Il teatro moderno tra catarsi e rivisitazione

Sarà in tournée fino all’undici dicembre la compagnia teatrale milanese Eco di Fondo e porterà in giro per i vari teatri alcune opere unite tutte dallo stesso intento: rileggere miti e fiabe celebri per parlare di temi attuali, urgenti e al contempo scomodi.

La Sirenetta si taglia la coda, questo l’originale finale che una promettente compagnia teatrale milanese ha dato alla famosa fiaba, proiettando problemi odierni nel teatro, cercando di recuperare quella catarsi che caratterizzava il teatro greco.

La storia della famosa fanciulla nella fiaba di Anderson, una delle più rappresentative della sua mente geniale, resa particolarmente celebre dall’omonimo film della Disney, la conosciamo tutti: la Sirenetta sale in superficie per vedere il mondo degli umani, come viene tradizionalmente concesso quando si compiono i quindici anni di età, vede un principe e si innamora di lui. Durante una tempesta il giovane è in grande difficoltà e la Sirenetta lo porta in salvo, ma avendo egli perso i sensi non può vederla.

No, non doveva morire! Nuotò tra le assi e i relitti della nave, senza pensare che avrebbero potuto schiacciarla, si immerse nell’acqua e risalì tra le onde finché giunse dal giovane principe, che quasi non riusciva più a nuotare nel mare infuriato. Cominciava a indebolirsi nelle braccia e nelle gambe, gli occhi gli si chiusero; sarebbe certo morto se non fosse giunta la sirenetta. Lei gli tenne la testa sollevata fuori dall’acqua e con lui si lasciò trasportare dalla corrente dove capitava.

Desiderava ardentemente avere un corpo umano e poter coronare il suo sogno d’amore. Perciò si reca da una strega la quale le concede sembianze umane in cambio della sua bellissima voce e a condizione che il principe la sposi, in caso contrario si trasformerà in schiuma di mare. Il principe alla vista della fanciulla si innamora, ma la Sirenetta non potendo parlare non è in grado di trasformare l’attrazione che il principe prova per lei un vero amore.

Una grande tristezza la tormentava notte e giorno: il principe l’amava, ma come una sorella, un’amica… essendo muta, si confidava molto con lei, sicuro che avrebbe mantenuto il segreto.
Il principe pensava che le lacrime che brillavano negli occhi della ragazza, fossero lacrime di compassione e le era riconoscente.

Le sorelle della giovane trovano un contro-incantesimo: ella dovrà cospargersi i piedi con il sangue del principe uccidendolo, ma data la potenza e la sincerità del suo amore ella si rifiuta di farlo. Il principe sposerà la figlia del re del villaggio vicino e la Sirenetta si lancerà in mare dissolvendosi in schiuma. La sua bontà viene però premiata, anziché morire, la Sirenetta diventa una figlia dell’aria, con la promessa di ottenere un’anima e volare in Paradiso dopo 300 anni di buone azioni. Ma per ogni bambino buono che riuscirà a trovare le verrà risparmiato un anno di attesa; per ogni bambino cattivo invece piangerà, e aggiungerà un giorno per ogni lacrima.

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La celebre fiaba di Andersen viene riletta come metafora dell’identità sessuale. La rivisitazione parla di un’adolescente che per un gesto d’amore rinuncia alla sua stessa essenza: la sua coda (essa non le permette di camminare, fa ribrezzo ai suoi simili) nel disperato tentativo di essere accettata, nel disperato tentativo di essere amata.

La compagnia è patita dalle lettere di ragazzi adolescenti che hanno deciso di togliersi la vita perché non si sentivano accettati per la propria sessualità. Adolescenti che hanno rinunciato alla loro voce per chissà quanto tempo. Sul loro sito si legge “La Sirenetta obbliga a riflettere sull’amore, quello più difficile, quello verso sé stessi ed il corpo che si abita.” Un atto di accusa nei confronti di una società piena di pregiudizi, primo tra tutti quello verso l’omosessualità (che si può rivedere come tratto autobiografico dello stesso autore Andersen nella celebre fiaba).

Il secondo titolo rivisitato è “Orfeo ed Euridice“, la cui storia è stata infinitamente di ispirazione per numerosi artisti. Il mito trova la sua origine nelle “Georgiche” di Virgilio e nelle “Metamorfosi” di Ovidio. L’immenso amore tra due giovani sposi: Orfeo (sublime musicista) e Euridice (bellissima Ninfa) viene spezzato prematuramente da un morso di un serpente che colpisce la giovane mentre scappa da uno spasimante (Aristeo) e la uccide. Orfeo disperato decide di scendere negli inferi per riprendersi la sua amata. Con la sua lira riesce a incantare Caronte e Cerbero arrivando ai due sovrani degli inferi (Ade e Persefone). Gli viene concesso di riportare Euridice nel mondo dei vivi esclusivamente se precederà la sua amata per tutto il tragitto senza mai voltarsi a guardarla. Ma proprio sulla soglia Orfeo si voltò perché convinto di essere ormai del tutto fuori; Euridice, che però non era ancora uscita, scomparve per sempre. E’ un mito che tratta di fedeltà all’amore, amore che però non potrà vincere la morte. Orfeo è dilaniato dal sentimento, i suoi canti sono diventati lamenti di morte. La storia mostra quanto l’amore possa rendere, folli, tenaci; ma comunque sempre insignificanti davanti alla morte, che non può essere negata nonostante tentiamo di farlo con tutte le nostre forze.

“E se lei ritornasse?
E se lei si svegliasse un giorno?
E se un mattino aprisse gli occhi?
E’ il tuo canto che la tiene in vita?
Lasciarla andare significa ucciderla?
O è lasciar andare la tua di speranza?
Lasciarla andare significa ucciderla?
O è il canto di amore più straziante?
Il gesto più puro, l’amore che si afferma nella perdita?
Orfeo è rauco. Euridice è sorda.”

La storia è stata completamente rivisitata dalla compagnia che ha trasformato Orfeo in un giovane che vorrebbe lasciar morire l’amata ridotta a un vegetale a seguito di un incidente automobilistico, trattando temi come l’accanimento terapeutico e l’eutanasia.

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Le rivisitazioni non sono esattamente fedeli a testi originali, e il messaggio originale potrebbe non essere completamente mantenuto, ma questo per il semplice fatto che la società contemporanea non coincide con quella descritta in quelle opere per cui anche i suoi problemi sono di natura, in un certo qual modo, differente. Al contempo il fatto che si possa parlare a millenni di distanza della stessa catarsi teatrale di cui parlava Aristotele nella Poetica, dimostra che per quanto possano essere mutati la società e il contesto l’uomo è sempre unito dallo stesso comune denominatore, non cambiano le passioni, le paure, i timori e le debolezze che caratterizzano il genere umano.

-pincorno