A tutti è capitato di sentirsi inermi davanti alla noia e alla pigrizia, vediamo quindi in che modo è possibile affrontare questi stati d’animo.
Capita spesso di ritrovarsi seduti o sdraiati a non fare niente. Ci si sente in colpa e si ha la sensazione che il tempo stia scivolando via troppo rapidamente dalle proprie mani. Si tratta di una sensazione che probabilmente tutti hanno vissuto qualche volta nella vita. Ci sembra di essere inermi davanti al mondo che corre e nell’impotenza di sentirsi così minuscoli, si continua a non fare nulla. Non sembrano arrivare delle soluzioni, ma solo la possibilità di procrastinare ancora di più. Crescendo, tra i vari impegni, si ha pure la sensazione che il tempo ormai non basti più per fare tutto quello che si vorrebbe. Questo va ad incrementare quindi il senso di impotenza e ci ostruisce le vie di azione. In questo senso, la canzone “Etciù” dei Vaeva rappresenta molto bene ciò che si potrebbe chiamare pigrizia esistenzialistica di Leopardi.
La musica dei Vaeva
I Vaeva sono una band indie rock. Inizialmente nascono come una cover band, ma poi iniziano a pubblicare inediti. Le loro canzoni descrivono molto bene ciò che gli adolescenti di oggi vivono e lo incentrano sulle loro stesse esperienze, esprimendo quindi ciò che sono e ciò che pensano. Lo spazio adolescenziale, chiaramente, li inonda di caos e incertezze, che loro riescono in qualche modo a inserire all’interno dei loro brani. Le stesse incertezze, però, spariscono sul palco, dove vengono acclamati da una fan-base vivace e numerosa. All’attivo hanno qualche singolo e un EP, disponibili già su Spotify e sul loro canale YouTube, ma è imminente il rilascio di nuovi brani. Tra quelli attualmente in circolazione, il brano che li ha fatti conoscere maggiormente al pubblico è probabilmente “Etciù”, sia per la particolare orecchiabilità del brano, sia perché sono riusciti bene a promuoverlo tramite i social.
Etciù
Scorrendo tra i reel di Instagram sarà stato possibile incappare in un pezzo della canzone “Etciù”. Il video è un breve spezzone di un’esibizione live, dove viene cantata una porzione del brano. La canzone riflette un po’ la sensazione di impotenza di fronte alle sfide quotidiane. La sopraffazione da parte del quotidiano costringe i giovani a procrastinare le proprie cose da fare, rimanendo quindi fermi. Nel brano viene cantato:
“Ho provato tutto per la produttività,
mi impegno di brutto, ma lascio tutto a metà.
Non so che fare,
una passeggiata al mare,
ho provato a meditare ma non va.E non so che c’è
di così sbagliato in me,
non mi fa nemmeno effetto il caffè!E mi fa incazzare
che ogni mia buona intenzione,
ogni mia rivoluzione
duri solamente un E-E-Etciù”
In questo breve estratto si vanno a concentrare la frustrazione e la rabbia di non riuscire a fare nulla di concreto. Il senso di colpa che nasce dall’aver sprecato del tempo si amplifica sempre di più, diventando poi una sorta di cane che si morde la coda. In questo senso non sembra esserci una soluzione e le giornate buttate sembrano proprio scivolare via, venendo percepiti quindi di breve durata, come uno starnuto.
La pigrizia esistenziale
Ad affrontare questo concetto ci aveva già pensato Giacomo Leopardi. La visione della vita come il “nulla” è al centro del pensiero leopardiano. Egli affronta anche il concetto della pigrizia, che però non viene visto come un vizio, ma bensì una condizione ineluttabile dell’uomo. Nelle sue “Operette morali”, Leopardi afferma che presa coscienza della vacuità della vita e del “nulla” a cui tutto torna, la pigrizia esistenziale è automaticamente derivante. Si rimane immobili davanti all’inevitabile fallimento delle aspettative umane. Questo concetto è ben descritto all’interno del “Dialogo di un venditore di almanacchi e un passeggere”, in cui il venditore di almanacchi conferma che non vorrebbe che il suo futuro somigliasse a nessun anno passato della propria vita. Questo a conferma che l’essere umano è a conoscenza dell’inevitabile sofferenza della vita umana, che lo porta ad arrendersi alla vita stessa.
La pigrizia, quindi, non è più vista come un vizio, ma piuttosto come una difesa naturale contro un’esistenza vuota e priva di significato (o almeno percepita tale).