale sedeva il principe circondato dagli ospiti illustri. La propaganda culturale non si esauriva certamente nella scenografia, rappresentante quella Roma che Vespasiano avrebbe voluto riprodurre nella sua piccola città lombarda. La vera punta di diamante è rappresentata dall’impianto iconografico presente all’interno; difatti, il “conditor” di Sabbioneta entrava direttamente nel teatro da uno degli archi osservato da spettatori “virtuali”. Si può notare come vi sia una raffigurazione, riposta accanto alla statua di Ercole, di un gentiluomo e di una gentildonna corteggiarsi: il seduttore mostra con l’indice della mano destra il punto in cui Vespasiano entrava, mentre lei si sporge dalla balaustra per vedere il principe. Una volta seduto sul peristilio il duca di Sabbioneta era circondato da sette monocromi affrescati, richiamanti statue di bronzo di Cesari romani: Gaio Giulio Cesare, Ottaviano Augusto, Tiberio, Galba, Otone e Vitellio, mentre al centro vi era Vespasiano Gonzaga nelle vesti dell’imperatore capostipite dei Flavi, che richiama a un gioco di illusione encomiastico già realizzato dalla Scamozzi nel teatro Olimpico di Vicenza, nel quale rappresentava Valmarana come Carlo V. Sul peristilio è possibile rilevare quattro nicchie ospitanti altrettanti busti di personaggi illustri: Nerva, Traiano, Alessandro Magno e Cibele Turrita, simbolo di Sabbioneta. Soprastante quest’ultima è presente una scultura vi è Vespasiano raffigurato nelle vesti di Ercole (per il rinascimento italiano, e non solo, Ercole raffigurava l’essere umano accettato nella cerchia degli dei attraverso le sue fatiche; perciò un uomo asceso al rango divino). Attorno a questa statua ve ne sono altre molto rilevanti: Minerva, la sua protettrice, e Apollo, Mercurio, Giunone, Giove, colui che lo ha ricompensato, che rappresentano il passaggio da Roma all’Olimpo.
3. La commedia dell’arte come strumento di propaganda
I comici dell’arte, come spiegato in un mio precedenti articolo, erano le compagnia di attori girovaghe italiane che diedero un importante contributo alla nascita della professione dell’attore e all’emergere della figura femminile all’interno del teatro. Tuttavia, non si esibivano solo nelle piazze, bensì anche nei teatri di corte, ingaggiati da figure importanti che cercavano di accaparrarsi le compagnie più importanti per ottenere maggior lustro. Questo fu anche il caso di Vespasiano Gonzaga che per l’inaugurazione della sala, il 5 maggio del 1590, decise di ingaggiare la compagnia dei Confidenti. A costoro furono donate delle sue armi che durante la messinscena dovevano esibire per mostrare agli ospiti illustri che erano comici del del “conditor” di Sabbioneta.