Vi è mai capitato di osservare un’immagine e avere la sensazione che i disegni si muovano? Di osservare un disegno con un amico e vedere due diversi soggetti ritratti nella stessa immagine? Sono tutte illusioni ottiche: immagini che sono in grado di ingannare la nostra mente.
Questione di punti di vista?
Avete mai letto”Il piccolo principe“? È un libricino commovente che racconta la storia di un bambino, principe e unico abitante del suo piccolo pianeta. Stanco di starsene lì da solo con la sua rosa bisognosa di continue attenzioni, intraprende un lungo viaggio in cui esplora diversi pianeti (terra compresa). Se l’avete letto, ricorderete che il narratore di tutta la vicenda è un aviatore che aveva incontrato il Piccolo Principe e da lui aveva romanticamente ricominciato ad interpretare la vita con gli occhi di un bambino innocente. Non voglio trattare dei profondi significati che si riscoprono ogni volta che si intraprende questa lettura, ma piuttosto delle pagine iniziali del libro. L’Aviatore ricorda che quando era bambino, prendendo spunto da un libro sulla natura, aveva disegnato un elefante che veniva digerito da un boa. Si accorse però che gli adulti a cui mostrava il disegno ‘vedevano’ un’altra cosa. Gli adulti vedevano un cappello marrone. La spiegazione che il libro dà della diversa interpretazione è che i grandi non hanno fantasia (ovviamente!). E se non fosse così?

Avete mai sentito parlare di illusioni ottiche? Sono immagini in grado di ‘ingannare’ il nostro cervello. Guardando queste immagini vediamo cose che non esistono, movimento dove c’è staticità, grandezze e colori differenti in base alla disposizione delle forme e delle cromature nella pagina. Un esempio molto semplice di illusione ottica è la prospettiva usata per dare profondità ai quadri: grazie all’aiuto di linee guida e ad un uso corretto del colore, siamo in grado di far sembrare tridimensionale qualcosa che, in realtà, ha due dimensioni.

I quadri surrealisti di Rob Gonsalves sono un perfetto esempio di illusioni ottiche costruite ad hoc anche grazie alla prospettiva.
Come si inganna il cervello?
La Gestalt è forse la corrente di psicologica che più ha reso famose le illusioni ottiche. Basata sullo studio della percezione e delle esperienze, si fonda sul principio secondo cui “L’insieme è più della somma delle sue parti“. Osservando il Triangolo di Kanizsa siamo portati a completare le figure che compongono l’immagine strutturandola in due triangoli sovrapposti e tre sfere di colore nero interrotte dai vertici di uno dei due triangoli. In realtà nessuna di queste figure viene effettivamente disegnata, ma il nostro cervello è portato a completarle secondo schemi che ha immagazzinato dall’esperienza percettiva vissuta in precedenza.

Ma cosa accade a livello cerebrale? John Pettigrew ha proposto una teoria secondo cui gli emisferi cerebrali, scontrandosi durante il processo di elaborazione dell’immagine, cercano di imporre ognuno la propria interpretazione. Guardando il Vaso di Rubin ad esempio siamo in grado di distinguere il contorno di un vaso bianco al centro dell’immagine, o due visi di profilo di colore nero. Benché siano i profili stessi a determinare i contorni del vaso (o le linee di contorno del vaso a determinare i contorni dei profili, dipende da come lo si guarda) non siamo in grado di percepire le due immagini contemporaneamente. Quando vediamo chiaramente il vaso, i visi fungono da sfondo e viceversa.

Dopo che l’immagine colpisce la retina, viene trasportata agli emisferi che iniziano ad elaborala. L’elaborazione viene plasmata secondo le esperienze pregresse e, da un’immagine senza senso come quella del Triangolo di Kanizsa vengono ricostruite forme, dimensioni e sfumature di colore che contribuiscono a dare un senso all’immagine. Quando la figura si compone di due parti (come il Vaso di Rubin) un emisfero si impone a turno sull’altro facendo “apparire” prima un’immagine e poi l’altra. Anche Pettigrew come la scuola gestaltista sottolinea il ruolo fondamentale dell’esperienza nell’interpretazione delle figure. Dalle teorie psicologiche si comprende facilmente che l’illusione ottica di cui facciamo esperienza altro non è che un inganno che la nostra mente mette in atto per completare le immagini.
Forse allora, gli adulti non mancavano di immaginazione quando interpretavano come un cappello il disegno dell’Aviatore, ma semplicemente seguivano l’elaborazione ingannevole che dava dell’immagine il loro cervello. Che vediate un vaso, due visi, un elefante nell’apparato digerente di un boa o un noioso cappello marrone, le illusioni ottiche rimangono uno dei modi più curiosi e divertenti con cui la nostra mente viene confusa.
Valentina Brina