Fino a non molto tempo fa, le diagnosi di tumori erano definitive: a meno di un intervento chirurgico, il più delle volte non possibile, le uniche cure disponibili erano radioterapia e chemioterapia, che avevano però un impatto non indifferente sui soggetti, e non sempre portavano ad una completa ristabilizzazione.
Il sistema immunitario può essere potenziato
Per quanto ancora utilizzati, questi sistemi stanno venendo lentamente soppiantati da approcci più mirati e personalizzati, che rientrano nel grande ambito dell’immunoterapia, ovvero della terapia basata sul sistema immunitario (IS). Ora, un concetto del genere sembra logico, in fondo è sempre stato dei nostri globuli bianchi il compito di proteggerci da ogni tipo di agente dannoso per la nostra salute. Ma questa tecnica va oltre. Si prefissa di riprogrammare le cellule di IS in modo da renderle più aggressive, o più in generale di migliorarne l’azione.
Un assaggio di teoria
Prima di addentrarci ulteriormente conviene discutere brevemente le basi di questo complesso sistema di difesa. Questo si divide in due livelli, e solitamente il primo, ovvero quello che entra in azione immediatamente rispondendo ad ampio spettro, è in grado di riportare il corpo allo stato fisiologico. In tali casi, molto più frequenti di quanto non si creda, non si ha nemmeno percezione di essere stati contagiati/infettati. Se però un’infezione (o più in generale una condizione, come la presenza di un tumore) rimane presente nell’organismo per più di 3-4 giorni si attiva il secondo livello, quello più specifico e che dà memoria (ovvero in caso di una successiva infezione dello stesso genere si hia già una risposta adeguata nel primo livello). Di questo fanno parte le consciute cellule B e T. Ed è proprio su questo che lavora l’immunoterapia.
Le CAR T-cell
È notizia di qualche mesi fa l’introduzione nella pratica ospedaliera della tecnologia CAR T-cell in Italia. L’idea di fondo è molto semplice: si modificano le T-cell (cellule T) in modo che riconoscano in modo migliore e più specifico le cellule tumorali, evitando alcune “restrizioni” che rendono l’attività del sistema immunitario eccessivamente limitata. Nello specifico, è particolarmente efficacie contro i cosiddetti tumori liquidi come le leucemie.
Sfruttare l’ossigeno per battere il tumore
L’ultima novità in fatto di lotta al cancro, presentata su un articolo uscito sul prestigioso Journal of Clinical Investigation in settembre, sfrutta la struttura stessa del tumore. Qundo le cellule tumorali si moltiplicano, infatti, formano una massa sempre più grande. Tutte le cellule, però, per crescere hanno bisogno di ossigeno, che difficilmente riesce a raggiungere le unità più interne della massa. Per ovviare a questo problema, i tumori sviluppano dei veri e propri nuovi vasi sanguigni, tramite un processo definito angiogenesi, e che spesso è stato target di tentativi di terapia antitumorale. Ora, invece, è stata individuata una relazione tra l’ipossia (ovvero la scarsità di ossigeno) ed una ridotta attività delle cellule T. È stato pertanto sviluppato un farmaco, TH-302, che pressochè elimina questa condizione e causa un influsso di cellule T all’interno della massa tumorale. Questo, naturalmente, porta ad una maggiore azione del sistema immunitario, che combinata ad altre terapie (come il blocco dell’inattivazione delle stesse cellule T da parte di specifiche proteine tumorali) ha mostrato un’eliminazione dell’80% in esemplari di topo dei tumori alla prostata, uno dei tipi più resistenti alle tecniche fino ad oggi sviluppate.
Al momento si tratta solo di fase clinica, e passerà del tempo prima che si possano vedere delle applicazioni pratiche negli ospedali, ma la ricerca continua senza sosta il proprio lavoro verso un mondo in cui il tumore sia una delle tante malattie curabili, e non più una condizione di definitiva condanna.