Quando parliamo con i parenti, quando auguriamo qualche fortuna ad un amico, prima o poi si finisce per commentare: “l’importante è che ci sia la salute”. Del resto, senza quella, sarebbe impossibile portare a termine qualunque altro progetto. La riteniamo fondamentale, giustamente. Eppure, in certi casi, improvvisamente non ha più alcun valore. È il caso, ad esempio, del morbillo: una patologia che può anche portare alla morte (e non troppo raramente), che colpisce più bambini che adulti, ma per la quale esiste una cura. Fin qui tutto nella norma, ci sono infiniti esempi di condizioni di questo tipo. Ma c’è un intoppo, la cura non è un farmaco (non come lo intendiamo ad ogni modo, come pastiglia o in bustina) bensì un temutissimo vaccino. Per molte persone questa è una parola demoniaca che fa abbandonare anche l’ultimo briciolo di autoconservazione a favore della protesta. Ed è emergenza morbillo.
L’importanza delle basi scientifiche
Da quando il non-più-dottor Andrew Wakefield (prontamente radiato dall’albo dei medici) ha pubblicato il proprio falso “lavoro” in merito alla correlazione tra vaccini e autismo (smentita in ogni modo e da qualunque punto di vista) questa utilissima pratica medica è stata ingiustamente osteggiata. Probabilmente, il concetto destabilizzante è che non sia un farmaco curativo quanto preventivo, per cui non c’è vera necessità di assumerlo, anche se le motivazioni addotte sono le più disparate.
I dati sono sconfortanti
Pertanto non dobbiamo stupirci come negli ultimi anni il numero di casi di morbillo, una delle malattie per cui è possibile questa forma di prevenzione, sia aumentato in Europa in maniera abbastanza generale. Nello specifico, Italia e Romania hanno avuto rispettivamente 3.346 e 7.491 malati nel primo semestre del 2017, con un incremento di quasi 300 su base mensile tra giugno e luglio. Nessuna nazione europea ha un record tanto negativo, nè in termini assoluti nè relativi, proporzionalmente alla popolazione totale (0,038% ROM, 0,0055% ITA; la Germania ha un 50-esimo di tale valore, gli USA un 500-esimo). Le percentuali potranno anche sembrare basse, ma considerando che si tratta di una malattia totalmente prevenibile non lo sono. Non a caso si parla di emergenza morbillo.
Il ruolo dei no-vax
Ma perché proprio Romania ed Italia? Cos’hanno di diverso questi due Stati europei rispetto agli altri? I grafici delle coperture parlano chiaro. Il livello del 95%, considerato dall’OMS necessario per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge, è ancora lungi dall’essere raggunto. Ma c’è di più. Negli ultimi anni in entrambi i Paesi si è registrato un rafforzamento del movimento antivaccinista. La situazione della Romania è in questo senso davvero esemplare. Una decina di anni fa 97 persone su 100 avevano deciso di vaccinarsi. Poi, nel 2013, l’inizio della svolta: una presentatrice TV fondò un movimento ultra-religioso e pro-life contro questa pratica medica (non in merito al morbillo nello specifico), appoggiando la famosa tesi di Wakefield. E, considerando che nel 2014 il numero di casi di morbillo ammontava ad appena 7, la differenza è spaventosamente evidente.
“Meglio prevenire che curare”
La salute non può essere basata su credenze infondate che possono provocare danni a noi e a chi ci sta intorno, considerando che ogni genitore sceglie per sè e per i propri figli, che sono molto più sensibili alle infezioni. Per tantissime malattie si è costretti a ricorrere ai farmaci, a terapie complesse e magari con effetti collaterali, per il semolice fatto di essersi accorti troppo tardi dall’insorgenza della patologia. Dato che ci si affida alla saggezza popolare per sostenere le proprie opinioni, qualsiasi esse siano, è più che appropriato farlo una volta di più: è meglio prevenire che curare. L’emergenza morbillo va fermata, la situazione sta peggiorando ed è necessario fare di tutto perchè non prosegua in questa maniera.