Vittime di omofobia: si crea un rifugio apposito

Una casa accoglienza per giovani omosessuali discriminati e isolati e per questo costretti a lasciare la propria famiglia o il proprio paese.

Lo hanno annunciato Giuseppe Sala, sindaco di Milano, e Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali, sul palco del Milano Pride 2018. Per come era stata annunciata in precedenza, la struttura dovrebbe funzionare come casa rifugio temporanea per chi vive situazioni di omofobia di vario tipo (cacciati di casa, esclusi dalle reti sociali, costretti a trasferirsi).

La notizia in realtà non è nuova: già nel 2017 era stato annunciato che uno stabile di via Sommacampagna, confiscato alla criminalità organizzata, sarebbe stato destinato a questo scopo dopo una ristrutturazione, e sarà gestito dalla cooperativa “Lotta contro l’emarginazione” e l’associazione “Cig Arcigay Milano”. “Non è l’isola felice ma l’avamposto organizzato da cui fare ripartire la riscossa dei diritti”, ha affermato Majorino parlando dello spazio.

Questa iniziativa sta portando a sé varie discussioni, vi sono molte persone a favore di questo progetto, altre che si scagliano direttamente sul buon senso dell’uomo nel non “abbandonare” un figlio o una persona a noi cara solo per il fatto di essere omosessuale. Questa è la tesi che preme ora come ora la maggior parte dei cittadini.

Si dovrà riflettere ancora al lungo sul significato dell’essere omosessuali per poterne parlare senza cadere in forme di razzismo e discriminazione,  ma perché questo? Da dove nasce questo odio a priori nei confronti di queste persone?  Sicuramente da un tempo storico in cui siamo immersi, dove questa “novità” rompe gli schemi tradizionali, creando disagio, ma non perché malvagia o sbagliata, ma semplicemente perché non conforme all’idea di conformità attuale.

Le difficoltà nell’accettare un figlio omosessuale, specie in famiglie con un marcato stampo patriarcale e un forte accento sui valori della religione e della famiglia, ci sono e sono grandi. Abbastanza da poter parlare di odio? Assolutamente sì.

Un’altra critica che viene fatta, all’idea dell’utilizzo della struttura, e quella di non creare un luogo fisico dove gli atti, molto spesso violenti e vandalici, possono rivolgersi. Questo perché colui che si accanisce verso un ideologia, una corrente di pensiero, una moda ecc… utilizza tutti i suoi mezzi, per odiare e far odiare.

Per altri tipo di pensiero questo progetto in realtà svierebbe il vero problema, cioè spacciando questa struttura come un qualcosa di cui se ne ha davvero bisogno, quando il problema non sta dove sposti le vittime ma è fermare il carnefice. In questo caso le famiglie che senza buonsenso e motivazione, ripudiano e lasciano senza una casa i loro stessi figli.