In un mondo distopico si eliminano tutte le sfumature del blu, colore che causa tristezza, nervosismo e stress.
I colori animano il mondo. Questo è un detto classico, ma che nessuno ha mai messo troppo in dubbio. D’altronde, è sicuramente più piacevole guardare un’immagine colorata rispetto ad un’immagine in bianco e nero. Anche su questa affermazione ci potrebbero essere delle obiezioni. Il punto fondamentale, però, è la piacevolezza di tutti i colori della tavolozza. In che modo un colore può risultare più piacevole di un altro? In che modo i colori possono influenzare il nostro stato d’animo? I pittori del passato, probabilmente, avevano capito una certa correlazione tra alcune sfumature e quello che potevano scatenare emotivamente. Non per altro, artisti come Picasso, avevano periodi monocromatici, che diventano poi anche quasi monotematici. Rimane plausibile, quindi una teoria per cui ogni colore può anche essere associato a determinate sensazioni ed emozioni.
Eliminare il blu
Nel romanzo distopico di Giulio Ravizza “L’influenza del blu”, in un mondo futuro, molto lontano (ma forse neanche troppo) dal nostro, il colore blu è stato eliminato. Alcuni, i più giovani, non sanno neanche che cosa sia, tanto è stato eliminato dal mondo.
In un contesto del genere, il mondo non ha più spazio per emozioni negative. Sono tutti immersi in grovigli di piacere e di gioia. In tutte le piccole cose, le persone vedono solo piacere e felicità, ma a scapito di qualcosa di forse più importante. Per qualche ragione, infatti, nessuno sa più parlare bene, per non parlare della scrittura. La cultura viene posta non in secondo piano, ma proprio scartata. Non rimane neanche un hobby per i più nostalgici. In un mondo del genere, dove tutti sono felici, spensierati, in un mondo dove non è necessario neanche lavorare, ma si fanno le cose per volontà, è impensabile un suicidio. Eppure, la storia comincia col suicidio di una persona nota: lo scopritore degli effetti del blu. Da qui, andando a ritroso, si capirà perché il blu è stato bandito dal mondo e in che modo il mondo è andato a rotoli dopo aver eliminato il colore della tristezza.
Il periodo blu
Un pittore, citato anche all’interno del romanzo, che fece del blu un marchio di alcuni suoi dipinti, fu proprio Picasso. Conosciutissimo in tutto il mondo per tutte le sue opere, in particolare egli ebbe due periodi monocromatici, ovvero quello rosa e quello blu. Il periodo blu, che ebbe inizio nel 1901 dopo il suicidio di un suo amico, era caratterizzato non solo dai toni freddi delle tavole, ma anche da elementi compositivi più introspettivi e cupi. Le tele erano riflessioni della sua depressione e tristezza. Gli argomenti rappresentanti erano malinconici e le figure presenti erano persone emarginate, sole, ai margini della società.
Questo periodo terminerà nel 1904, a favore del periodo rosa. Cambiando i toni dei colori, migliorano anche le emozioni che le tele fanno scaturire. La ripresa di un colore più caldo rispecchia la ripresa emotiva dell’artista, che cambia anche soggetti dei dipinti, passando a figure più ridenti. L’introspezione rimane, ma si alleggerisce rispetto al periodo passato.
Sentirsi blu
Nelle varie culture popolari, il colore blu è spesso associato alla tristezza. Solo per parlare di qualcosa di recente, il personaggio “Tristezza” in “Inside Out” è interamente blu. Inoltre, l’espressione inglese “feeling blue” indica proprio il fatto di sentirsi un po’ giù di morale. L’associazione sembra quasi automatica, ma ovviamente dipende dai contesti. Il colore blu, negli ultimi anni, è stato associato a diverse sensazioni. Esistono ricerche riguardo all’associazione tra colori ed emozioni, ma non esiste una prova certa che il colore blu sia totalmente responsabile della tristezza. Alcune gradazioni del colore possono anche infondere un senso di tranquillità e spensieratezza.
Inoltre, è ironico che sia proprio Giulio Ravizza a scrivere qualcosa sul colore blu, dato che egli stesso è responsabile marketing di Facebook. Il social network più iconico di sempre è stato blu sin dagli esordi, sfruttando quello che già in passato avevano fatto Twitter e MySpace, ovvero l’utilizzo di un colore che creasse una sorta di dipendenza. Vero o no, attualmente l’associazione dei colori, in un contesto pop occidentale, vuole che il blu sia in qualche modo triste.