Sempre più spesso si sente parlare di specie in pericolo di estinzione. Basti pensare, per esempio, ai rinoceronti, oppure alle scimmie antropomorfe. Queste specie, già molto numerose, sono più di quanto abbiamo ipotizzato. Un recente studio infatti rivela che le specie animali a rischio di estinzione sono ben 600 in più del previsto. La ricerca, pubblicata su Conservation Biology, spinge a riflettere sulle principali cause di estinzione delle specie.
Dettagli dello studio
Il ricercatore italiano Luca Santini ha diretto i lavori in merito alla questione. Dallo studio emerge che il numero di specie a rischio di estinzione è sottostimato e se ne dovrebbero aggiungere 600 oltre alle circa 90000 già considerate come tali. Egli infatti dice che urge aggiornare i dati attualmente in nostro possesso, poiché alcune specie che abitano zone remote non sono state studiate in modo adeguato. Ciò porterebbe quindi ad un errore di classificazione. Anche i parametri andrebbero rivisti poiché la IUCN, ovvero l’Unione internazionale per la conservazione della natura, utilizza solo cinque categorie in cui dividere le specie a rischio di estinzione. La IUCN ricorre soprattutto alla distribuzione e alle dimensioni delle popolazioni conosciute per elaborare i propri dati, ma le specie in pericolo sono troppe e, stando a Santini, ci vorrebbero più parametri per una classificazione più corretta.
Frammentazione degli habitat: la causa principale
Il fattore più importante che conduce le specie all’estinzione è la frammentazione degli habitat. Le cause per cui essa avviene sono molteplici, ma sovente la mano dell’uomo si percepisce non poco. Gli esempi più eclatanti sono tutte le costruzioni di origine antropica, ad esempio le strade o i cavalcavia. Non è raro infatti passare per una strada che attraversa un bosco, oppure vedere delle dighe al servizio di centrali idroelettriche. Tutto questo divide le popolazioni di animali, che diventano sempre più ristrette fino alla loro scomparsa. Anche gli incendi portano alla frammentazione e alla perdita degli habitat, sopratutto negli ambienti boschivi. Questi possono essere provocati sia dall’uomo sia da cause naturali, ad esempio la siccità.
Un ruolo di primo piano nel rischio di estinzione: la caccia
Anche la caccia ha dato e continua a dare una forte spinta verso l’estinzione ad alcune specie. Sebbene in certi casi sia regolamentata per tenere sotto controllo specie troppo numerose, come cinghiali e caprioli, esiste la caccia illegale alle specie più a rischio di estinzione e più pregiate sul mercato nero, ovvero il bracconaggio. Si tratta di una pratica molto diffusa in Europa, ma soprattutto in Africa, dove non mancano le specie richieste sul mercato nero per diversi scopi. Il corno del rinoceronte, ad esempio, è molto utilizzato per scopi clinici. Per contrastare il fenomeno sono state adottate delle misure straordinarie, tra le quali la più estrema in Africa, dove i ranger dei parchi possono sparare a vista sui bracconieri.
Una minaccia planetaria: il riscaldamento globale
C’è inoltre una causa di estinzione che si aggiunge alle altre e che si estende su una scala molto più grande: il riscaldamento globale. Si tratta di un fenomeno che si protrae da molti anni e che comporta la perdita di numerosi habitat, ad esempio i ghiacciai alpini e le distese glaciali ai poli, soprattutto l’Antartide. In questo modo un alto numero di specie non ha più un nido adatto in cui abitare, incorrendo, così, nel rischio di estinzione, come accade agli orsi polari. Questo fenomeno deriva principalmente dal progresso e delle attività svolte dall’uomo sull’ambiente, poiché le emissioni di gas serra hanno influenzato il clima terrestre e portato grandi cambiamenti su scala globale.
Se vogliamo salvare le specie animali a rischio di estinzione e evitare di crearne altre, il primo gesto deve partire da noi.
Matteo Trombi