Capiamo come letteratura e colonialismo vanno di pari passo nell’opera di Defoe.
Quando si pensa alle dinamiche coloniali dei secoli passati, è quasi scontato immaginare esploratori europei alla ricerca di terre da conquistare e popoli da sottomettere. Che ruolo ha avuto, però, la scrittura in tutto ciò? “Robinson Crusoe” può rivelarci qualcosa a riguardo.
Il contesto storico
Da un punto di vista etimologico, il termine “colonialismo” proviene dal verbo “colo, colere”, usato nell’antichità per indicare sia agricoltura che sedentarietà. Dopo la scoperta dell’America, però, questa parola verrà utilizzata per parlare del controllo sociale e politico di uno Stato su un altro. Nonostante Colombo fu il primo a raggiungere le sponde del Nuovo Mondo, successivamente anche inglesi e francesi parteciparono a questa corsa verso “l’oro”: sia esso visto in termini di terre da conquistare, risorse naturali da ricercare o persone da assoggettare. Nel corso dei secoli queste grandi potenze europee sono state protagoniste di diverse ondate coloniali che hanno inevitabilmente modificato il panorama sociale e politico dell’epoca. Per quanto riguarda l’Inghilterra, è importante, quasi imprescindibile sottolineare il ruolo che questo Stato ha ricoperto in tale contesto già a partire dal diciassettesimo secolo, quando dal porto di Bristol partiva la maggior parte dei trafficanti di schiavi coinvolti nella famosa, quanto tragica “tratta triangolare”. Ad ogni modo, il colonialismo britannico giunge al suo apice durante il regno della regina Vittoria. Non è un caso, però, che in questo periodo l’Europa veda anche la massima diffusione di un determinato genere letterario d’origine inglese: il romanzo.
Tutta finzione…o forse no
Il successo del romanzo può essere ricercato non solo nella sua facilità di lettura, ma anche nelle storie semplici e allo stesso tempo avvincenti, tipiche di questo genere. I pionieri di questa celebre forma letteraria, Samuel Richardson e Daniel Defoe, nelle loro opere più famose, rispettivamente “Pamela” e “Robinson Crusoe”, riprendono alcune dinamiche relazionali tipiche del loro tempo. Negli ultimi anni lo studio di questi classici non si è soffermato unicamente sulla cura dei dettagli delle lettere di Pamela o sulle (dis)avventure quotidiane di Crusoe, bensì ha cercato di analizzare alcuni messaggi impliciti che queste due opere, come molte altre dell’epoca, hanno tenuto al sicuro tra le loro pagine.
Defoe e l’ideologia coloniale
Nel suo celebre romanzo, Defoe racconta la storia di un uomo, Robinson Crusoe, che dopo un terribile naufragio, si ritrova su un’isola sconosciuta e apparentemente deserta. Crusoe non pensa minimamente di adattarsi all’ambiente dell’isola e condurre di conseguenza una vita ben diversa da quella a cui era abituato. Al contrario, prende il controllo del territorio circostante e cerca di ricostruire il mondo in cui egli aveva sempre vissuto, non curante delle diverse condizioni geografiche e sociali nelle quali si trovava. Questo comportamento da perfetto colonizzatore viene riscontrato anche nelle pagine successive che narrano il suo rapporto con un uomo dell’isola. La sua decisione di attribuirgli un nuovo nome riprende proprio il processo di ridenominazione geografica portato avanti dagli europei nei territori colonizzati. Senza contare poi, la conversione di quest’uomo al cristianesimo: chiaro riferimento all’importante ruolo, religioso e sociale, che i padri pellegrini ebbero già dal loro primissimo arrivo nelle colonie americane. Un romanzo complesso quello di Defoe che, anche grazie alla sua forma epistolare, ci permette di entrare non solo nella mente del suo protagonista, ma anche in quella di centinaia di europei che videro in queste terre lontane solo ricchezze da conquistare e non bellezze da rispettare.