I classici non sono intoccabili, ma vita quotidiana: come D’Avenia ha mostrato l’attualità di Dante

A volte si pensa che un classico della letteratura sia sacro e non vada “usato” se non in certi ambienti. Spesso ci sfugge che i classici sono tali perché, come diceva Calvino, un classico non finisce mai di dire ciò che ha da dire.

Molto spesso i classici della letteratura vengono trattati tra i banchi di scuola come qualcosa di assolutamente “esterna” alla nostra vita, come se leggessimo dei classici unicamente per fare i compiti a casa. In realtà, come molti di noi già fortunatamente sanno, un approccio unicamente nozionistico nei confronti della letteratura non è quello più corretto. Dante è sicuramente un sommo poeta e merita rispetto, così come Leopardi, non per questo ironizzare sulla loro poetica o applicarla ad aspetti più quotidiani, se lo si fa con la giusta consapevolezza, significa non rispettare la loro grandezza. Vediamo perché.

Grandi autori tra memes e cultura pop

In anni recenti, con l’avvento di Internet in particolar modo, è stato sempre più facile fare satira libera su tutto. Ne consegue, che molti tabù sono stati per così dire sdoganati. Con l’avvento dei memes, poi, lo sappiamo, che ci piaccia o no, ormai tutto è oggetto di satira. Ciò riguarda anche i classici e Il Superuovo lo sa bene. Moltissimi personaggi della letteratura sono sovente oggetto di scherno, a volte esasperando aspetti della loro poetica effettivamente non così preponderanti. Non è un modo di apprendere tradizionale, eppure è motivo di grande interesse da parte dei più giovani. È innegabile, del resto, che una parodia o satira di qualcosa, richiede senza dubbio una conoscenza di base della stessa.

Naturalmente esistono insegnanti ed intellettuali che si battono con le unghie e con i denti affinché determinati classici vengano “rispettati“, intendendo con questo il fatto di considerarli sacri e di non farne “uso e consumo” per la vita quotidiana. Ne consegue che spesso articoli in cui viene accostato Caparezza a Dante, poiché il primo ha citato il secondo in una canzone, vengono contestati in quanto Dante è un sommo poeta mentre Caparezza è “solo” un cantautore. Secondo molti, un simile accostamento è “blasfemo”, in quanto certi scrittori sono così sacri che vanno tenuto solo in ambienti ben precisi, in determinati libri ed in certe situazioni. Di recente, per fortuna, le università in particolare si sono sempre più aperte in tal senso, aggiungendo seminari e spesso anche saggi che combinano le discipline e la cultura pop, non per questo facendo voli pindarici senza senso, ma adoperando un metodo didattico basato sul rendere attuale il sapere. Ad esempio, il cantautorato sta acquisendo sempre più dignità letteraria, mentre prima veniva considerata letteratura solo qualcosa di ben definito e ristretto.

Ormai, spesso è proprio una competenza richiesta la capacità di attualizzare il pensiero di determinati scrittori. Un professore che ha mostrato grande apertura mentale in tal senso è Alessandro D’Avenia, che con il suo blog Prof due punto zero, le sue conferenze, spettacoli teatrali, lezioni e libri ha più volte dimostrato come sia possibile avvicinare i giovani alla grande letteratura, senza per questo snaturare la stessa. Un esempio banale è il fatto che questi si sia prestato a curare la prefazione di un’edizione a fumetti della Divina Commedia (con le tavole di Gabriele Dell’Otto), quando i fumetti vengono a volte considerati il genere pop non letterario per antonomasia, senza, peraltro, alcuna valida ragione. Non sono molti i professori che farebbero una cosa del genere.

Non leggete Dante, lasciatevi leggere da lui!

– Alessandro D’Avenia

Insegnare l’attualità dei classici per insegnare a vivere

Alessandro D’Avenia è un professore di lettere, divenuto famoso per i suoi romanzi per ragazzi. Il primo di questi, dal titolo Bianca come il latte rossa come il sangue, affronta svariati temi tra i quali la crescita adolescenziale, la malattia, la letteratura, l’educazione e l’insegnamento. In questo romanzo si narra la storia di Leonardo, un ragazzo che frequenta il liceo classico, innamorato di una ragazza di nome Beatrice. Leo, come si fa chiamare, non ha alcuna fiducia nella scuola e anzi la considera una perdita di tempo. La situazione cambia quando arriverà un supplente di storia e filosofia, chiamato dall’autore “sognatore“, che inizierà piano piano a coinvolgere Leo nelle sue lezioni e gli insegnerà, oltre alle classiche nozioni, a sognare. L’amore di Leo per Beatrice non è privo di riferimenti, naturalmente, alla poetica di Dante ed in generale a tutta la letteratura, applicata ad una “normale” vicenda adolescenziale. Tuttavia, questa semplice cotta si tinge di tragico quando Leo scopre che la sua Beatrice è malata di leucemia.

Il romanzo mostra la crescita personale di un adolescente che impara a convivere con la dura realtà, con la malattia e anche con se stesso. In ciò il ruolo dell’insegnante è preponderante. Grazie alla bravura di un docente, la letteratura e la filosofia non sono materie rinchiuse nei banchi di scuola, Dante non è un autore ammuffito, protetto in una teca di vetro, ma un uomo che parla e che insegna a vivere. Naturalmente questo non significa che bisogna perdere di vista gli aspetti fondamentali di un autore e fare collegamenti impropri con la nostra vita o con la realtà di oggi, peccando di anacronismo. Come in tutto, serve un equilibrio, che proprio un buon insegnante può tracciare.

Dialogare con Leopardi

In un altro romanzo, Alessandro D’Avenia ha poi rivalutato la figura di Giacomo Leopardi: L’arte di essere fragili, è un libro in struttura epistolare che racconta fittizie lettere di D’Avenia indirizzate proprio a Leopardi. Da queste lettere emerge il metodo di insegnamento usato dall’autore e soprattutto l’attualità di Leopardi. Spesso nell’insegnamento di questo autore, ma in generale soprattutto di quelli più famosi e importanti (i classici, propriamente detto), ci perdiamo in luoghi comuni e idee troppo “tradizionaliste” e scolastiche, ad esempio Leopardi = pessimismo. Invece, dagli autori possiamo comprendere l’empatia, possiamo sentirci capiti o apprendere sentimenti nuovi. Se applichiamo i classici alla nostra vita, anziché chiuderci in nozioni unicamente per superare un esame o un’interrogazione, possiamo crescere. Al contrario, certi luoghi comuni ci impediscono di usare la letteratura a nostro vantaggio. Come dice il professor Keating de L’attimo fuggente:

Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino. Noi Leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.

Naturalmente, ciò dipende non solo dagli alunni, ma soprattutto dall’insegnante. Perciò nei romanzi di D’Avenia il ruolo chiave è sempre quello del buon educatore, che tenta di avvicinare gli studenti e di interessarli. Per fare ciò, deve innanzitutto mantenere lui una mentalità aperta, tenendo a mente che lo scopo di insegnare la letteratura e in generale di insegnare è far crescere gli alunni.

“E cosa abbiamo fatto con te per 13 anni? Ti abbiamo riempito di nozioni, ti abbiamo addestrato a fare dei test e delle prove e non ti abbiamo aiutato a conoscere i tuoi punti forti e i tuoi punti deboli? È paradossale”.

– Alessandro D’Avenia

Il sottotitolo de L’arte di essere fragili è proprio Come Leopardi può salvarti la vita. Allora, applicare Leopardi o un qualsiasi autore alla nostra vita, non significa mancargli di rispetto, bensì rendergli il giusto onore e non rinchiuderlo in un insieme di sterili stereotipi.

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