Capiamo cosa sta accadendo negli Stati Uniti d’America.
La situazione negli U.S.A.
Il 3 maggio il quotidiano americano Politico ha diffuso una bozza scritta dal giudice Samuel Alito. Secondo il documento, che risalirebbe a febbraio, oltre ad Alito sono concordi nel bocciare la sentenza Roe vs Wade del ‘73 anche i quattro giudici nominati dai repubblicani – Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett. La sentenza Roe contro Wade, insieme alla successiva decisione del 1992 Planned Parenthood contro Casey, garantiva la tutela costituzionale federale dei diritti all’aborto fino alla 22-24 settimana. Nella bozza si legge che si tratta di sentenze «errate sin dall’inizio» e non solo; Alito scrive: «La conclusione inevitabile è che il diritto all’aborto non è profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni della Nazione». La Corte inoltre sta discutendo da mesi la costituzionalità di una legge del Mississipi che limita il ricorso all’interruzione di gravidanza entro le 15 settimane. Entro fine giugno la Corte dovrà votare e se la bocciatura di Roe/Wade dovesse arrivare, non solo avrebbe via libera la legge del Mississipi, ma anche tutte quelle simili in altri Stati, soprattutto nel sud.
Oltre al Mississipi infatti, nel luglio 2021 ha suscitato molte proteste la legge del Texas, che, oltre a vietare l’aborto dal momento in cui è percepibile il battito fetale (intorno alle sei settimane), ha introdotto una ricompensa di 10 mila dollari a chiunque denunciasse un’interruzione di gravidanza illegale. Il cosiddetto Heartbeat Bill è una delle tante leggi promosse dalle associazioni pro-vita, dai governi repubblicani e dalle associazioni evangeliche in vari Stati, che mirano non solo a vietare l’aborto ma anche ad aumentare gli ostacoli per arrivarci, come ad esempio imporre determinate regole strutturali alle cliniche che lo praticano, dalle misure dei corridoi agli spazi per i parcheggi.
Attualmente la norma delle sei settimane è stata votata in Idaho, Georgia, Ohio, Kentucky e Louisiana, mentre Alabama e in Oklahoma hanno approvato la legge più restrittiva: l’aborto è sempre vietato, anche in caso di stupro o incesto, tranne nei casi in cui sia a rischio la vita della gestante. Se la Roe contro Wade verrà annullata non ci sarà più la possibilità di ricorrere per vie legali contro queste norme.
La sentenza Roe vs Wade
L’aborto negli Stati Uniti è diventato legale per la sentenza Roe vs Wade del 1973, quando la Corte Suprema aveva riconosciuto il diritto della donna texana Norma McCorvey di interrompere la gravidanza. Da allora in poi questa decisione è stata oggetto di feroci attacchi, alimentati sia dalla fede religiosa di chi considera la pratica alla stregua di un omicidio, e in parte dalla dottrina politica e legale che rifiuta in questi casi la capacità dei magistrati di fare giurisprudenza: la scelta, per chi critica questa sentenza, andrebbe delegata ai cittadini o ai loro rappresentanti. Prima della sentenza, l’aborto negli Usa era disciplinato da ciascuno Stato con una legge propria: in oltre la metà degli Stati l’aborto era considerato reato, quindi non poteva essere praticato in nessun caso. In 13 Stati era legale solo se costituiva pericolo per la donna, in caso di stupro, incesto o malformazioni fetali. In 3 Stati era legale solo in caso di stupro e di pericolo per la donna. In 4 Stati, bastava la richiesta della donna.
Nel 1963, Norma McCorvey, alias Jane Roe (per tutelare la privacy della donna) a 16 anni si sposa con un uomo violento dal quale ha due figlie. Durante la terza gravidanza viene contattata da un team di avvocate, delle quali la più celebre è Sarah Weddington, le quali decidono di portare il caso di Norma in tribunale, per affermare il suo diritto ad abortire. A rappresentare lo Stato del Texas nel processo del 1970 è l’avvocato Henry Menasco Wade.
Nel 1972 la causa arriva alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che decide in favore della donna, emettendo la sentenza il 22 gennaio 1973. Ai giudici veniva chiesto se il diritto all’aborto venisse riconosciuto anche in assenza di problemi di salute della donna, del feto e di ogni altra circostanza che non fosse la libera scelta della donna. La decisione venne presa con una maggioranza di 7 giudici a favore e 2 contrari. Si fondò su un’interpretazione non nuova del Quattordicesimo Emendamento, secondo cui esiste un diritto alla privacy inteso come diritto alla libera scelta di ciò che attiene alla sfera più intima dell’individuo. Essendo una sentenza emessa dalla Corte Suprema, questa crea un precedente legale e condiziona fortemente le leggi degli altri stati.
Negare una scelta è anacronistico
Premessa: con questo paragrafo analizziamo non se sia giusto o sbagliato abortire, ma se l’aborto sia un diritto. Come considerare l’interruzione di gravidanza sotto l’aspetto morale è una cosa che spetta alla coscienza del singolo, in base alle sue idee, alla sua morale, alla sua fede e alle sue convinzioni. Il diritto all’aborto è però una cosa diversa.
La negazione di un diritto, che negli USA esiste da circa 50 anni, è una cosa che stona con la nostra epoca. Negare la possibilità ad un essere umano di poter scegliere cosa fare è di fatto anacronistico. Si poteva fare 90 anni fa, quando la società era diversa e sotto forte controllo delle religioni (pensiamo all’influenza della Chiesa sugli italiani), ma oggi è impensabile. Nelle società occidentali (discorso a parte va fatto per forza di cose per società con situazioni politico-religiose differenti) non esiste più un’unica corrente di pensiero o un unico culto a cui la stragrande maggioranza della popolazione fa riferimento, ma invece vediamo che queste società sono un miscuglio di diverse culture, etnie, fedi, etc.: non esiste più una coscienza unica e superiore ma esistono tante coscienze individuali. Cosa porterebbe negare la scelta di un’interruzione di gravidanza? Sì diminuirebbero gli aborti, ma ce ne sarebbero molti di più fatti illegalmente e in condizioni sanitarie precarie. Inoltre perché negare all’altro la possibilità di scegliere sulla base di una tua convinzione? Se per una persona l’aborto può essere una cosa moralmente sbagliata, e per questo non la farà mai, non è giusto che si neghi ad un altro con idee diverse questa possibilità. Prendendo ad esempio un cristiano osservante, questi sarà contrario ad abortire, giustamente in quanto coerente con una sua convinzione; ma perché dovrebbe proibire ad un altro di farlo? Certo, cercherebbe di convincerlo che sia sbagliato abortire, ed è giusto che tiri acqua al suo mulino, ma nessun Uomo dovrebbe mai proibire ad un altro di decidere per sé stesso. Negare il diritto all’aborto significherebbe tornare indietro nel tempo ad una società non laica e con un’unica morale guida, cosa che ormai non è più possibile.