I talebani mettono a tacere le donne: ecco 5 figure femminili che cantano per loro

Contro la nuova legge afghana che impedisce alle donne di far sentire la loro voce, ecco 5 canti veramente pericolosi.

Di recente in Afghanistan, la nuova legge dei talebani vieta alle donne di far sentire la loro voce in pubblico e anche di partecipare a cori e quindi di cantare in pubblico. Come dice anche Caterina Caselli “il canto è la voce dell’anima e anche gli schiavi potevano cantare, seppure con le catene ai piedi”. Vietare la possibilità di emettere un suono è l’ennesimo gesto atroce proveniente dai talebani afghani. L’appello della cantante italiana è rivolto alle donne delle società libere, che potendolo fare, devono alzare la voce e farsi sentire. La pericolosità della voce è forse qualcosa di noto, ma ecco 5 canti di figure femminili nella letteratura che si sono rivelati davvero pericolosi, nel senso più stretto.

1. Il canto delle sirene nell’Odissea

Il canto più famoso è probabilmente quello delle sirene, che incantano i marinai e li portano così alla morte. Nell’Odissea le sirene sono figure pericolose, di certo non come vengono rappresentate nei più recenti film della Disney. La loro voce porta l’uditore a volerle andare incontro e una volta avvenuto, esse trascinano la vittima sott’acqua per annegarlo. Per evitare questa fine, Ulisse ordina ai suoi uomini di tapparsi le orecchie con della cera. Però, egli affascinato e curioso di ascoltare la voce delle sirene, si fa legare, con le orecchie libere. Si dimenerà e ordinerà ai suoi uomini di liberarlo quando sente il canto, ma fortunatamente i suoi uomini non eseguono gli ordini provenienti da un Ulisse fuori di sé.

2. Il canto di Circe nell’Odissea

Sempre nell’Odissea, un’altra figura femminile che sfrutta il suo canto è proprio la maga Circe. Proprio come dice il suo epiteto, attraverso la voce, ma anche attraverso la magia, Circe inganna gli uomini e li attira verso la propria dimora. Una volta lì, gli uomini verranno trasformati in maiali, finendo quindi imprigionati dalla donna. Ulisse stesso, seppur non trasformato in animale, passa un anno intero insieme a Circe (anche se in maniera volontaria). Il canto della maga diventa quindi un simbolo di inganno e controllo soprannaturale.

3. Il canto delle Parche

Spostandoci dalla Grecia verso la latinità, nelle “Metamorfosi” di Ovidio è presente il canto delle Parche. Esse sono figure legate al destino, che tessono i fili del fato. Cantano i destini dell’uomo e nel frattempo intrecciano i fili, misurando, filando e infine tagliando il filo. Sono la rappresentazione dell’ineluttabilità del destino umano e il loro canto è intriso di un potere cosmico. Queste figure erano presenti in tutti i miti dell’antichità: in Grecia erano conosciute come Moire e avevano lo stesso compito. In entrambi i casi, il loro canto è una narrazione profetica, in un certo senso atta anche all’intrattenimento degli altri dei dell’Olimpo, specialmente di Giove (così come accade nelle Metamorfosi).

4. Il canto di Morgana

Andando avanti, verso il ciclo bretone, il potere della fata (o maga) Morgana è sicuramente noto. Tramite il suo canto, la strega poteva incantare e trarre in inganno chiunque osasse entrare nel suo regno. Come figura maligna opposta ala figura di Merlino, che invece risultava la guida e il mago del bene, Morgana si costruisce una fama all’interno del ciclo arturiano. Sin dagli albori dei racconti dei cavalieri della tavola rotonda, il suo canto è descritto come capace di alterare la realtà, inducendo le sue vittime in illusioni o sogni, rischiando di farli perdere in un mondo onirico, rinunciando alla realtà per molto tempo. In quasi tutte le versione del ciclo, Morgana si rende un’antagonista perfetto per l’eroe.

5. Il canto di Ofelia

Anche William Shakespeare dà voce a figure femminili. Ofelia, l’innamorata di Amleto e sorella di Laerte, impazzisce nel mezzo del racconto e nel descrivere la sua pazzia, Shakespeare le fa cantare una serie di canzoni popolari e frammenti poetici. Questi canti, che spaziano da motivi amorosi a temi funebri, riflettono il suo stato mentale e la sua sofferenza. Le sue canzoni, apparentemente frammentarie e sconnesse, rivelano però profondi sentimenti di dolore, perdita e confusione, rendendo la sua voce un potente mezzo di espressione emotiva, per la perdita del padre e per il rifiuto amoroso da parte di Amleto.

Certamente, l’ultimo canto non risulta affatto pericoloso in sé. Si tratta dell’espressione del sentimento più profondo di una donna. Ed è per questa ragione che bisogna alzare la voce laddove si può. Non si può mettere a tacere un’intera categoria. Si rende necessaria la voce di altri per coloro che attualmente non possono farlo.

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