Tra centinaia di peccatori della “Divina Commedia”, uno dei più noti è il conte Ugolino con la sua oscura storia.

Occupiamoci di assolvere il conte imputato di essersi cibato delle carni dei figli e dei nipoti e per questo ingiustamente ritenuto, per secoli, empio di tecnofagia.
UGOLINO DELLA GHERARDESCA: STORIA DI UN TRADITORE TRADITO
E’ il IX cerchio dell’Inferno: nella Zona Antenora sono puniti i traditori della patria, immersi nel ghiaccio fino al collo e con il capo chino; come in vita essi macchinarono freddamente il tradimento raggelando il loro animo e privandolo del calore della carità, così ora sono immersi nel Cocito, il fiume di ghiaccio. Tra le anime sofferenti che il Sommo poeta può incontrare si trova l’austero conte Ugolino: nato da un’antica famiglia feudale ghibellina attorno al 1210, si avvicinò alla lega guelfa e partecipò alla battaglia navale della Meloria (1284), dove fu sconfitto. Dopo tale disfatta egli ottenne a Pisa pieni poteri, cedette a Firenze e a Lucca, città nemiche, alcuni possedimenti per garantirsi la loro neutralità. Ugolino ottenne la nomea di “traditore” in seguito ad un’alleanza tattica che ledeva la patria con l’arcivescovo Ruggieri; ma, nello stesso anno, lo stesso Ruggieri lo tradì a sua volta, non è certo se tramite un voltafaccia o una finta promessa di accordo. L’arcivescovo sobillò il popolo contro Ugolino che venne dunque rinchiuso nella torre della Muda con figli e nipoti e lì lasciati morire di fame.

STORIA DI UN MASSACRO: UGOLINO SBRANA I SUOI FIGLI
Nella vicenda di Ugolino pare esserci un’applicazione del meccanismo del contrappasso già in vita: come egli tradì la patria, città di cui era figlio, ora è costretto a tradire i suoi stessi figli. Secondo quanto riportato, infatti, Ugolino fu rinchiuso nella torre insieme a due figli e due nipoti che Dante descrive come giovani fanciulli, per sottolinearne l’innocenza e per acuire il senso di bestialità dell’atto, ma è invece indubbio che i giovani fossero ormai trentenni e non certo immuni da faziosità politica; il motivo di tale abbassamento anagrafico non è da ricondurre a pietà ma al desiderio del poeta di restituire una chiara rappresentazione di quello che era il male dilagante nella penisola. Dante racconta di come, durante la notte, il conte faccia un sogno nel quale vede una lupa tentare invano di sottrarre i suoi piccoli alle grinfie di cagne affamate: destatosi, il conte si rivela per il padre totalmente assente che è, incapace di adempiere al suo dovere di aiutare i propri figli che stano piangendo e implorando del pane. E’ un padre statico, ieratico, che scruta con occhi impotenti il dolore della prole, tanto da spingerla a chiedere “Tu guardi sì, padre! Che hai?” (“Ci guardi in modo strano, padre! Che cos’hai?”). Ugolino è zitto, immobile, non interviene nemmeno davanti all’estrema richiesta di aiuto “Padre mio, ché non m’aiuti?”, frase cruda, estremamente vicina alle ultime parole di Cristo in croce “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. E’ alla fine del colloquio con Dante che il vecchio conte confessa il suo più reo peccato: essere morto di fame e non di dolore per la perdita dei figli che vide uno ad uno morire tra atroci sofferenze.
SI FACCIA LUCE SU QUESTA OSCURA VICENDA
Sebbene i versi danteschi siano piuttosto enigmatici, la cultura popolare ha ritenuto e tutt’ora ritiene che Ugolino si sia realmente cibato delle carni dei suoi figli; secondo J. L. Borges, dal momento che l’incertezza caratterizza l’ambiguo mondo dell’arte, Dante ha voluto che noi lettori sospettassimo la tecnofagia senza chiaramente averne conferma. Tuttavia, più recenti studi e deduzioni, hanno escluso l’atto di cannibalismo: innanzitutto i cinque cadaveri vennero prelevati dalla torre a nove giorni dalla reclusione e, se Ugolino si fosse cibato dei figli, sarebbe sopravvissuto più a lungo; le fonti del tempo, in aggiunta, non fanno riferimento a cadaveri mutilati. Le analisi dei presunti resti di Ugolino hanno rivelato poi tracce di magnesio ma non di zinco, elemento che sarebbe stato certamente presente nel caso in cui fosse stata consumata carne nei giorni antecedenti al decesso. Vi sono poi chiari segni di inedia su ciascun corpo: Ugolino inoltre era anziano e quasi del tutto privo di denti al momento della cattura, questo rende ancora più improbabile e difficoltoso il tentativo di sbranare carni.