Rabbia: Istruzioni per l’uso

La rabbia è un’emozione con cui abbiamo a che fare quotidianamente. C’è chi si lascia prendere dalla furia e chi mantiene una certa compostezza, ma generalmente la rabbia viene considerata negativamente. Ma quali sono le origini e le cause di questa emozione? È giusto controllarla? 

 

Rabbia Wolverine
Hugh Jackman mentre interpreta uno dei supereroi più irascibili e iracondi del mondo Marvel: Wolverine

Rabbia. È un’emozione nota a tutti, che ognuno di noi cerca di sopprimere ma che a volte si presenta come incontrollabile e totalizzante (e chiunque si sia trovato bloccato nel traffico dietro a un ottantenne alla guida lo sa di certo). La nostra società tende a condannare la rabbia, in quanto può portare ad atti sconsiderati ed estremi. Osanniamo invece l’autocontrollo e la capacità di gestire le proprie emozioni. Ma allora, da dove ha origine la rabbia? Qual è la sua funzione, e perché ne abbiamo bisogno?

Rabbia: un’emozione primaria e un istinto animale

Tim Roth rabbia
Tim Roth, straordinario attore, assume un’espressione che evidenzi quali tratti del viso si modificano quando ci arrabbiamo

Paul Ekman negli anni ’70 individuò sei emozioni primarie, tra cui era presente anche la rabbia. Notò come queste sei emozioni fossero universali, intuendo che avessero una base innata. È quindi normale e biologicamente inscritto nel nostro DNA l’istinto a scaldarsi di tanto in tanto. E noi umani, così come ogni animale, ci sentiamo possedere dall’ira nel momento in cui ci sentiamo minacciati. Ma se per il resto del regno animale questo significa principalmente essere in pericolo di vita o notare un’invasione del proprio territorio, in noi umani la minaccia esiste anche a livello psicologico. È per questo che ci arrabbiamo quando ci sentiamo screditati, o sminuiti, se percepiamo una minaccia alla nostra autostima o se siamo frustrati da una qualche ingiustizia commessa nei nostri confronti.

Perché ci arrabbiamo

300 e la rabbia
Frank Miller, autore e disegnatore del fumetto “300”, racconta le gesta molto romanzate di Leonida e i suoi prodi 300. Nel raccontare la vicenda, dipinge gli Spartani come in preda alla furia più che alla paura

Chi si arrabbia di più tende a interpretare gli eventi come negativi per se stesso. Per esempio, se temo che gli altri mi manchino di rispetto posso leggere un sorriso come segno di irrisione anche se non vi erano intenzioni provocatorie“, spiega Paolo Meazzini, direttore della Psicoterapia training school di Roma. Nel momento in cui ci sentiamo minacciati, il nostro corpo si prepara a una risposta adeguata, portando a un aumento dell’attivazione fisiologica (quali secrezioni ormonali e contrazioni muscolari). Ma non sempre ci abbandoniamo all’ira. Molte volte riusciamo a controllarci, e questo dipende dalla scala gerarchica delle nostre priorità. Si viene a creare un conflitto tra lo scopo della rabbia (per esempio, ripristinare l’equilibrio dopo aver subito un’offesa) e uno scopo sovraordinato (ad esempio, il desiderio di essere considerati delle persone equilibrate e morigerate). Se non esprimere la rabbia diventa una nostra priorità, la si esperirà anche in maniera meno prorompente. Ma questo conflitto tra scopi spesso è un meccanismo interno e inconsapevole. Se si preferisce il piacere immediato ai risultati migliori sul lungo periodo significa che lo scopo sovraordinato non è stato interiorizzato.

L’autocontrollo va allenato

L’autocontrollo non è così diverso da un muscolo: per poter diventare più forte e resistente, per poterlo rinforzare, va allenatoRoy Baumeister, psicologo originario dell’Ohio, lo ha provato in diversi esperimenti. Fece lavorare dei soggetti sperimentali per due settimane o sul loro modo di parlare, che doveva essere più corretto e meno gergale, o sulla loro postura. A distanza di 15 giorni i risultati indicavano già netti miglioramenti: esercitare l’autocontrollo portava a una maggiore resistenza a frustrazioni e delusioni. “Se si dà alle persone aggressive l’opportunità di migliorare il loro autocontrollo, risultano presto meno impulsive“, conferma Thomas Denson, psicologo dell’Università del New South Wales (Australia), anche lui coordinatore di esperimenti affini a quelli di Baumeister.

La rabbia e l'autocontrollo in God of War
Gli amanti dei videogiochi quando si parla di ira non potranno non pensare a Kratos, protagonista della saga di God of War. Personaggio esemplificativo di quanto la rabbia possa essere distruttiva per se stessi e per gli altri, pur portando ai risultati sperati, nell’ultimo capitolo della saga cerca di imparare, lui per primo, a dominare i propri sentimenti

Il ruolo malefico dello Stress

L’autocontrollo però funziona come una sorta di riserva energetica dalla quale attingiamo. E si esaurisce con una relativa facilità. Questo è il motivo per cui se siamo sottoposti ad uno stress continuativo o particolarmente elevato, la nostra resistenza all’ira diminuisce di molto, e cediamo anche più facilmente alle tentazioni. Lo dimostra anche uno studio condotto dalla Monmouth University (USA). Gli studiosi hanno preso come campione un insieme di individui sentimentalmente impegnati. Quando a questi veniva proibito di mangiare dei biscotti appena sfornati, i soggetti finivano col cedere più facilmente alla tentazione di flirtare con degli sconosciuti online. È stato anche dimostrato che l’aggressività, a fronte di un periodo di particolare stress, aumenti: dopo una giornata particolarmente pesante, ad esempio, siamo più suscettibili alle critiche del nostro partner e più insofferenti ai suoi difetti. Attenzione quindi quando i vostri compagni tornano da esami o giornate di lavoro sfiancante!

Una chiusura totale alle proprie emozioni è altrettanto negativa

Al tempo stesso va trovato un certo equilibrio: non bisogna rinunciare alla propria spontaneità, e bisogna accettare quello che si prova. Non solo per poter vivere meglio, ma anche per una buona vita sociale: l’impenetrabilità e la chiusura emotiva portano all’isolamento sociale. Se non si inviano segnali di ciò che si prova, non c’è scambio emotivo e le relazioni ne risentono. Diventa più difficile, per esempio, creare legami di amicizia” spiega Meazzini. C’è ovviamente da tener conto della cultura entro la quale si è inseriti (si pensi a una società come quella giapponese, dove l’imperturbabilità manifesta viene considerata positivamente), ma generalmente chiudersi in se stessi allontana gli altri.

Nascondere la rabbia porta a isolamento
Chiudersi completamente e non lasciar trasparire le proprie emozioni e i propri stati d’animo porta a venire isolati e allontanare chi provi a starci vicino

Diversi tipi di rabbia

James Averill del­l’Università del Massachusetts (Usa) ha individuato tre tipi diversi di rabbia. Una prima, definita malevola, vendicativa e che esprime disprezzo. Lo psicologo ha poi definito ‘di sfogo’ quel tipo di rabbia che serve per scaricare la tensione accumulata, anche contro chi non ha colpe. E poi un ultimo tipo, la rabbia ‘costruttiva‘, che ci serve per batterci per le nostre idee e rafforzare i nostri rapporti sociali. E forse questa è proprio quella a cui dovremmo abbandonarci più spesso

Liget, ovvero la rabbia positiva

Esiste però un altro tipo di rabbia positiva, ovvero quello che ci spinge a migliorare, a lavorare più duramente e ad affermare i nostri valori. La stessa che ha portato i nostri antenati ancestrali a difendere il proprio territorio, la propria prole, a creare una società con determinati valori e difenderla da attacchi esterni. La stessa rabbia che ci pervade quando non riusciamo a completare un compito a cui teniamo particolarmente e che ci spinge a lavorare ancora più duro. Quel tipo di energia rabbiosa che ci spinge a essere sempre migliori. Ecco, tra gli Ilongot, tribù di cacciatori di teste che vivono nelle giungle della Nueva Vizcaya, nelle Filippine, si chiama liget. Negli anni ’80 l’antropologa Michelle Rosaldo portava questo concetto nel mondo occidentale, citano gli Ilongot:”se non fosse per la liget, non avremmo una vita e non lavoreremmo mai“.

 

Ogni tanto è quindi normale e naturale scaldarsi e alterarsi: l’importante è aver ben presente il proprio sistema di valori e di credenze e non trasgredirlo mai, per evitare di danneggiare coloro che amiamo.

 

Matteo Sesia