La legge sul divorzio compie cinquant’anni, ma Grazia Deledda ne aveva parlato ancora prima

Nel 1970 entrò in vigore la legge sul divorzio, che si trova in un romanzo di Grazia Deledda del 1902.

Vittoriosa conclusione di una giusta battaglia” si trovava scritto sul giornale il 1° dicembre 1970: cinquant’anni fa entrava in vigore in Italia la legge sul divorzio. Il matrimonio cessava di essere un vincolo indissolubile e due coniugi potevano, da quel momento, decidere di non stare più insieme.

Come si giunge alla legge sul divorzio

Sono tanti i passi che hanno preceduto l’approvazione della legge sul divorzio: il matrimonio è per la Chiesa un sacramento, e il suo valore indissolubile era più volte stato ribadito. Il Concilio di Trento nel 1545 affermava: “Sia anatema chi dice che il matrimonio si può sciogliere per l’adulterio dell’altro coniuge”. L’unica possibilità per l’annullamento del matrimonio era affidata al tribunale della Sacra Rota, al quale bisognava ricorrere a pagamento per ottenere, in casi particolari, una dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio. In assenza delle condizioni “particolari”, però, non era in alcun modo possibile sciogliere quel vincolo indissolubile. È il governo di Giuseppe Zanardelli ad ipotizzare, solo nel 1902, la concessione del divorzio, ma l’idea viene subito bocciata. Nel 1929 i Patti Lateranensi affermavano che “in qualsiasi disposizione concernente il matrimonio, lo Stato si impegna a mantenere illeso il principio dell’indissolubilità“, e solo nel 1970 si giungerà all’approvazione di una legge sul divorzio, grazie al lavoro di Fortuna e di Baslini. La legge venne però messa presto in discussione, finché nel 1974 il 59,26% degli italiani la confermò al referendum che era stato promosso dalle forze cattoliche che miravano alla sua abrogazione.

“Dopo il divorzio” di Grazia Deledda

La proposta di legge del 1902 fu presto bocciata ma accese una speranza in molti. Tra questi la scrittrice Grazia Deledda, che nel romanzo “Dopo il divorzio” immagina una piccola possibilità di una donna di ricostruirsi una vita dopo una brutta esperienza matrimoniale. La protagonista è Giovanna, in collera per l’arresto del marito con l’accusa di omicidio. La donna è sola, vive di stenti e deve occuparsi di un figlio di pochi mesi, e vede la possibilità di salvarsi grazie al ricco Brontu Dejas, che sembra interessato a lei.

Farà divorzio, ecco tutto. Ebbene? C’è una legge che alle donne, il cui marito è condannato a molti anni di reclusione, permette di riprendere marito.”

Grazia Deledda, non ha solo il merito di aver introdotto per prima in un romanzo la questione del divorzio, ma anche quello di aver posto l’attenzione sulle problematiche culturali. Il paese giudicherà Giovanna come una “moglie di due mariti”, e la bambina nata dal nuovo matrimonio verrà battezzata come una “bastarda”. Inoltre al già gravoso versante sociale si aggiungerà il ritorno al paese del primo marito, che contro ogni aspettativa verrà liberato dal carcere.

Cinquant’anni di divorzio

In occasione del referendum che nel 1974 proponeva l’abrogazione della legge sul divorzio, furono diverse le personalità dello spettacolo che si schierarono a favore del mantenimento della stessa. Tra queste Nino Manfredi, che si definì a favore dell’indissolubilità dei “matrimoni riusciti” e non di quella forzata dei “matrimoni falliti”.
Non tutti i matrimoni riescono col buco, forse. E perché escludere la possibilità di un nuovo inizio?

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.