Il recente attacco delle forze statunitensi nei confronti delle milizie filoiraniane in Siria rientra nel classico schema della rappresaglia: capiamo in cosa consiste la pratica.
La rappresaglia è uno degli strumenti ammessi dal diritto bellico, nonostante esistano delle precise condizioni entro le quali può essere applicata. Nel caso in esame la questione risulta essere decisamente complessa.
Attacchi aerei sulla Siria
Dopo circa un mese dall’insediamento il nuovo corso dell’amministrazione americana guidata da Joe Biden ha mosso i suoi primi passi nel panorama geopolitico internazionale contro dei miliziani stanziati in Siria. Gli attacchi sono stati diretti contro questi particolari corpi militari dal momento che essi sono stati ritenuti responsabili per il lancio di razzi che ha colpito la base USA di Erbil, in Iraq. Una nota emessa dal Pentagono ufficializza l’azione e specifica che sono state distrutte delle strutture controllate da diversi gruppi armati filoiraniani, situate in zone di confine e utilizzate nell’ambito del controllo esercitato su quell’area delle Siria orientale. La notizia non è stata grandemente considerata dai media mediorientali: d’altro canto, l’attacco è stato riportato da diversi servizi di informazione occidentali dal momento che questa condotta costituisce una prima possibile linea di demarcazione dell’attuale amministrazione Biden rispetto a quella del suo predecessore. Il governo siriano si è espresso attraverso una dichiarazione del Ministero degli Esteri, che ha condannato fermamente l’attacco degli USA considerandolo una violazione della Carta delle Nazioni Unite. Così facendo, agli Stati Uniti viene chiesto di variare l’approccio che stanno tenendo nei confronti della Siria.
La rappresaglia
Secondo quanto dichiarato dal Pentagono, la ragione che ha spinto gli USA a procedere con questo attacco deriva dal lancio dei razzi che hanno colpito una base in territorio iracheno e di cui i miliziani sul territorio siriano sono stati accusati. In pratica si tratta di una azione che è stata perpetrata a fini di autotutela, per rispondere ad un atto precedente e considerato illecito. Questa è la definizione di rappresaglia secondo il diritto internazionale su cui va operata una distinzione per non confonderla con la ritorsione, che descrive un concetto utilizzato in altri campi giuridici. Esiste inoltre un tipo di rappresaglia illecita, intesa come una pratica punitiva caratterizzata da inumanità che danneggi la popolazione civile di un’eventuale regione occupata. Da questo punto di vista le norme sono state rispettate, considerando che gli USA hanno colpito dei miliziani armati. Esistono tuttavia delle altre questioni che rendono questo attacco un caso particolare da analizzare. Analizzando i requisiti che il diritto internazionale pone per autorizzare un’azione di rappresaglia, si notano infatti delle criticità. Si può iniziare dicendo che lo Stato che colpisce in risposta ad un presunto illecito deve essere certo di agire nei confronti degli autori dell’illecito stesso, cosa che nel caso in esame sembra essere stata rispettata. È inoltre necessario che la rappresaglia sia proporzionata all’offesa subita: anche in questo frangente sembra non sussistano scorrettezze, trattandosi infatti di un bombardamento che ha distrutto delle infrastrutture del nemico in risposta a un attacco contro una base.
Le criticità
Ciò che rende particolare questa azione di presunta rappresaglia sono gli altri due requisiti posti dalle norme. In primis la rappresaglia è da considerarsi come rapporto tra Stati belligeranti e non è chiaro se l’azione in Siria per sanare un illecito avvenuto in uno Stato diverso (l’Iraq) sia riferibile a questo schema. Più in generale, è da valutare l’effettiva esistenza di un vero conflitto armato: essendo la rappresaglia una pratica prevista dal diritto bellico è fondamentale che ci sia una vera e propria guerra in atto per poter applicare le norme di riferimento. Se anche la situazione presentasse un vero conflitto armato, ci sarebbe in ogni caso da considerare un ultimo particolare: ai fini di condurre un’azione di rappresaglia deve esserci una condotta che il diritto dei conflitti armati consideri illecita. Nello specifico l’attacco contro la base di Erbil (che, in ambito di conflitto armato, costituirebbe un obiettivo militare perfettamente passibile di attacchi da parte del nemico) non parrebbe una condotta da considerare non consentita. Tutto questo rende ambigue le circostanze che hanno portato al raid statunitense in territorio siriano, nonostante ci siano alcuni elementi che potrebbero rendere plausibile tale condotta.