Il bullismo di genere e l’omofobia sono argomenti attuali magistralmente trattati in “Noi siamo infinito”

Il bullismo di genere è uno dei tanti stigmi che penalizzano una società, come la nostra, purtroppo ricca di stereotipi

Noi siamo infinito” è un film delle 2012 che punta i riflettori sulle particolari situazioni che un adolescente deve affrontare durante questo periodo, evidenziando particolarmente come vecchi traumi possono venire alla luce e come se ne creino di nuovi

Il film

Noi siamo infinito” è un film del 2012 diretto da Stephen Chbosky la cui storia si basa sul romanzo scritto dallo stesso. La pellicola, candidata a vari premi, narra la storia di un ragazzo di nome di Charlie, interpretato da Logan Lerman, che porta con sé una serie di traumi che lo hanno reso timido, ansioso e vittima di difficoltà relazionali, ovvero: l’abuso da parte della sua zietta preferita durante l’infanzia e il suicidio del suo migliore amico. Il film prende vita quando Charlie, nonostante le sue difficoltà, riesce a trovare due amici che per lui diventeranno fondamentali, ovvero Sam e Patrick, interpretati rispettivamente da Emma Watson ed Ezra Miller. Vi starete chiedendo cosa abbia a che fare Charlie con il bullismo omofobico: ebbene nulla, perché il focus di questo articolo si concentra non sulla vita del protagonista ma sul vissuto del suo migliore amico, omosessuale, Patrick. Il ragazzo vive sottoposto ad un continuo stress psichico non per la sua sessualità ma per l’omofobia che lo circonda: viene spesso chiamato frocio (con accezione dispregiativa), ridicolizzato o picchiato solo perché omosessuale, ma la sua difficoltà più grande è tenere nascosta la sua relazione con un ragazzo che nasconde le sue tendenze sessuali per paura della reazione di suo padre e dei suoi amici.

Bullismo omofobico

Il bullismo omofobico è molto diffuso tra gli adolescenti e consiste in atteggiamenti come battute e insulti omofobi, maltrattamenti, minacce, azioni di sabotaggio, distruzioni del materiale personale, radicalizzazione del lavoro altrui ed eccessive aspettative. Come si può vedere in varie scene del film, Patrick viene insultato, deriso e picchiato selvaggiamente, e tutto ciò purtroppo accade anche nella realtà con conseguenze molto gravi per la salute dei soggetti offesi. I rischi in cui incorrono gli/le adolescenti a tal proposito possono essere: l’abbandono scolastico, problemi psicosomatici, ansia, insonnia, autoisolamento, autolesionismo e persino il suicidio. Tutte queste conseguenze sono il frutto del “minority stress”.

Minority stress

 

Questi atteggiamenti omofobici portano a chi li subisce uno grave stress continuativo che viene definito “minority stress” ovvero lo stress delle minoranze. Come dimostrano alcuni studi, questo stress è maggiormente significativo per le persone omosessuali anche rispetto a chi subisce insulti razzisti, ed è un costrutto formato da tre dimensioni:

  • Omofobia interiorizzata: consiste in un atteggiamento conflittuale che la persona omosessuale ha nei confronti dei propri stimoli. Nel film, per esempio, il compagno di Patrick, all’inizio della loro storia d’amore, disprezza talmente tanto le sue tendenze omoerotiche da doversi ubriacare per avere un rapporto con la persona che ama.
  • Omofobia sociale: quanto più una persona viene discriminata, tanto più sarà il suo atteggiamento di paura nell’essere identificato come “gay” e sarà sicuramente più sensibile all’ambiente. Atteggiamento visibile nel film ancora una volta dal fidanzato di Patrick, infatti egli stesso definisce dispregiativamentefrocio” il suo compagno difronte ai suoi amici, terrorizzato dall’idea di essere discriminato anche lui.
  • Esperienze negative: questa terza dimensione è quella che porta, a causa delle violenze e discriminazioni subite, ad azioni di isolamento e violenza.

A differenza del normale bullismo, quello di genere è più grave poiché viene messa in causa la propria sessualità, la vittima ha maggior difficoltà nel chiedere aiuto ad un adulto proprio per evitare di richiamare l’attenzione sulla propria sessualità ed infine perché essendo un soggetto in minoranza all’interno di un gruppo viene meno aiutato dai compagni per evitare che anche questi possano essere considerati omosessuali.

Causa e cura

Le cause di questo tipo di comportamento vanno ricercata nell’educazione che fin da piccoli questi bulli ricevono nell’ambiente in cui crescono e si sviluppano, un’educazione basata sugli stereotipi che, da sempre, hanno costituito la nostra cultura. Basti pensare che fino al 1948 l’omosessualità era considerata una patologia e purtroppo qualcuno è ancora influenzato da questa “impressione” vecchia ormai di settantadue anni. Persino i libri di scuola elementare e le storie che vengono raccontate ai più piccoli vivono di stereotipi e ruoli che devono appartenere per forza o ai maschi o alle femmine, come analizzato da Irene Biemmi in “Educazione assistita”: ad esempio ai personaggi maschi vengono sempre affidati gli stessi cinquanta lavori come muratore, scrittore, mago, principe, ecc., mentre per le donne solo 15 ruoli come maestra, casalinga, fata, principessa da salvare, strega ecc. Per mettere la parola fine su questo atteggiamento omofobo è importane il ruolo della scuola, infatti gli educatori/educatrici devono quanto più possibile far esprimere i propri alunni su questo argomento per comprenderne i modelli da loro interiorizzati per poi discuterne tutti insieme.

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