Parliamo del concilio che ha dato vita alla chiesa di oggi: il Vaticano II

come il concilio del 1962-1965 ha cambiato la cristianità

Papa Paolo VI

L’8 dicembre del 65 Papa Paolo VI chiudeva il concilio Vaticano II, concilio di riforma voluto fortemente dal precedente pontefice Giovanni XXIII. Ripercorriamo la sua storia quindi e cosa ha significato per la cristianità.

la volontà di una riforma

Dopo le tragedie della Seconda guerra mondiale e le posizioni non sempre chiare che aveva assunto la chiesa nei confronti della questione ebraica, in Vaticano si avvertiva l’urgenza di una riforma cattolica. Con l’elezione al soglio pontificio di Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli, ci si aspettava un periodo tranquillo in quanto non era considerato abbastanza abile dal punto di vista teologico per indire un nuovo concilio. Tra lo stupore generale però, il 25 gennaio 1959 viene annunciata la sua convocazione e lo svolgimento dei lavori in quattro sessioni, ospitando numerose etnie ed esponenti di altre confessioni cristiane. L’obbiettivo di questo concilio ecumenico era discutere gli argomenti riguardanti la vita della Chiesa e la sua apertura alle necessità del mondo moderno. L’importanza del Concilio Vaticano II è stata paragonata a quella del Concilio di Trento (aperto nel 1545 nell’occasione del dilagare della dottrina evangelica di Lutero, considerato sia un concilio di riforma cattolica interna che di controriforma contro l’eresie), ed il suo ruolo nel XX secolo e nel futuro della Chiesa è ancora oggetto di dibattito storico e dottrinale. Per questo il Concilio Vaticano II viene considerato il concilio della “seconda riforma cattolica”.

Giovanni XXIII

la morte di Roncalli e la chiusura

Quando il concilio venne aperto non tutti i membri della curia erano a favore della decisione, si formarono infatti due “partiti”: uno più conservatore che pensava che la Chiesa dovesse rimanere sulla sua strada, rimanendo ferma sulle sue idee e contro ogni forma di modernismo e uno più riformista, che voleva una interazione maggiore con il mondo. La morte di papa Giovanni XXIII però, avvenuta il 3 giugno del 1963, spinse molti, vista la ritrosia di alcuni vescovi conservatori nel continuare le discussioni, a ritenere opportuno di sospenderne i lavori. Questa ipotesi venne meno con l’elezione al soglio pontificio dell’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini (papa Paolo VI), che era un riformista, il quale nel suo primo radiomessaggio parlò della continuazione del concilio come la parte fondamentale del suo pontificato, abbracciando l’ideologia del suo predecessore. Nel suo primo discorso da pontefice ai padri conciliari, Montini indicò inoltre quali fossero gli obiettivi primari del sinodo: definire più precisamente il concetto di Chiesa; il rinnovamento della Chiesa cattolica; la ricomposizione dell’unità fra tutti i cristiani; dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo. Dopo quattro sessioni di lavoro il concilio venne chiuso l’8 dicembre 1965. Durante l’ultima seduta pubblica, nella sua allocuzione ai padri conciliari, il papa spiegò come il concilio avesse rivolto «la mente della Chiesa verso la direzione antropocentrica della cultura moderna», senza che però questo interesse fosse disgiunto «dall’interesse religioso più autentico». Il giorno successivo vennero indirizzati dal papa otto messaggi al mondo: ai padri conciliari, ai governanti, agli intellettuali, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri e agli ammalati, ai giovani.

cosa cambia dopo il vaticano II

Il concilio ha portato tantissime innovazioni nella chiesa e nella liturgia, anzi soprattutto dal punto di vista liturgico ha introdotto novità fondamentali per quella che è oggi la chiesa cattolica. La Chiesa era sempre stata intesa come il luogo dove si pregava, dalle mura materiali in cui ci si ritrovava a recitare i salmi e la dimensione umana dei fedeli era in secondo piano; dopo il concilio la situazione viene ribaltata, la Chiesa non è solo le mura ma è la comunità tutta dei fedeli che prega e che stabilisce un contatto con Dio, la Chiesa è le persone che la compongono ( citando il Vangelo “dove due o tre sono riuniti nel mio nome Io sarò lì in mezzo a loro”). A questa esaltazione del ruolo dei fedeli segue una rivisitazione della liturgia: la Messa non viene più detta in latino (lingua ufficiale), ma nella lingua locale in modo da avvicinare più persone alla funzione e essere comprensibile a tutti; il sacerdote non celebra più la Messa di spalle all’assemblea, ma è girato verso di loro formando un dialogo con i fedeli. Riguardo il rapporto con il mondo esterno poi si compiono dei passi in avanti rispetto a due grandi questioni: quella ebraica e quella ideologica. Gli ebrei erano da sempre considerati il “popolo deicida” per aver materialmente ucciso Gesù e quindi da sempre perseguitati e visti in malo modo, ora diventavano i “fratelli maggiori” dei cristiani, in quanto provenivano da una radice religiosa comune, quella espressa nell’Antico Testamento (anche se a loro manca il riconoscimento della venuta del Messia). La seconda invece prevedeva un cambiamento importante nella concezione dell’uomo: i Papi precedenti avevano sempre condannato ad esempio l’ideologia comunista per essere portatrice di disordini sociali e di ateismo, sostenendo che i cristiani non potevano abbracciarla se volevano essere cristiani. Con il Vaticano II si arriva ad un’idea diversa, l’uomo può abbracciare qualsiasi ideologia politica voglia (modernismo, comunismo, etc.) perché è considerato prima di tutto uomo, e quindi figlio di Dio. I cambiamenti che ha portato questo concilio ecumenico quindi sono davvero rilevanti e gli storici continuano a studiarli per capirne meglio le implicazioni socio-culturali.

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