Cronaca nera: sempre presente nelle testate, perché? Anche i geni c’entrano

Omicidi, violenza, criminalità, problemi economici, incidenti, conflitti, catastrofi naturali. La maggior parte delle notizie, a cui giornalmente si è esposti, è di questa natura. Raramente, infatti, capita di leggere titoli di notizie positive, o di ascoltare qualcosa che arrechi positività.

Per questa sovrabbondanza di negatività, spesso, sono stati accusati i giornalisti. Accusati di “cinismo” o di creare eccessivo allarmismo, i giornalisti, fanno questo per un motivo ben preciso, ovvero: le notizie negative vendono di più. La situazione che ne viene fuori, è come d’un circolo vizioso, dove il giornalista offre ciò che il popolo “chiede”, ed il popolo “subisce” di ciò che il giornalista offre.

Ma davvero preferiamo le notizie negative?

Diversi studiosi hanno cercato di dare una risposta a questa domanda. Uno studio dell’università di McGill del 2016, condotto su studenti, sembra affermare che ci sia più attrazione per le notizie negative, ma allo stesso tempo, gli stessi esaminati confermano di voler leggere un numero maggiore di notizie positive. Un paradosso? Non proprio. Le notizie negative, a livello evoluzionistico, contengono informazioni utili o fondamentali per la nostra sopravvivenza. Per questa ragione, possono anche causare emozioni più forti – attirando, cosi – di più la nostra attenzione. Questo, quindi, non significa “preferire le notizie negative a quelle positive”.

Forti emozioni causano anche più coinvolgimento, e questo coinvolgimento, può spingere a pensare di più a quel dato evento. Può spingere di più anche ad incrementare un vociare, spesso inutile e dannoso, sul dato evento. Non solo, molto spesso, e per molte persone, ascoltare brutte notizie o osservare scenari disastrosi, porta a “sentirsi meglio”. E’ un po’, come provare un senso di sollievo dal proprio dolore e dai propri problemi, osservando un dolore altrui più grande. Ma, questo ultimo elemento, potrebbe avere delle motivazioni diverse nei retroscena, come ad esempio un grande malessere dell’individuo stesso – da cui appunto cerca sollievo – ed andrebbe risolto o affrontato.

Ad ogni modo, la forzata abbondanza di questo tipo di notizie, non ci fa bene. Infatti: paura, tensione, ansia, e negatività nei confronti dell’altro o dell’avvenire futuro, sono tra le conseguenze di questo tipo di ridondanze. Pensieri negativi, generano pensieri negativi.

Il rischio di emulazione

L’anno scorso, il noto showman italiano Fiorello, parlò della sovrabbondanza di cronaca nera – specialmente nei programmi pomeridiani – lanciando un vero e proprio appello, volto alla diminuzione della cronaca nera in tv. “Sono andato a trovare mia madre, 81 anni, e l’ho trovata un po’ scossa – raccontò lo showman – Le ho chiesto cosa avesse e lei mi ha detto ‘Ho guardato la televisione, ho visto quello che ha ucciso quell’altro, ho paura, qui non si sa mai, devo cambiare la serratura’. Lei al pomeriggio guarda la tv, La vita in diretta, la D’Urso. Come a lei succede a tanti italiani.

La tv del pomeriggio non è più quello che una volta era dedicato ai ragazzi. Ora stanno una settimana su una stessa notizia scandagliando tutti gli aspetti della notizia manco fosse un processo. Rinnovo il mio appello”. Lo showman continuò: “Ci sono telecamere in ospedale, davanti alle case a intervistare i parenti dei parenti e facendo diventare veri e propri protagonisti sia le vittime che i carnefici. I paesi teatro di quelle tragedie hanno perso la loro identità, ormai sono luoghi dell’orrore”. Ed infine, la nota sull’emulazione: “I casi degli ultimi giorni sono incredibili, a me ha colpito la cosa dell’acido, è già la terza o quarta volta… credo che un po’ di spirito di emulazione ci sia stato”. Puoi vedere il video qui.

Quanti di voi ricordano la vicenda dei sassi dal cavalcavia? Anche lì, se ne parlò talmente tanto che l’emulazione divenne un grave problema. Effettivamente, chi gestisce le notizie che andranno agli occhi e alle orecchie di milioni di persone, detiene una grande responsabilità.

Rispetto per il dolore altrui e empatia

La sensazione che il rispetto per il dolore altrui sia abbastanza calpestato, può essere frequente. Questo vale soprattutto per quelle interviste, a volte cercate con prepotenza, altre volte concesse da persone che – trovandosi in una situazione di fragilità e debolezza straordinaria – si sentono disposte. Il punto, purtroppo, è che queste notizie sembrano creare maggiore empatia, ma in realtà non è così.

Quello che succede, è che dopo una grande abbuffata d’una notizia drammatica, l’individuo sente il desiderio di scacciare quell’evento e quelle immagini dalla mente. Desidera tornare alla sua quotidianità. Per questo, dopo qualche giorno di coinvolgimento emotivo, l’interesse del telespettatore (o del lettore) scende, e l’empatia verso l’accaduto, resterà solo in quelle persone che vi erano trovate coinvolte più da vicino. L’autore Davide Bagnoli, nel suo libro “La cronaca nera in Italiai perché della sua spettacolarizzazione“, analizza tutti i possibili perché di questa spettacolarizzazione del dolore.

Cosa si può fare?

Ora che sai che, le informazioni negative, ti attirano di più solo perchè evoluzionisticamente potrebbero contenere notizie rilevanti per la tua sopravvivenza, puoi anche distinguere quando e se dare attenzione a certe cose. Se queste informazioni, non migliorerebbero in qualche modo la tua giornata, o non garantirebbero di più la tua sopravvivenza, potresti scegliere anche di cambiare canale o di leggere altrove. Analizzando cosa davvero può essere utile alla tua informazione, puoi scegliere cosa voler approfondire e per quanto volerlo fare.

Serena Vitale

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