La follia è un privilegio o una malattia? Ci rispondono Joker e Pirandello

I folli sono persone malate? Individui affetti da disturbi psichici e manchevoli di qualcosa? No, forse sono solo più liberi di noi e svincolati da qualunque tipo di ‘maschera’.

Maschere (pirandelloweb.com)

Il noto rivale di Batman rappresenta il folle per eccellenza. Nel 2019, il personaggio viene approfonditamente analizzato ed umanizzato nel film ‘Joker’, diretto da Todd Phillips. Joker, come l’Enrico IV di Pirandello, sceglierà di non mettere a freno la propria follia ma anzi di assecondarla ed esaltarla, potendo così assaporare la vera felicità.

La follia di Joker: dall’emarginazione sociale alla felicità

Si è sempre detto poco sul cattivo di Gotham City. Prima dell’uscita del film di Todd Phillips, Joker era sempre stato descritto come un killer spietato che uccideva per puro divertimento. Nessuno prima di allora aveva analizzato la sua complessa psicologia né, tantomeno, era riuscito a spingere il pubblico ad empatizzare con questo brutale personaggio. Affiancato dalle capacità attoriali di Joaquin Phoenix, il regista riesce a mettere in scena un Joker totalmente nuovo, un Joker profondamente umano e fortemente tormentato.

Il film illustra l’ascesa del cattivo ed il progressivo erompere della sua follia. Joker all’inizio del film non è altro che Arthur Fleck, un uomo comune, disoccupato ed emarginato dalla società a causa delle sue stranezze. Arthur, per racimolare qualche soldo per sé e per la madre a cui è estremamente devoto, fa il clown di strada. In aggiunta alla depressione che lo affligge, egli è affetto da una patologia che gli provoca improvvise e sinistre risate, disturbo che lo porterà ancora di più ad essere escluso e deriso dagli altri. La situazione che si trova a vivere gli causa profonda infelicità eppure, paradossalmente, la madre lo ha soprannominato ‘happy’, il suo sogno è quello di divenire un comico di successo e non c’è cosa che desideri di più di ‘donare gioia e felicità a tutti quanti’.

Arthur passa un’intera vita a difendersi dalle perfidie altrui, a vergognarsi della sua stramba risata, a reprimere se stesso per compiacere la società. Tutto il dolore patito e le crudeltà subite lo porteranno però a compiere gesti violenti, come quando arriverà ad uccidere dei ragazzi che si stavano prendendo gioco di lui. Questo evento rappresenta il punto di svolta nella sua vita, egli è spaventato e mortificato per ciò che ha fatto ma al contempo ‘soddisfatto’ di aver realizzato la propria vendetta. Da qui Arthur acquisirà sempre più forza e consapevolezza di sé, fino a trasformarsi nel folle criminale Joker.

(milkenroar.com)

Il gusto della follia nell’Enrico IV di Pirandello

L’Enrico IV è un opera teatrale di Pirandello scritta nel 1921 e rappresentata al Manzoni di Milano un anno dopo. Importante capolavoro metateatrale pirandelliano, l’Enrico IV mette in scena la filosofia delle maschere ed affronta la tematica della pazzia attraverso il suo protagonista. La pazzia viene vista da Pirandello, e da Enrico IV stesso, come una via di fuga, un’alternativa alla sofferenza dell’esistere. Il nobile protagonista decide infatti di partecipare ad una cavalcata in maschera in cui impersona l’imperatore tedesco Enrico IV. Le cose si complicano quando cadendo da cavallo egli batte la testa ed impazzisce.  Da quel momento egli crederà di essere realmente Enrico IV e coloro che avevano partecipato alla cavalcata, tra cui Matilde Spina (la donna da lui amata) e Belcredi (il rivale in amore), decideranno di assecondarlo alimentando la sua convinzione di essere l’imperatore tedesco.

La messa in scena procede per 12 anni finché il nobile rinsavisce naturalmente. Egli però continuerà a fingersi pazzo prendendosi gioco dei compagni per altri 8 anni e vivendo la propria follia con coscienza. Al ventesimo anno di finzione, Enrico IV si ‘smaschera’ e accusa gli altri di essere dei buffoni che egli ha costretto per anni a mascherarsi per il suo mero egoismo, per il puro gusto di essere pazzo.

Il protagonista si rifugia così in una realtà tutta di finzione, una realtà di cui è lui l’artefice ed il protagonista. La maschera di Enrico IV sostituisce quella infelice del nobile che vive le sofferenze dell’amore negato da Matilde. Belcredi stesso in un dialogo affermerà:

Ma i pazzi, cari miei (non lo sanno, purtroppo) ma hanno questa felicità di cui non teniamo conto

Il privilegio dei folli

Per Enrico IV tutti fingono, in chiunque aleggia quell’aura di menzogna che porta ad indossare forme e maschere differenti, oggi rappresentando una maschera, domani un’altra, oggi venendo considerati da chi ci sta intorno buoni, domani cattivi. Solo i pazzi sono svincolati da queste catene, non necessitano di alcun tipo di maschera perché per loro il concetto di sé non conta.

Ugualmente Joker, da vittima schiacciata dal peso dei giudizi e degli scherni altrui, diviene l’uomo più temuto di Gotham City e l’artefice di una ‘rivoluzione degli emarginati’ interna alla città. Egli si è trasformato in un villain implacabile, disumano agli occhi di tutti ma finalmente felice ai propri. Ha deciso di lasciarsi sospingere e guidare dalla follia, vivendo la propria normalità senza sentirsi costretto in ciò che viene considerato ‘normale’ dagli altri.

E’ proprio Enrico IV a descrivere al meglio la fortuna di cui godono i folli e a spiegare cosa significa avere davanti un pazzo:

E’ trovarsi davanti ad uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni. I pazzi costruiscono senza logica, beati loro, con una logica che vola come una piuma, volubili, oggi così domani chissà come, voi vi tenete forte e loro non si tengono più

 

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