Molestie sessuali: quando il “me too” non vale per gli uomini

Immersi come siamo nel vento rivoluzionario dei movimenti femministi e della crescente sensibilizzazione verso i diritti in rosa, ci siamo ormai abituati a riconoscere quando un apprezzamento “puzzi” di molestia, quando un bacio sia di troppo e quanto un fischio per strada ad una bella ragazza non sia più solo un “passatempo da maschietti”. Ma a parti invertite possiamo tranquillamente affermare la stessa cosa? Ciò che è accaduto lo scorso mercoledì ai mondiali in Russia sembrerebbe propendere per il contrario. 

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Il “me too” contro la violenza maschile, letteradonna.it

È apparso sulla televisione sud-coreana solo pochi giorni fa, ma sembra aver già diviso in due il pubblico virtuale dei social media: il videoclip che ritrae Jeon Gwang-ryeol, reporter del canale televisivo MBN, mentre due giovani fan russe gli stampano dei ridenti baci sulla guancia è diventato immediatamente virale, aprendo involontariamente il dibattito su uno dei pochi argomenti che nell’epoca dell’educazione di genere continua a rimanere in secondo piano, ovvero le molestie verso il sesso maschile.
Paradossalmente ad intavolare la discussione non è stato il piccolo schermo coreano – che anzi, eccezion fatta per il canale della MBN e gli organi di stampa ad essa affiliati, non ha minimamente dato risalto alla notizia – ma piuttosto il noto sito di social-networking cinese Weibo, nel quale sono fiorite forti critiche tra gli utenti. “Quando si tratta di una persona di bell’aspetto, non si chiama molestia sessuale?” avrebbe infatti commentato qualcuno con sarcasmo, disapprovando apertamente i “due pesi” e le “due misure” con cui queste azioni verrebbero considerate se ad esserne vittima è un uomo invece di una donna.

Il caso Gonzalez Theran 

In particolare, a porre l’episodio sotto l’occhio di bue mediatico è stato il paragone con quello simile accaduto due settimane fa alla giornalista colombiana Julieth Gonzalez Theran, inviata della televisione tedesca Deutsche Welle ai Mondiali di Saransk.
Subito dopo l’inizio della diretta televisiva un tifoso russo si è avvicinato alla reporter baciandola e toccandole il seno, gesto al quale la donna non ha risposto, proseguendo con professionalità la cronaca e riservandosi di commentare l’accaduto solo successivamente sulla piattaforma di Instagram. “Non meritiamo questo trattamento” sarebbe stato il lapidario commento lasciato sotto un post pubblicato con tanto di video dello spiacevole fatto. “Condividiamo la gioia per il calcio ma dobbiamo identificare il limite tra affezione e molestie”.

Uomini che odiano gli uomini: la fobia del “sesso debole”

Totalmente diversa è stata invece la reazione del giornalista sud-coreano che, nonostante l’espressione imbarazzata mostrata sul momento, non ha rilasciato alcuna dichiarazione né si è detto turbato per l’accaduto. Se da un lato questo indurrebbe a pensare che il gesto delle due ragazze (seppur non gradito) non sia stato ritenuto molesto, dall’altro pone l’attenzione sulle nostre radicate e sotterranee strutture mentali, intrise di un machismo che non condanna le molestie nei confronti degli uomini per il semplice fatto che non ne accetta l’esistenza.
L’idea che l’uomo possa sentirsi sessualmente a disagio a causa delle azioni della donna – perdendo così quella dominanza ereditata nel corso del tempo che ne caratterizza il ruolo sociale e relazionale nei confronti della controparte femminile – imprimerebbe inevitabilmente una traccia di vulnerabilità e fragilità nel maschio. La paura di ritrovarsi addosso l’etichetta di quel “sesso debole” che fino ad oggi è stata una prerogativa esclusivamente della donna è da sempre un tabù, tanto da spingere le vittime stesse (in questo caso gli uomini) a rifiutare le molestie subìte, siano esse fisiche, psicologiche o economiche.
Nonostante questa volta si sia trattato “solo” di un bacio che – insieme alle critiche – ha strappato un sorriso ad alcuni e suscitato invidia in altri, vale però la pena di riflettere sulla possibile evoluzione di tali copioni sociali, prima che la rituale accusa di colpevolezza rivolta alle donne ed impersonata nella frase “eri vestita in modo troppo provocante” trovi un corrispettivo maschile nella frase “non sei stato abbastanza uomo da difenderti“.