Meglio conosciuta semplicemente come “Coherence”, questa pellicola, come molti film indipendenti, ha un carattere prettamente home-made, ma regala un effetto alquanto straordinario. Girata quasi interamente all’interno del soggiorno del regista in soli cinque giorni, con l’ausilio di una troupe incompleta e di un copione approssimativo, il lungometraggio si apre con una tranquilla cena fra amici, in una serata come tante. Come potrebbe una situazione tanto tranquilla evolversi in un’incubo fatto di paranoia, assurdità, decoerenza quantistica ed universi paralleli?
La trama
Come già detto, il contesto iniziale è molto semplice e tranquillo: otto amici seduti a tavola impegnati a chiacchierare del più e del meno. Tra i vari argomenti di conversazione sorge anche la notizia dell’imminente passaggio di una cometa molto vicina alla terra, prevista proprio per quella sera. I primi minuti potranno sembrare scontati e quasi noiosi, non succede nulla di particolare se non qualche strano fenomeno come la mancanza improvvisa di linea telefonica e di connessione internet, che i protagonisti associano immediatamente al passaggio del corpo celeste. La vicenda cambia completamente piega nel momento in cui questi curiosi fenomeni culminano in un blackout. Dopo qualche minuto la luce torna ad accendersi, ma ciò accade solo per la loro casa e, come scopriranno con stupore una volta usciti, per un’altra abitazione a qualche isolato di distanza. Hugh, uno dei protagonisti, decide di raggiungere l’altra casa nella speranza di trovare un telefono funzionante al fine di chiamare il fratello, fisico teorico, che in precedenza gli aveva raccomandato di contattarlo nel caso si fossero verificati eventi del genere nel corso della serata. Egli torna sconvolto: dando un’occhiata dalla finestra dell’altra abitazione, egli vede se stesso e gli altri invitati seduti a tavola.
“Coherence” e la fisica quantistica
(Spoiler alert)
Da questo punto la storia entra nel vivo. Inizialmente gli altri protagonisti sono scettici su quanto detto da Hugh, ma a confermare la sua storia assurda interviene un altro elemento: la scatola. Al suo ritorno egli ha infatti portato un piccolo box in metallo trovato davanti all’altra abitazione, una volta aperto tutti rimangono a bocca aperta. Esso contiene delle foto di ognuno di loro, foto scattate quella stessa sera (lo capiscono dal fatto che lo sfondo ritrae l’interno della casa e dai vestiti che indossano), ma di cui non hanno memoria. Hugh decide di andare a prendere in macchina un libro, appartenente a suo fratello, grazie al quale si rendono conto che di avere a che fare con una collisione fra universi paralleli. Come affermato da egli stesso, il tutto sembra seguire la dinamica della decoerenza quantistica, il cui esempio è il famoso paradosso del gatto di Schrödinger.
Il gatto di Schrödinger
Come molti sapranno, l’esperimento mentale ideato dallo scienziato austriaco consiste fondamentalmente in questo: poniamo di chiudere un gatto in una scatola scura insieme ad una fiala di veleno al cianuro e poniamo che ci sia esattamente la stessa probabilità che esso venga o non venga rilasciato. Affidando la faccenda al caso, prima di aprire la scatola il gatto è da considerarsi vivo o morto? Per la fisica quantistica entrambe le possibilità coesistono contemporaneamente, nel momento in cui entrerà in gioco un osservatore, una delle due eventualità collasserà e l’altra avrà la meglio.
Ma qual è collegamento con il film? Sostanzialmente è come se nella vicenda narrata i protagonisti siano il gatto e la cometa la scatola. Fin quando essa non sarà passata, infatti, il gruppo di amici dovrà far fronte a tutte le conseguenze del caso ed a tutti i paradossi generati dal passaggio del corpo celeste. Per esempio, come si fa a sapere con certezza che lo Hugh che è uscito sia lo stesso e non quello dell’altra abitazione? E se ci fossero altre case? A cosa serve la scatola? Buona visione!
a cura di Andrea Arrigo