Cellule senescenti: come il cervello invecchia e si ammala

Le cellule senescenti, sono cellule che hanno finito il loro ciclo vitale, ma rimangono ancora attive. Molti studi, nel corso degli anni, hanno sottolineato come questo tipo di cellule, abbiano un’attività tossica nei confronti delle loro vicine, all’interno di un tessuto. Soprattutto nelle malattie neurodegenerative, sembra che l’attività delle cellule senescenti preceda i primi sintomi, facendo pensare ad un rapporto causa effetto. Un nuovo studio, mostra gli effetti di una terapia contro le cellule senescenti nel cervello.

Cellule senescenti: goffa difesa contro il cancro

Una cellula è costantemente soggetta a danno, che si accumula a mano a mano che invecchi e si divide. Per evitare che si accumulino troppi danni, e che la cellula diventi cancerosa, si attivano dei meccanismi di senescenza. Non solo la cellula smette di replicarsi, producendo delle sostanze che bloccano la replicazione, ma assume comportamenti specifici. Comincia a produrre varie molecole infiammatorie e sostanze antitumorali intorno a sé. Queste molecole, però, seppur difendendo la cellula ed i tessuti circostanti dal cancro, inducono altri tipi di danno, mettendo sotto stress l’intera zona.

Effetti dell’Alzheimer sul cervello fonte

Un nuovo studio pubblicato su Nature analizza il contributo delle cellule senescenti all’interno delle malattie collegate alla proteina tau, tipica di Alzheimer e Parkinson. La proteina tau, in queste malattie, invece di svolgere la sua normale attività, forma aggregati nelle cellule della glia e nei neuroni stessi, impedendone normale funzione. Gli scienziati hanno indagato sull’intervento delle cellule senescenti in questo processo.

“Possiamo vedere come la continua eliminazione delle cellule senescenti che producono p16Ink4a(ndr: una proteina che blocca la riproduzione di una cellula) prima che si presenti la malattia […] ha marcati effetti sull’avanzamento della malattia, come la formazione di aggregati, gliosi, neurodegenerazione e declino cognitivo”

Lo studio

A quanto emerge dall’articolo, esiste una comunicazione cellulare tra neuroni e cellule della glia. Una volta diventate senescenti, si instaurava un meccanismo di comunicazione con il neurone, che induceva la fosforilazione della proteina tau, un processo che ne facilita l’aggregazione. Per confermare questo risultato, ai topi utilizzati per l’esame è stato somministrato il navitoclax, un farmaco che elimina specificatamente le cellule senescenti. Il risultato è stata una diminuzione dei messaggi di senescenza della glia, evitando il conseguente stress, ed una diminuzione della fosforilazione di tau nei neuroni, riducendone l’aggregazione.

Il crosstalk cellulare. I messaggi inviati dai neuroni possono indurre la senescenza nelle cellule della glia. Di risposta, vengono prodotte delle sostanze che influenzano la regolazione nella fosforilazione di tau

 

L’idea che le cellule senescenti fossero parzialmente la causa dell’invecchiamento era un’idea da tempo condivisa. Alcune specie di mammiferi, che riescono a negare parzialmente l’effetto dell’invecchiamento, come gli elefanti, hanno efficaci sistemi di controllo di queste cellule. Tuttavia, in animali più piccoli, come i topi, l’eliminazione totale di queste cellule porta ad una parziale perdita di funzionalità dell’apparato. Ciò non toglie che studi di questo genere possano essere una speranza per un futuro trattamento preventivo anti-invecchiamento. Se infatti l’età media umana va aumentando, lo stesso non si può dire degli anni in salute. Per approfondimento sul tema generale delle cellule senescenti e sull’invecchiamento, lascio un video di Kurzgesagt con sottotitoli in italiano