La felicità e la quiete valgono lo ‘scavalcare anche Dio’?

Il viaggio verso una terra del sogno, l’Ideale, priva della scontentezza per la limitatezza umana è da sempre topos letterario. Un luogo paradisiaco dove l’animo dell’uomo possa finalmente sentirsi in pace è sempre stato il sogno dei grandi poeti. Tormentati da quell’insufficienza esistenziale che è il mondo reale, hanno tutti cercato un modo per fuggirvi. O almeno, per tentare di farlo. Probabilmente perché, indagatori di animi, hanno saputo leggere l’insoddisfazione negli occhi di coloro che li circondavano, e, come scienziati, ne hanno cercato una cura.

Charles Baudelaire

Una cura ed una causa, così da sradicare per sempre quel mal di vivere (come lo chiamava Montale) dall’esperienza umana. Ed in questa ricerca spasmodica alcuni più di altri hanno lasciato la loro impronta. Come Charles Baudelaire, che è stato in grado non solo di descrivere questa ricerca, ma anche di creare una retorica su di essa e di dar voce ad ogni tipo di essere umano. Perché in fondo ogni persona sogna il senso della pace e l’armonia. Altrimenti, non se ne sarebbe scritto, non così tanto. Ma Baudelaire ancora si distingue, in quanto è anche colui che identifica i mezzi che l’uomo potrebbe usare per sfuggire dal mondo disarmonico. Il francese è quello che si chiede quanto ciascuno è disposto a fare per quel sogno perduto. Fino a dove si può spingere l’uomo per trovare il suo Ideale?

 

Il problema metafisico e le vie di fuga dal reale

Si parla di Ideale perché, almeno nella concezione Baudelairiana, è questo ad essere l’altra faccia della medaglia quando si parla dello spazio spirituale dell’uomo rispetto allo Spleen. Proprio di quest’ultimo l’uomo è prigioniero: la Noia per Leopardi, la maschera per Pirandello, il malessere esistenziale per Montale. Una prigione di realtà che però lascia la porta socchiusa verso uno spiraglio di libertà, di assoluto, di infinito. È questo ciò che intravede Giacomo Leopardi oltre quella siepe claustrofobica. Un luogo dove l’uomo può essere infinito, senza il tempo, il dolore. Dove può essere, finalmente, felice.

È questo che ogni essere umano sogna e spera per se stesso. Tuttavia, nel mentre della ricerca di questa particolare isola che non c’è, l’uomo non può che chiedersi perché, nonostante quel luogo mistico, lui debba vivere in quello che Baudelaire definirebbe -in una parola- il Male. A causa di questa coscienza risvegliata, di questo problema metafisico (dove a metafisico corrisponde il termine assoluto), l’essere umano ha difficoltà ad accettare la sua situazione. È qui che il ‘poeta maledetto’ per eccellenza entra in gioco. Esso si chiede: ‘Cosa occorre per evadere definitivamente, o almeno temporaneamente, da questo malessere così opprimente?’.

‘Notte stellata sul Rodano’ di Van Gogh. Per Baudelaire, il viaggio per mare rappresenta una via di fuga dallo Spleen

Il francese risolve con l’identificazione dell’Immaginazione come regina delle facoltà, quella che porta a creare l’Arte. Arte che ferma il maligno Tempo, Arte che cattura bellezza, Arte che ricrea l’originale armonia cosmica che lo Spleen ha frantumato. L’Arte mette in pausa l’animo dell’uomo, impedendogli di ricordare il suo dolore esistenziale. Ma essa non è la sola in grado di compiere questa azione. Così è il vino, così sono le sostanze stupefacenti, così è il viaggio. Così è l’Artificiale, ciò che è anti-naturale e che quindi sconfigge la natura maligna che ha fatto germogliare nell’uomo l’idea dell’Infinito, privandolo della possibilità di raggiungerlo.

 

La double postulation, la doppia postulazione

Non tutti questi metodi, però, possono essere considerati con leggerezza ‘etici‘. L’ubriachezza, la condizione di incoscienza lasciata dalle droghe, la perversione addirittura. Tutti questi suggerimenti schiacciano l’etica, che si vede inutile. Qui entra in gioco, finalmente, la domanda: ‘Fino a dove si può spingere l’uomo per trovare il suo Ideale?’.

Si è disposti ad abbandonare ogni forma di eticità, accogliendo dentro di noi quella double postulation di cui parla Baudelaire? Secondo lui, infatti, l’uomo, nella sua ricerca dell’assoluto, sarebbe sospeso tra due infiniti, cioè tra una soluzione ‘infernale’ ed una ‘mistica’. Entrambe possono essere valide per raggiungere la pace, ma solo una è da considerarsi eticamente corretta. L’uomo è in grado di abbracciarle entrambe in nome dell’Ideale, o al contrario, preferisce spendere la sua vita nel dolore, ma rimanendo puro?

‘Il Naufragio di Don Giovanni’ di Delacroix, opera a cui Baudelaire si sarebbe ispirato per la sua ‘Don Giovanni all’Inferno’, dove viene descritto il tipico homo baudelairianus

L’homo baudelairianus è senza alcun dubbio colui che è mosso da una totale indifferenza etica, focalizzato solo a raggiungere il suo obiettivo. Esso è colui che rimane calmo davanti all’inferno, perché è del tutto consapevole che è proprio quell’ammasso di lava e fiamme a poterlo salvare dall’insufficienza esistenziale in cui è costretto. Ma è anche quello che è pronto a ‘scavalcare Dio’, ispirandosi a Niccolò Agliardi che nella sua Dante, presenta il celebre poeta fiorentino che cerca con ogni mezzo un modo per farsi ricordare e trova bello, finalmente, poter decidere da sé e, appunto, ‘scavalcare anche Dio’.

Secondo Baudelaire, in conclusione, la felicità non ha prezzo, neanche quello della dannazione.