La fine dei Romanov, 17-22 luglio 1918

Parliamo di Storia.

La dinastia imperiale dei Romanov regnò sull’ Impero Russo per più di trecento anni. Grazie a numerosi Tsar (titolo esclusivo dell’imperatore, termine russo per Cesare) di questa casa reale, tra cui il ben noto Pietro I detto il Grande, la Russia si elevò dalla sua condizione di nazione poco sviluppata e fondata sull’agricoltura fino a distinguersi come potenza mondiale alla pari dei plurisecolari imperi della Vecchia Europa. Tristemente la famiglia acquisì la sua famigerata notorietà storica in seguito allo sfortunato regno dell’ultimo Tsar, Nicola II, e al brutale eccidio che nel 1918 comportò l’estinzione della casata.

 

Pietro I Romanov detto Il Grande

 

Alla morte del padre Alessandro III nel 1894, Nicola venne proclamato Tsar in una condizione di completa inadeguatezza al suo nuovo compito. Fino a quel momento non aveva ricevuto la benché minima preparazione al ruolo di imperatore, avendo trascorso gli anni della sua istruzione e dei primi incarichi in ambiente interamente militare, presso l’Accademia di Stato Maggiore. Lo stesso Nicola, sul letto di morte del padre, confessò di non aver mai desiderato diventare lo Tsar di Russia. La pressoché totale inesperienza del giovane sovrano nei giochi di potere e la sviante influenza della consorte Aleksandra Feodorovna (in realtà una principessa tedesca senza alcun interesse per la sorte del popolo russo), sommati all’egoistica noncuranza della nobiltà terriera verso i problemi che affliggevano la popolazione, comportarono la disastrosa gestione dei numerosi problemi che da lì a poco avrebbero afflitto la nazione.

 

La famiglia Romanov al completo

 

La solidità del governo zarista cominciò ad incrinarsi in seguito alla sconfitta nella guerra russo-giapponese del 1905: avendo sottovalutato la capacità offensiva dei nipponici, l’esercito russo subì una serie di imponenti disfatte e cadde vittima dell’impreparazione logistica, che causò migliaia di morti a causa delle malattie e degli stenti. Nicola fu costretto a firmare un umiliante trattato di pace a Portsmouth, mentre in patria il popolo si era mobilitato nella sollevazione conosciuta come Rivoluzione d’Ottobre in quanto le richieste di nuove riforme a favore della popolazione erano rimaste inascoltate. Le rivolte e le insubordinazioni contro la politica fallimentare del monarca si diffusero a macchia d’olio, includendo anche parte delle forze armate ormai allo stremo (degno di nota l’ammutinamento della corazzata Potëmkin nel Mar Nero), costringendo lo Tsar ad accogliere le richieste dei rivoltosi ed a scendere ad un compromesso per evitare il crollo della monarchia. Il 30 ottobre del 1905 lo Tsar firma il cosiddetto Manifesto d’Ottobre istituendo un parlamento a suffragio universale (Duma) e trasformando di fatto l’Impero in una monarchia costituzionale.

 

Il monaco Rasputin

 

Il decentramento del potere ed il parziale crollo del sistema non furono gli unici calvari dello Tsar, che dovette affrontare l’improvvisa malattia del figlio Aleksej (colto da una grave forma di emofilia) e l’entrata nella corte del monaco siberiano Grigorij Efimovič Rasputin, chiamato dai coniugi Romanov stessi nel 1906 per cercare di curare il figlio e salvare l’unico erede maschio. Rasputin approfittò del miglioramento dello zarevic Aleksej per entrare in stretto contatto con la zarina Aleksandra ed ottenere grande potere e privilegi, arrivando a condizionare le decisioni politiche interne dello Tsar e gettando la reputazione dei Romanov sotto una pessima luce.

 

Il rovescio definitivo che segnò il destino dei Romanov fu l’entrata nella Prima Guerra Mondiale nel 1914: con l’esercito ancora in estrema impreparazione per un conflitto in larga scala (la maggior parte dei soldati erano contadini non addestrati e mal equipaggiati) e l’opinione pubblica profondamente minata dall’economia annaspante, Nicola II prese la decisione di guidare personalmente le truppe al fronte, lasciando di fatto il governo alla zarina e alla malevola influenza che Rasputin aveva su di lei e su di tutta la famiglia regnante. Fu una decisione dalle conseguenze catastrofiche: l’esercito non fu in grado di sostenere la brutalità del nuovo conflitto e subì pesanti sconfitte ritirandosi dal fronte, la popolazione era ormai in aperta rivolta per via del dilagante malcontento e della pessima reputazione dei Romanov e la stessa Duma aveva cominciato ad opporsi alle direttive dei ministeri zaristi. Rasputin venne assassinato nel 1916 per cercare di ripristinare l’immagine dei regnanti, ma ormai era troppo tardi. Con la Rivoluzione di Febbraio del 1917 i bolscevichi e i militari si rivoltarono nella capitale Pietrogradodeposero lo Tsar, dando di fatto inizio alla Guerra Civile Russa e all’ascesa dell’ Unione Sovietica.

 

Lenin marcia su Pietrogrado affiancato da militari e sostenitori nel febbraio del 1917

 

Mentre i Romanov venivano imprigionati, venne istituito un governo provvisorio che siglò l’armistizio con gli imperi centrali il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk, facendo di fatto uscire la Russia dal conflitto a causa dell’imperversare degli scontri fra i comunisti guidati da Lenin e le truppe ancora fedeli allo Tsar. Nicola II e la sua famiglia, dietro la falsa promessa di liberazione e salvacondotto in Inghilterra presso il re Giorgio V (cugino dello Tsar) il 17 luglio 1918 vennero condotti dalle truppe inviate dal soviet di Ekaterinburg  in un casolare isolato e sommariamente giustiziati in un esecuzione che durò più di venti minuti. Persero la vita Nicola II, la moglie Aleksandra, il medico Botkin, l’inserviente Trupp, il cuoco Charitonov, poi i cinque figli, Ol’ga, Tatijana, Marija, Anastasija, Aleksej e la dama di compagnia Anna Demidova. L’ultima dinastia degli Tsar era definitivamente estinta.

 

Il luogo dell’esecuzione. I membri che non morirono sotto il fuoco dei fucili (in particolare alcuni dei figli) furono passati alla baionetta. Notare il muro sfaldato dai proiettili

 

Le peripezie e la fine dei Romanov segnarono non solo l’inizio di un nuovo capitolo della storia russa, ma entrarono solidamente anche nell’immaginario popolare grazie al fascino dei personaggi coinvolti nelle loro vicende: per tutto il secolo successivo centinaia di persone si spacciarono per membri dei Romanov scampati agli eccidi del 1918-19 (tra cui anche lo zarevic Aleksej e la figlia Anastasija) e comparvero numerose produzioni cinematografiche e letterarie ispirate agli eventi.

Con la caduta dell’Unione Sovietica e l’avvento della Federazione Russa nel 1991, il presidente Boris Yeltsin riabilitò la memoria dei Romanov (fino a quel momento demonizzati dalla propaganda sovietica) e descrisse il loro eccidio come una delle pagine più vergognose della storia della Russia moderna.

 

Andrea Vigorito