“Lavorare stanca” e “L’autostrada”: gli elementi comuni in Pavese e Daniele Silvestri

Un uomo si trova, solo, nello spazio vuoto che abita. All’improvviso l’arrivo di una “lei” cambia le situazioni. Cesare Pavese e Daniele Silvestri si servono di questo scenario: il risultato? Due visioni che si completano.

(Ibs)

La solitudine di un paese di cui si fatica a stabilire una motivazione, l’inutilità delle strade attorno e la presenza vuota della gente che “magari saluta”, ma non riesce a colmare l’abisso. Una prospettiva a prima vista catastrofica, ma che a ben pensarci non risulta impossibile all’interno della vita di ognuno. Proprio questo scenario è portato sul palco da due interpreti diversi: Cesare Pavese, nella sua “Lavorare stanca”, e Daniele Silvestri, con “L’autostrada”.

“Lavorare stanca”: il vuoto della solitudine e la necessità di scegliere

Traversare una strada per scappare di casa lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo
che gira tutto il giorno le strade, non è piú un ragazzo e non scappa di casa.

Ci sono d’estate

pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese sotto il sole che sta per calare, e
quest’uomo, che giunge per un viale di inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre piú solo?
Solamente girarle, le piazze e le strade sono vuote. Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
[…]

Non è certo attendendo nella piazza deserta che s’incontra qualcuno, ma chi gira
le strade si sofferma ogni tanto. Se fossero in due, anche andando per strada, la
casa sarebbe dove c’è quella donna e varrebbe la pena.

[…]
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada che, pregata, vorrebbe dar mano alla
casa.

“Lavorare stanca” è stata composta da Cesare Pavese nel 1934 ed è contenuta all’interno della raccolta che porta lo stesso nome. Lo stesso autore definirà la sua prima opera come “l’avventura dell’adolescente che, orgoglioso della sua campagna, immagina consimile la città, ma vi trova la solitudine e vi rimedia col sesso e la passione”, senza tuttavia trovare in ciò una soluzione. All’interno di questo contesto va collocata la poesia-racconto che abbiamo appena letto: un soliloquio interiore in terza persona, in cui il personaggio vaga da solo tra le strade inutili, popolate di persone che non stringono alcun legame con il personaggio, e perciò gli appaiono presenze vuote. Da questa solitudine, e dalla drammatica domanda “val la pena esser solo, per essere sempre più solo?” nasce la necessità di condividere la propria storia con una donna, di rendere qualcuno la propria casa. Questa condizione di disagio solitario pesa sulle spalle del personaggio, che si sente travolto nella necessità di scegliere di parlare con una donna.  La certezza ostentata sul finale viene smorzata con un disperato vorrebbe, al condizionale, che sottolinea la precarietà della situazione.

“L’autostrada”: il vuoto marcio del luogo interrotto dall’arrivo di lei

Un luogo anonimo, vuoto ed ostile, con un’estate tossica e puzzolente annebbiata dall’afa. Di certo il luogo in cui la casa è situata, vicino all’incrocio di due strade che si incontrano senza un motivo apparente e proseguono tristi, non piace al protagonista della canzone di Daniele Silvestri. Il passaggio delle persone risulta indifferente a queste ultime  e a chi le vede passare. La monotonia afosa ed assuefatta viene interrotta da qualcosa di dolce e fatale, proprio come il profumo di pane alle olive o il suo sorriso, diverso da quello della gente che passa perché destinato a restare. Tuttavia l’arrivo di lei non non dona perenne serenità, ma altri dubbi: cosa offrire a una persona che vuole restare? Nient’altro che tutto ciò che si ha, incluso il terribile carosello delle persone che passano, come fantasmi, nel vuoto.

Due visioni complementari

Anche ad un occhio non troppo attento non sfuggiranno gli immediati collegamenti di queste due visioni, ma cerchiamo di trovarne i punti fondamentali. Centrale ad entrambi i componimenti è un forte senso di vuoto, dato dall’anonimato di luoghi comuni e disanimati (basti pensare alla freddezza della descrizione della chiesa ne “L’autostrada”), ma soprattutto dall’immensa solitudine e dalla mancanza di una motivazione. In entrambe le visioni, inoltre, la presenza della donna cambia tutto, dona in un caso un tono di colore diverso e nell’altro una motivazione per continuare. Un altro tratto comune è rappresentato dal senso di inadeguatezza, che nella poesia di Pavese si traduce nel peso della scelta, e nella canzone di Silvestri nei dubbi che sorgono al personaggio all’arrivo dell’altra persona.

Un ultimo, cruciale parallelismo può essere stabilito tra la figura della donna in “Lavorare stanca” e dell’autostrada nella canzone. Entrambi gli elementi rappresentano una possibilità di cambiamento della situazione statica in cui ci si trova inizialmente, e sono visti dal personaggio come la più desiderabile, seppur impraticabile, via di fuga.

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