A partire dagli anni ’80 del secolo scorso il filosofo francese Michel Foucault ha offerto una rilettura della filosofia antica, in particolare di quella fiorita nel periodo ellenistico e romano-imperiale, alla luce della nozione di ‘cura di sé’.
Secondo Foucault alla base della filosofia antica, dunque, non ci sarebbe l’imperativo socratico ‘conosci te stesso’, bensì l’esortazione ‘cura te stesso’, secondo il quale la filosofia sarebbe un vero e proprio filoso-fare, cioè una disciplina teorica e pratica al tempo stesso, orientata alla costruzione di un soggetto capace di resistere alle avversità della vita. Non, quindi, un sapere disincarnato e privo di legami col mondo degli umani fatti di carne e sangue, ma un sapere funzionale a questi.
Il filosofo francese, infatti, analizzando soprattutto i testi degli Stoici, ritiene sia possibile scorgere un costante interesse di questi filosofi per il benessere del soggetto. In particolare, questi autori sembrano voler fornire un sistema di conoscenze e di pratiche, di esercizi, capaci di disciplinare l’uomo, il quale, così facendo, sarà capace di destreggiarsi in una vita piena di insidie e dolori. Basti pensare al saggio stoico, il cui obbiettivo consiste nel raggiungimento dell’atarassia, cioè nel raggiungimento di uno stato in cui non si può essere turbati dai fatti del mondo.
Quello che sembra delinearsi è, quindi, l’idea di una filosofia assolutamente pragmatica, interessata ad intervenire concretamente sulle azioni dell’individuo per soddisfare i suoi bisogni.