Per “bullismo” si intende qualsiasi comportamento di sopraffazione a danno dei coetanei, qualunque manifestazione di aggressività di tipo fisco o verbale da parte di un singolo o di un gruppo. Nella definizione di Dan Olweus, a cui si devono gli studi pionieristici sul tema, una delle componenti principali del bullismo sarebbe la reiterazione nel tempo (in forma più o meno grave) del comportamento prepotente. Olweus fu il primo ad usare il termine “bullying” negli anni ’70: il suo lavoro portò alla formulazione di programmi antibullismo nelle scuole dei Paesi del Nord Europa.
Nelson Muntz: lo stereotipo del bullo nei Simpson
Più volte i progrmmi televisivi ci hanno presentato la figura del bullo. Tra i più famosi bulli della tv c’è sicuramente Nelson Muntz, il personaggio de “I Simpson”. La sua figura è tanto stereotipica quanto amabile. Nelson rappresenta infatti lo stereotipo del bullo americano. Le sue azioni vengono giusitifcate nella serie dall’infanzia difficile del ragazzo. Nelson vive solo con la madre dopo l’abbandono del padre “uscito a comprare le sigarette” e mai più tornato, in una delle zone più malfamate della città di Spriengfield.Famosissimo per la sua tipica risata tormentone (“Ha-ha”!) con cui si prende gioco delle sventure altrui, Nelson sembra non capire
La causa più probabile del cattivo comportamento di Nelson sarebbe la sua bassa autostima e considerazione di sè causata da una cattiva relazione con sua madre e la mancanza di una figura paterna stabile nella sua vita. Quando in un episodio Marge Simpson (la mamma di Lisa e Bart) gli dà fiducia, Nelson arriva a dirle “grazie signora, per avermi fatto sentire bene con me stesso”.
Quali sono i fattori in grado di spiegare il fenomeno del bullismo?
Le spiegazioni date al fenomeno in questi anni sono state numerose e differenti.
Le cause alla base dei comportamenti prepotenti sono molteplici e relative sia a fattori individuali che gruppali. Ad esempio, il temperamento del bambino (i tratti specifici di personalità), schemi familiari ed educazionali disfunzionali, così come modelli diffusi dai mass media sono alcune delle variabili in grado di incidere sull’ambito sociale e in particolare scolastico.
Secondo Olweus alcuni miti da sfatare riguarderebbero invece le errate convinzioni che gli atti di prepotenza siano indirizzati dal bullo verso chi ha difetti fisici o handicap, o che tali azioni siano provocate dallo scarso rendimento scolastico.
Modelli educativi genitoriali
In particolare, i modelli educativi forniti dai genitori avrebbero un ruolo fondamentale nel contribuire al fenomeno, sia che essi siano eccessivamente severi, sia che siano troppo permissivi. L’uso eccessivo di punizioni fisiche porterebbe il bambino a sviluppare la credenza che la violenza sia l’unico modo per far rispettare le proprie regole. Al contrario, l’eccessiva libertà lasciata ai figli li porterebbe a non percepire i limiti oltre i quali alcuni comportamenti non sono più consentiti, quindi ad agire in modo prepotente e prevaricatore.
Nel 1996, lo stesso Olweus ha individuato tre fattori dell’educazione familiare, e in particolare genitoriale, in grado di far emergere la predisposizione al ruolo di bullo e, in particolare, all’aggressività dei maschietti:
1) L’atteggiamento emotivo indifferente e privo di calore e affetto da parte della figura materna nei primi anni di vita
2) Le eccessive punizioni fisiche a partire dalla prima infanzia che non permettono al bambino di elaborare l’aggressività
3) Dall’altra parte, l’estremo permissivismo educativo nell’età evolutiva, soprattutto verso il comportamento aggressivo
Stili di attaccamento e condotte antisociali
Secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby sarebbero le relazioni infantili (in primis, quella con la madre) a determinare i modelli di comportamento che teniamo nel rapporto con gli altri.
In questo ambito, lo studio del 2001 di Tassi ha mostrato alcune correlazioni significative tra:
– comportamento di prevaricazione del bullo e attaccamento insicuro-evitante
– comportamento di vittimizzazione e attaccamento insicuro-ambivalente
In particolare, i soggetti evitanti si esibirebbero in comportamenti prepotenti per sfuggire ad eventuali ostilità con gli altri, verso i quali non nutrono fiducia. Dall’altra parte, i soggetti ambivalenti, non credendo nelle proprie capacità, sarebbero più probabili prede dei bulli.
Altre ipotesi rilevanti riguardo le cause el bullismo sono state evidenziate dagli studi di Per De Ajuriaguerra e Marcelli (1984). Secondo gli psicoanalisti, sarebbe la mancanza di tolleranza del bullo verso qualsiasi tipo di ritardo nella dalla mancanza di tolleranza verso qualsiasi tipo di ritardo nella soddisfazione delle proprie richieste a far scaturire la reazione aggressiva.
Empatia
Anche le difficoltà empatiche sono risultate un fattore chiave esibito dai bulli. Il prepotente sembra non accorgersi delle sofferenze indotte ai compagni. Lo stesso Nelson Muntz pare non consapevole di non avere amici proprio a causa del suo comportamento, al punto di rimanere sinceramente stupito quando in una puntata nessuno si presenta alla sua festa di compleanno. Anche le vittime, tuttavia, sono spesso manchevoli di abilità affettive e relazionali verso i pari.
Un ultimo meccanismo psicologico legato alla socializzazione che potrebbe influire sul bullismo è il disimpegno morale. Secondo la teoria socio-cognitiva il bullo legittimerebbe le proprie azioni violente considerandoli “solo scherzi”, ritenendoli necessari (fatti a fin di giustizia, perchè gli altri se lo meritano) o non gravi in quanto agiti da più persone.