Siamo proprio sicuri che, senza la morte di JFK, l’America degli anni ’60 sarebbe stato un posto migliore? Stephen King ha qualche dubbio in merito.
John Fitzgerald Kennedy è stato, nella memoria degli americani, uno dei presidenti più progressisti e carismatici che il Paese a stelle e strisce abbia avuto in due secoli e mezzo di storia. Anche troppo per i suoi tempi: le sue idee illuminate lo hanno reso inviso alla parte più conservatrice dell’elettorato e della classe politica. Forse è per questo che Lee Harvey Oswald, il suo assassino, ha agito sostanzialmente indisturbato la mattina in cui il corteo presidenziale ha sfilato a Dallas, Texas. Alcuni studiosi e appassionati si divertono a ipotizzare cosa Kennedy avrebbe potuto realizzare se quel proiettile lo avesse mancato; Stephen King è fra questi, e, per quanto estimatore dell’iconico Presidente e della sua politica, non ha immaginato un futuro molto roseo per gli Stati Uniti.
22.11.63: come in “Ritorno al futuro”, ma per salvare JFK
2011. Jake Epping è un professore di inglese in un liceo del Maine, che, dopo una lunga e sofferta separazione, passa le sue giornate fra i banchi di scuola e la sua nuova vita da scapolo. La sua routine quotidiana, tuttavia, viene improvvisamente sovvertita da una notizia a dir poco inaspettata: un amico di lunga data, Al Templeton, gestore di una tavola calda fra le più gettonate di Lisbon Falls, sta architettando un piano per tornare indietro nel tempo ed evitare che Kennedy venga ucciso.
Perché tanto interesse per un evento consumatosi cinquant’anni addietro? Secondo Al, riuscire nell’impresa significherebbe cambiare in positivo il corso della storia americana e mondiale, prevenendo le numerose tragedie che seguirono la morte dell’iconico presidente. Fra queste, gli attentati a Martin Luther King e ad un altro Kennedy rivoluzionario, Robert Francis, che, se lasciati agire, avrebbero potuto accelerare il processo di conciliazione e convivenza pacifica fra le parti sociali negli Stati Uniti; ma anche la guerra nel Vietnam, la più grande disfatta militare nella storia di questa potenza globale, oltre che una catastrofe umanitaria che ha coinvolto milioni di soldati e civili. Insomma, la posta in gioco è molto alta e il rischio di fallire altrettanto: perché, se nell’universo di King è possibile cambiare la storia, è anche vero che la storia è molto restia a farsi cambiare, e spesso interviene per ostacolare i temerari viaggiatori nel tempo.
Kennedy è salvo. E poi?
Dietro il locale di Al si trova un varco spazio-temporale che porta chiunque lo varchi ad una mattina del 1958: perciò, prima di mettere in atto il piano ideato insieme all’amico, Jake trascorre quattro anni nell’America a cavallo fra gli anni ’50 e ’60, sotto il falso nome di George Amberson. Di questi anni, narratici attraverso documentari, romanzi e libri di storia, Jake assapora il lato più autentico: la vita è più semplice e meno cara, le nuove tecnologie fanno ben sperare per il futuro, di posti di lavoro ce ne sono a bizzeffe e l’economia neoliberista non ha ancora svuotato le tasche degli occidentali. Ma non è tutto rose e fiori: i tabù legati al sesso e alla morale sono ancora molto saldi, l’emancipazione femminile è ad uno stadio germinale e il razzismo è profondamente radicato nella società americana, soprattutto nelle cittadine più piccole e isolate dell’entroterra stepposo.
Dopo una lunga attesa, arriva il fatidico giorno. Jake ha un solo colpo in canna e non può fallire. Lo mette a segno, ma a che prezzo? Sadie, la donna con cui ha vissuto un amore intenso e proibito, viene uccisa dalla dall’arma di Oswald. Non solo: quando torna nel Maine, ritrova uno scenario desolato e post-apocalittico. Incontra un Harry Dunning paraplegico, che gli spiega tutto quello che è successo negli ultimi quarant’anni di questa versione alternativa della storia: salvato dall’attentato, Kennedy vince il secondo mandato, che però si rivela disastroso. Per fermare l’avanzata sovietica in Vietnam, invia un contingente in extremis, perdendo migliaia di soldati; forte del tracollo dei democratici, quattro anni dopo viene eletto alla presidenza George Wallace, un segregazionista dell’Alabama che decide di sconfiggere i Viet Cong con le bombe atomiche. La guerra coinvolge anche India e Pakistan, le cui capitali vengono distrutte. Negli anni ’80, poi, in un’America fortemente indebolita, imperversa il terrorismo; inoltre, un grave incidente nucleare sconvolge il New England, e la Terra è colpita da continue scosse di terremoto, che secondo gli scienziati porteranno alla fine del mondo entro il 2080.
Insomma, non è esattamente il risultato che Jake e Al avevano sperato di ottenere. Jake decide quindi di tornare nuovamente indietro nel 1958, il tempo necessario per annullare tutto ciò che aveva fatto; infine, torna definitivamente nel 2011 e si ricongiunge con l’anziana Sadie.
Ecco com’è andata veramente in quel di Dallas
La vicenda è nota a tutti. La presidenza di Kennedy fu un periodo di importanti sfide a livello interno e internazionale: sul fronte domestico, Kennedy promosse importante politiche in ottica di welfare e diritti civili, il tutto mentre la guerra fredda con l’Unione Sovietica subiva un’importante escalation con la crisi missilistica di Cuba. Venne gestita dall’amministrazione Kennedy con fermezza e diplomazia, evitando così un conflitto nucleare.
Il 22 novembre 1963, Kennedy morì a Dallas, mentre viaggiava in un’auto scoperta con sua moglie Jacqueline e il governatore del Texas: fu ucciso da due colpi di arma da fuoco mentre attraversata Dealey Plaza in un corteo. Lee Harvey Oswald, un ex marine degli Stati Uniti e simpatizzante comunista, fu accusato di essere l’esecutore materiale del delitto e arrestato, anche se le misteriose circostanze e le dinamiche dell’accaduto hanno spinto polizia e servizi segreti ad aprire numerose indagini, che però non hanno portato ad una soluzione definitiva. Il sospetto è che Oswald fosse solo una pedina di una cospirazione che ha coinvolto molti più attori: non per niente, è stato ucciso due giorni dopo, mentre veniva trasferito dalla prigione alla corte. Ad ogni modo, si concluse che Oswald avesse agito da solo; il caso fu archiviato qualche anno più tardi con questa sentenza, che ha fatto storcere il naso a molti e ha dato adito a nuove teorie del complotto.