Il tatuaggio, simbolo antico e moderno di un bisogno primordiale: esprimersi

Nel 2019 il tatuaggio è una realtà più che consolidata. Molti ne hanno più di uno. Ma vediamone la storia!

Osteggiati o amati fino all’ossessione, piccoli simboli nascosti o grandi immagini che rendono un corpo la tela perfetta, i tatuaggi hanno una lunga storia ed una grande diffusione. Sono stati accostati a modelli di tendenza, ai delinquenti, agli attori famosi e persino alle sette. Ma quale diritto fondamentale sta dietro a questa antica e sfaccettata usanza? In che modo questo diritto, il diritto di esprimersi e di scegliere il proprio stile, viene esercitato nei secoli attraverso i tatuaggi? Qual è la verità, qual è la storia di questo affascinante oggetto antropologico, che per l’appunto, parla dell’uomo? Cerchiamo di tratteggiarne i punti salienti.

Dal proibizionismo alla larga diffusione, quali sono le antiche attestazioni del tatuaggio.

Forse quello che molti non sanno è che il tatuaggio non è affatto un’invenzione moderna. I primi ritrovamenti di qualcosa del tutto simile ad un tatuaggio risalgono a dei simboli, con valenza terapeutica, ritrovati sulla mummia dell’uomo di Pazyryk, in Asia. Sebbene sin dai tempi dell’Impero di Roma la religione Cristiana vietasse l’uso di questi simboli, è attestato che agli inizi della diffusione del cristianesimo, i suoi discepoli utilizzavano i tatuaggi come simboli religiosi che attestassero in maniera indelebile la loro fede. In altre religioni sono permessi solo i tatuaggi semi-permanenti fatti con l’henné, come nel caso del Mehndi, tatuaggio che viene fatto sulle mani delle spose indiane, prima del rito del matrimonio. Per quanto riguarda il divieto di tatuarsi, tuttavia, promulgato da parte di svariate religioni, risulta chiaro quanto il tatuaggio sia per lo più osteggiato in tali contesti. Anche per questo, spesso il tatuaggio diventa il principale strumento di “appartenenza” di molte sette, sataniche e non, che lo utilizzano in maniera del tutto impropria, diffondendo perciò anche molti pregiudizi verso chiunque possegga dei tatuaggi, sebbene la maggioranza di essi siano assolutamente slegati dal contesto del satanismo.

Il tatuaggio ed i suoi stili: una vera e propria Arte.

Qualsiasi sia la valenza che esso assuma, oggi il tatuaggio è una vera e propria forma d’arte, anche piuttosto complicata. Per i tatuatori esiste una lunga formazione, che prevede l’apprendimento dei vari stili di disegno, come l’Old school, anche detto “tatuaggio tradizionale”, spesso legato a simbologie marittime. Questo stile è molto collegato all’usanza che avevano i marinai americani, di tatuarsi sul corpo qualcosa di significativo, come il nome di un grande amore o dei parenti, prima di partire per un lungo viaggio. Ecco perché tutt’oggi lo stile tradizionale ricorda molto i tipici tatuaggi marinareschi. Abbiamo molti altri stili, come il New school, lo stile Realistico, quello Tribale, che riprende antichi riti degli Indigeni stanziati nelle varie isole del Pacifico. Successivamente nascono anche il Biomeccanico, il Lettering, lo stile Giapponese e molti altri.

Qualsiasi sia la scelta, ogni tatuaggio è assolutamente personale e spesso racchiude in sé grandi significati, cose che, appunto, si vogliono imprimere sulla propria pelle a vita, per non dimenticarle più. Ciò che spesso ci segna nell’animo, viene riportato sulla pelle, in maniera molto poetica e sicuramente artistica.

Perché spesso si pensa, in maniera pregiudizievole, al tatuaggio come simbolo di delinquenza.

Il tatuaggio non è solo un elemento soggettivo e personale, spesso rappresenta un elemento di comunione, di appartenenza. Oggi è molto diffuso l’uso del tatuaggio “di coppia” tra amiche, fidanzati, sorelle e così via. Ma da dove viene il pregiudizio secondo cui il tatuaggio è un elemento “tipico” dei carcerati o associato alla delinquenza? È risaputa l’esistenza, all’interno delle carceri, di “gruppi” o gang, che in qualche modo garantiscono ad ogni detenuto una certa protezione e appartenenza. Per marchiare questa appartenenza, è altrettanto diffuso l’uso del tatuaggio come simbolo di gruppo, simbolo che dà un immediato riconoscimento visivo, naturalmente fatto clandestinamente e con metodi del tutto poco sicuri. Poi c’è il cosiddetto “tatuaggio criminale”, utilizzato proprio come “carta d’indentità” all’interno di organizzazioni criminali, che fornisce informazioni sulle abilità e sull’appartenenza di quel dato componente ad una banda o ad una organizzazione a delinquere.

Tuttavia il tatuaggio non è sempre un fatto prettamente artistico, religioso o criminale. Il tatuaggio veniva spesso, soprattutto in zone di guerra, utilizzato per identificare all’istante determinate condizioni mediche di pazienti degli ospedali militari sul campo, in modo tale che anche in caso di incoscienza, il medico venisse a conoscenza dell’allergia o della data patologia di quel paziente.

Nella storia il tatuaggio ha avuto anche un ruolo assolutamente atroce, se pensiamo al modo in cui i prigionieri dei campi di concentramento ideati da Hitler e dai suoi seguaci, venivano marchiati e identificati al loro ingresso.

Pregiudizi ed ignoranza, quando un tatuaggio diventa la scusa per emarginare qualcuno.

Abbiamo visto che i tatuaggi sono principalmente opere artistiche, scelte di stile personali come possono essere i buchi alle orecchie o le tinte per capelli. Certo, l’uso del tatuaggio nei contesti infelici che abbiamo appena visto può far storcere il naso, ma ciò non significa che ogni tatuaggio sia simbolo di malignità e delinquenza. Eppure molte menti bigotte, per ignoranza o per cattiveria, tendono spesso ad additare coloro che scelgono di avere un tatuaggio, senza che ci sia una effettiva colpevolezza. Basti pensare al fatto che ci sono alcune regole ferree se si desidera trovare un lavoro, che escludono i tatuaggi in zone visibili. O che molti membri all’interno della Chiesa tendano a guardare una persona tatuata come fosse l’incarnazione del demonio, quando magari, invece, sul tatuaggio di quella persona potrebbe esserci rappresentata una farfalla, il simbolo della pace, il nome di un genitore e così via. Come per ogni cosa, il tatuaggio è uno strumento d’espressione che può essere usato tanto senza malizia quanto con malignità. Per scopi innocenti o per scopi criminali e malati. Ma lo strumento in sé non è assolutamente da condannare e porta al suo interno una lunga e affascinante storia, sin dalla prima antichità, come abbiamo visto. Perciò, che sia un tatuaggio, o la tinta viola, o dei vestiti di colori sgargianti, che si scelga di andare in giro vestiti da fenicotteri o totalmente in nero, che ci si tatui una farfalla microscopica o una tigre a dimensione naturale, la cosa importante è una soltanto: lasciare a tutti la possibilità di esprimersi, senza giudicare, perché la libertà d’espressione è un diritto di tutti.

 

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