E’ innegabile, lo scontro aperto tra il neo eletto ministro degli interni Matteo Salvini ed il noto scrittore Roberto Saviano, principalmente conosciuto per la sua opera di divulgazione circa il movimento mafioso italiano, ha monopolizzato nelle ultime settimane l’attenzione del web. Sebbene l’effettivo inizio delle ostilità risalga addirittura a prima della salita al colle del Viminale del leader leghista, di recente lo scontro si è fatto notevolmente più acceso. E se la settimana scorsa Salvini minacciava di togliere la scorta che dal 2006 accompagna lo scrittore napoletano in giro per il mondo, con tanto di tempestiva risposta social di Saviano, oggi si è arrivati ad un probabile climax della vicenda.
Accusa e contro accusa
Anche in questo caso, la carta (o, per meglio dire, Facebook) canta: la denuncia deposta alla questura di Roma fa riferimento ad una serie di post, facilmente rintracciabili sul web, in cui lo scrittore avrebbe più volte apostrofato in malo modo il ministro degli interni Matteo Salvini. Ciò che proprio secondo Salvini ha trasceso il sacrosanto diritto alla critica è un accostamento in particolare: quello secondo cui, secondo Saviano, egli sarebbe catalogabile come ministro della malavita, citazione che peraltro è ripresa, come sottolineato dallo stesso scrittore, dall’epiteto con cui Gaetano Salvemini ha più volte onorato Giovanni Giolitti durante il suo mandato come Presidente del Consiglio dei ministri.
La vicenda, come largamente prevedibile, ha diviso l’opinione pubblica: chi, fedele sostenitore del leader leghista, non può fare a meno di credere che le accuse mosse da Saviano siano un insulto allo Stato stesso, come sottolineato proprio da Salvini, e chi difende a spada tratta lo scrittore per l’onore che costeggia la sua causa. Prima ancora di prendere parte ad uno dei due ovvi schieramenti, è quantomeno fondamentale però snocciolare in qualche modo le parole di Saviano, anche e soprattutto in virtù del fatto che, probabilmente, questa stessa denuncia contribuisce a rendere paurosamente verosimili.
Come si combatte la malavita
Mentre Salvini nuotava nella piscina di una villa sequestrata alla mafia, Saviano si scattava un selfie indossando una maglietta rossa e la postava sui social, in solidarietà alle morti nel Mediterraneo. Trovare, in una qualsiasi delle due vicende, una virgola in grado di sminuire l’altra faccia della lotta alla malavita è probabilmente sintomo di una poca conoscenza (del tutto legittima) del campo in questione. Tuttavia, tale giostra è stata prontamente gettata nell’arena del dibattito politico senza rigor di logica, strumentalizzata sia da chi sottolinea l’inutilità della cultura promossa da Saviano senza l’azione vera e propria, sia da chi sostiene l’illeggittimità dei meriti di Salvini circa la perquisizione della villa. Cosa significa, dunque, lottare contro la mafia? E perchè la querela posta dal Viminale contro Saviano ha così tanta importanza in tal proposito?
Limitare la concezione di guerra contro la malavita alla banale azione repressiva e militare è talmente riduttivo da sembrare irreale. Lo stesso Salvini, nel post in cui esibisce l’articolo della sua impresa, svilisce l’aspetto culturale, fatto di informazione e prevenzione, che in tutti questi anni in Italia si è messo in atto contro le associazioni mafiose, a favore di una drastica manovra concreta per debellare il fenomeno in superficie. Aspetto culturale di cui, peraltro, lo stesso Saviano è portavoce. Un aspetto che, senza dubbio alcuno, è parte integrante del meraviglioso processo con cui qualsiasi italiano può e deve sentirsi finalmente libero dal giogo mafioso, che va insegnato nelle scuole prima ancora che al telegiornale, sui libri prima che sulle prime pagine di cronaca nera. Le basi della vera rivoluzione, senza la quale è più che impossibile pensare ad un’Italia libera, poichè la mera azione violenta contro di esse non fa altro che alimentare nelle menti degli individui l’importanza e la magnificenza di queste associazioni mafiose, glorificando talvolta il loro operato. Non capirne i processi, le cause, non analizzare il terreno fertile in cui queste nascono e si sviluppano, puntando alla primitiva repressione, non è altro che un tentativo di acquietare le masse. Attaccare Saviano è, oggi, una mossa del tutto priva di progettualità per il futuro, e probabilmente anche il motivo per cui l’informazione circa il fenomeno mafioso oggi sembra essere limitato alla spettacolarizzazione delle fiction televisive. Circa le parole di Salvini nel post sopracitato, è impossibile non associarle immediatamente alle parole di un grande lottatore, il quale diede la sua stessa vita contro l’orrendo assoggettamento della mafia, e di cui il 19 luglio è anche la commemorazione:
“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” – Paolo Borsellino
Lorenzo Di Salvatore