I biofilm sono delle strutture estremamente dinamiche che possono offrire diversi vantaggi a una comunità batterica.
“In alto mare” è una canzone di Loredana Bertè uscita nel 1980. È proprio in mezzo al mare, sulla superficie dall’acqua stessa, che è possibile ritrovare delle comunità microbiche in grado di formare delle strutture che prendono il nome di biofilm. I biofilm, tuttavia, non vengono ritrovati solamente nella superficie dell’acqua, ma anche sulle diverse superfici inerti o viventi.
GENERALITA’ DEI BIOFILM
Per definizione, quando si parla di biofilm, s’intende una comunità microbica ben strutturata che risulta essere racchiusa in una matrice polimerica organica che aderisce ad una superficie viva o inerte. La presenza della matrice organica consente non solo di proteggere la comunità microbica stessa, ma anche di selezionare e filtrare i diversi nutrienti che sono presenti nelle acque. I vantaggi apportati dal vivere in strutture come i biofilm possono essere in realtà numerosi, come ad esempio la creazione di un ambiente stabile, la protezione da virus e protozoi o altri agenti esterni. I biofilm sono importanti sotto diversi punti di vista: alcuni possono essere sfruttati come filtri biologici o per il trattamento biologico dei liquami mentre altri, come ad esempio la placca dentaria, hanno degli effetti negativi. La formazione del biofilm segue delle fasi: inizialmente, una cellula batterica libera viene a contatto, in modo casuale, con un substrato. A questo punto, inizia a moltiplicarsi di modo tale che si formi una colonia, finché a un certo punto si avrà la formazione di uno strato di natura polisaccaridica. Raggiunta la fase di maturità, si ha lo sviluppo massimo e la struttura risulta essere tridimensionale e, in questo modo, quando le condizioni sono favorevoli alcune cellule della colonia potranno staccarsi per continuare a colonizzare l’ambiente circostante. I biofilm più vecchi, con il tempo, potranno poi andare incontro a fenomeni di distacco dalla superficie.
ETEROGENEITA’ DEI BIOFILM
I biofilm sono quindi delle strutture molto variabili e considerate estremamente dinamiche e, per questo motivo, vengono considerate eterogenee sotto diversi punti di vista. Si distingue innanzitutto un’eterogeneità di tipo chimico: i gas e i composti utilizzati ai fini nutrizionali, data la presenza dei polisaccaridi, vanno a stratificarsi in modo diverso nello spessore del biofilm. I nutrienti, per esempio, saranno maggiormente concentrati all’esterno, mentre i prodotti derivanti dal metabolismo saranno più concentrati all’interno. Nel caso di biofilm polimicrobici (con quindi batteri appartenenti a specie diverse) la concentrazione dei diversi composti può essere più elevata nella porzione intermedia del biofilm in quando i metabolismi variano a seconda della specie. Ancora, si può distingue l’eterogeneità fisiologica, questo perché in un biofilm si possono avere cellule più giovani, solitamente localizzate all’esterno e con metabolismi più veloci, mentre cellule più vecchie, localizzate solitamente alla base, avranno un metabolismo più lento. Questo tipo di eterogeneità è evidente in modo particolare nei biofilm polimicrobici dove si ha la presenza di cellule che non solo hanno un’età diversa ma che usano anche delle risorse diverse tra loro. L’ultimo tipo di eterogeneità è quella fenotipica: in poche parole, questo tipo di eterogeneità riguarda la capacità di espressione delle caratteristiche fenotipiche. In questo caso sono quindi importanti tutti quei fenomeni di mutazione e riarrangiamento.
NEUSTON E BIOFILM
Come abbiamo detto, i biofilm per formarsi hanno la necessità di una superficie viva o inerte. Pertanto, anche in colonna d’acqua in mare aperto, si ha la necessità di una superficie su cui attaccarsi e crescere. Nel neuston, ovvero nell’interfaccia acqua e aria, la formazione di un biofilm è possibile grazie alla presenza di molecole idrofobe che, sfuggendo dall’acqua, si localizzano nell’interfaccia. In questa zona, la tensione superficiale è molto forte e verranno quindi attratte numerose sostanze organiche in grado di supportare la crescita microbica. Lo strato d’acqua che consideriamo è estremamente ridotto, all’incirca di 10 micron. Questo strato, in sequenza, è composto innanzitutto da molecole idrofobe, al di sotto delle quali si localizzano delle proteine e dei polisaccaridi e, al disotto di questa massa gelatinosa, si ha la presenza dei batteri. Si può quindi affermare che il neuston è un vero e proprio biofilm microbico.