Risse tra gang, creativi piani per tentare la fuga, ribellione alle regole e una sana dose di adrenalina. Insomma, questi ingredienti, sono esattamente tra quelli che rendono così emozionanti e seguiti i cosiddetti Prison Drama, ovvero le serie televisive ambientate nientemeno che “dietro le sbarre” dei più famosi carceri del piccolo schermo. Ma cosa direste se – invece dei nostri amati protagonisti in divisa a righe – a riempire le celle odierne fossero soprattutto… pensionati?

“Il Giappone è in preda a un’ondata di criminalità anziana”. No, non si tratta di una battuta scherzosa, ma piuttosto dell’incipit di uno degli ultimi articoli firmati dalla penna del reporter della BBC, Ed Butler. Stando a quanto raccolto dal giornalista britannico, infatti, la proporzione di crimini commessi da giapponesi di età superiore a 65 anni sarebbe in costante crescita da ormai due decenni. Ma la vera scoperta, al di là dei dati numerici, è la motivazione alla base di tutti questi atti contro la legge.
Nonni, bici rubate e agguati al parco
Tra questi inusuali “galeotti” ritroviamo il 69enne Toshio Takata, il quale – facendosi portavoce di moltissimi altri suoi coetanei – ha ammesso di aver infranto la legge a causa dell’estrema povertà in cui si ritrovava a vivere. “Ho raggiunto l’età pensionabile e poi ho finito tutti i miei soldi, perciò mi è venuto in mente che forse avrei potuto vivere gratis se fossi andato in prigione” ha raccontato l’anziano. “Così ho rubato una bicicletta, l’ho portata fino alla stazione di polizia e ho detto ad uno dei presenti di averla presa io”. Un furto minore, che però – vista la rigidità della legge nipponica – è stato sufficiente per incarcerare Toshio con una condanna di un anno.

Eppure, una volta riconquistata la libertà, Toshio ha fatto subito di tutto per perderla nuovamente. Armato di un coltellino, il piccolo e magro pensionato con la tendenza a ridacchiare bonariamente, si è infatti diretto nel cuore di un parco ed ha minacciato due donne. “Non intendevo fare alcun danno – ha spiegato pacato – ma ho solo mostrato il coltello sperando che una di loro chiamasse la polizia”.
Da Prison Break a OITNB: la rivoluzione dietro le sbarre
Quando la vetta delle serie televisive dedicate a celle e carcerati era rappresentata da Prison Break, ancora l’immagine di prigione veicolata era una precisa: rivalità tra criminali ed FBI, lotte quotidiane per superare la giornata e un’atmosfera di tensione costante. A ribaltare le carte in tavola sono state solo poi le protagoniste “in arancione” del penitenziario femminile di Litchfield, che con la serie campione di views Orange Is The New Black hanno consacrato una nuova idea di prigione: niente pensionati o over 65, ma piuttosto un gruppo di sarcastiche ed agguerrite detenute che hanno trasformato il carcere in una specie di “seconda casa” all’interno della quale condividere esperienze, formare amicizie e mostrare un lato di sé privo da limiti o costrizioni. A parte, ovviamente, quelle dettate dalle sbarre delle celle, che però – così come non rappresentano un problema per le detenute – anche per i pensionati giapponesi sembrano un prezzo che si deve essere totalmente disposti a pagare.

I pensionati all’apice della criminalità giapponese
Complessivamente, Toshio ha trascorso metà degli ultimi otto anni in prigione. Oltre al suo nome, è lunga la lista di pensionati che si sono fatti felicemente “sbattere in gattabuia” per trascorrere gli ultimi anni della propria vecchiaia in tranquillità fisica ed economica. E – tenendo conto che, sebbene essi si trovino in prigione, la loro pensione continua ad essere regolarmente consegnata presso il loro domicilio – è difficile dar loro torto.
In una società notevolmente rispettosa della legge come quella giapponese, ecco quindi che una proporzione in rapida crescita di reati viene quotidianamente portata avanti da over 65: se nel lontano 1997 questa fascia d’età coincideva al massimo con una condanna su 20, oggi invece tale proporzione è cresciuta fino a più di una su cinque. A questo si somma poi un ulteriore problema, quello della recidività: dei 2.500 ultrasessantacinquenni condannati nel 2016, infatti, più di un terzo vantava oltre cinque precedenti condanne alle spalle. Numeri da record, soprattutto se pensiamo che a personificarli sono spesso criminali dai capelli bianchi e dal sorriso mite: insomma, quel genere di persone da cui di certo non ci aspetteremmo di essere aggrediti, derubati o minacciati.
Francesca Amato